Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 50278 Anno 2019
Penale Ord. Sez. 7 Num. 50278 Anno 2019
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2019
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 15/12/1970
avverso la sentenza del 20/09/2018 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
FATTO E DIRITTO
COGNOME NOMECOGNOME a mezzo difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe deducendo violazione di legge e difetto di motivazione quanto alla affermazione della propria responsabilità in ordine ai reati contestatigli ex artt. 474 (reato il quale è stata dichiara la intervenuta prescrizione) e 648 cod. pen.
1.1. In particolare ha lamentato che:
violazione di legge in relazione alla mancata assoluzione dal momento che non sussistevano i reati contestati in quanto trattavasi, comunque, di “falso grossolano”;
vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
2. Il ricorso è inammissibile.
Le censure proposte con il presente ricorso vanno ritenute null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali ampiamente presi in esame dalla corte territoriale che – nell’esaminare i medesimi motivi di doglianza dedotti con il presente ricorso – con motivazione logica, congrua e del tutto coerente con gli indicati elementi probatori ha puntualmente disatteso la tesi difensiva.
2.1. La Corte territoriale, nel respingere le medesime censure dedotte con i motivi di appello, ha chiarito, con motivazione congrua in punto di fatto e corretta in diritto e, qui incensurabile in questa sede, le ragioni per cui i beni nella disponibilità dell’ imputato er contraffatti sicchè era configurabile anche il reato di ricettazione.
2.2. La Corte di appello si è, invero, correttamente conformata – quanto alla qualificazion giuridica dei fatti accertati – al consolidato orientamento della Corte di legittimità (vedi Se n. 5260 dell’11/12/2013 – 03/02/2014, Rv. 258722), per la quale integra il delitto di cui all’ 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 c pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, m fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, ch individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anc a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno non ricorrendo quindi l’ipotesi del reat impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno.
Si è anche chiarito (Sez. U, n. 23427 del 09/05/2001, P.M. in proc. Ndiaye, Rv. 218771; Sez. 2, n. 12452 del 04/03/2008, Rv. 239745) che il delitto di ricettazione (art. 648 cod. pen.) quello di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 cod. pen.) possono concorrere, atteso che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo struttur
cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità, e che non risulta d sistema una diversa volontà espressa o implicita del legislatore.
2.4. Pertanto, non essendo evidenziabile alcuno dei vizi motivazionali deducibili in questa sede quanto alla declaratoria di prescrizione in ordine al reato di cui all’ art. 474 cod. pen affermazione della penale responsabilità dell’ imputato in ordine al reato di ricettazione, censure essendo incentrate tutta su una nuova rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di mero merito, appaiono del tutto infondate.
Il secondo motivo è totalmente privo di fondamento in quanto secondo quanto emerge dalla sentenza in atti le circostanze attenuanti generiche sono state concesse all’ imputato.
Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 10 Settembre 2019
H consigliere estensore
II presidente