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Falso ideologico: basta il dolo generico, dice la Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per falso ideologico. Il reato consisteva nell’aver attestato falsamente l’avvenuta ispezione di alcuni veicoli. La Corte ha ribadito che per configurare il delitto di falso ideologico è sufficiente il dolo generico, ovvero la semplice coscienza e volontà di attestare il falso, senza che sia necessario un fine specifico di nuocere o ingannare. L’appello è stato ritenuto generico poiché l’imputato non ha fornito prove concrete a sostegno della sua tesi di mera negligenza.

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Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falso Ideologico: La Cassazione Conferma la Sufficienza del Dolo Generico

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di reati contro la fede pubblica: per la configurazione del delitto di falso ideologico in atto pubblico è sufficiente il dolo generico. Questo significa che non è richiesta l’intenzione di nuocere o ingannare qualcuno, ma basta la consapevolezza e la volontà di attestare qualcosa di non vero. La pronuncia chiarisce la linea di demarcazione tra la condotta dolosa e la mera negligenza, specialmente nei casi di false attestazioni relative a controlli o verifiche mai effettuate.

I Fatti del Processo

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un soggetto condannato in primo grado e in appello per il reato di falso ideologico in concorso (artt. 110, 48 e 479 c.p.). L’imputato era accusato di aver falsamente attestato, in qualità di perito, l’avvenuta ispezione di alcuni veicoli, un accertamento che in realtà non era mai stato compiuto. La difesa ha presentato ricorso per cassazione sostenendo che la condotta del proprio assistito fosse ascrivibile a semplice negligenza e non a una volontà deliberata di attestare il falso, contestando quindi la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.

Il Dolo Generico nel Falso Ideologico: La Posizione della Corte

La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire un orientamento consolidato: per il reato di falso ideologico è sufficiente il ‘dolo generico’.

Questo concetto implica due elementi:
1. La Volontarietà: l’agente deve aver compiuto l’azione volontariamente.
2. La Consapevolezza: l’agente deve essere consapevole che ciò che attesta non corrisponde al vero.

La Corte ha specificato che non sono necessari l’ animus nocendi (l’intenzione di nuocere) né l’ animus decipiendi (l’intenzione di ingannare). Il reato sussiste anche se chi commette il falso è convinto di non arrecare alcun danno a nessuno.

La Decisione della Corte sul Ricorso e il Falso Ideologico

Il punto cruciale della decisione risiede nella distinzione tra dolo e colpa. Se è vero che il dolo non può essere presunto solo perché l’atto contiene un’affermazione oggettivamente falsa, è altrettanto vero che la falsa attestazione di un accertamento mai compiuto è, di per sé, un indice fortissimo della sussistenza del dolo. Non si tratta di una svista o di un’errata interpretazione di norme, ma di una deliberata certificazione di un’attività (la visione dei veicoli) che l’agente sapeva di non aver svolto.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato l’inammissibilità del ricorso sottolineando la sua genericità. L’imputato, a fronte di una doppia condanna conforme nei gradi di merito, si era limitato ad addurre una generica tesi di negligenza. Tuttavia, secondo i giudici, avrebbe dovuto allegare e documentare specifiche prove emerse nel processo, idonee a dimostrare due possibili scenari:

* Che i veicoli fossero stati effettivamente visionati.
* Che la mancata ispezione fosse dovuta a circostanze ‘assolutamente scusabili’.

In assenza di tali elementi concreti, l’argomentazione difensiva è rimasta una mera affermazione di principio, incapace di scalfire la solida ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio di grande importanza pratica: chiunque, nell’esercizio delle proprie funzioni, sia chiamato ad attestare fatti in atti pubblici, deve agire con la massima diligenza e consapevolezza. Attestare un fatto, come un controllo o una verifica, sapendo di non averlo compiuto, integra il dolo generico richiesto per il reato di falso ideologico, anche senza un’intenzione specifica di danneggiare. Per difendersi da un’accusa simile, non basta invocare la negligenza, ma è necessario fornire prove concrete che dimostrino l’effettivo svolgimento dell’attività o la presenza di cause di giustificazione eccezionali e scusabili.

Quale tipo di dolo è necessario per il reato di falso ideologico in atto pubblico?
Per integrare il reato di falso ideologico è sufficiente il dolo generico, che consiste nella volontarietà e nella consapevolezza di attestare il falso. Non è richiesto il dolo specifico, ovvero l’intenzione di nuocere (animus nocendi) o di ingannare (animus decipiendi).

È sufficiente affermare di aver agito con negligenza per escludere il reato di falso ideologico?
No. Secondo la Corte, non basta semplicemente addurre di aver agito per negligenza. L’imputato deve fornire prove specifiche e documentate, emerse durante il processo, che dimostrino che l’attestazione falsa sia dovuta a una leggerezza o a circostanze eccezionali e scusabili, e non a una scelta consapevole.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso specifico?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico. L’imputato non ha contestato la decisione dei giudici di merito con elementi di prova specifici, ma si è limitato a sostenere la tesi della negligenza senza documentare perché la sua condotta non dovesse essere considerata dolosa, ad esempio provando di aver effettivamente visionato i veicoli o che sussistessero motivi scusabili per non averlo fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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