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Falso grossolano: quando la ricettazione sussiste

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione di prodotti contraffatti. Anche in caso di falso grossolano, il reato sussiste poiché la norma tutela la fede pubblica e non solo il singolo acquirente. La Corte ha confermato il concorso tra il reato di ricettazione e quello di commercio di prodotti con segni falsi.

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Pubblicato il 17 agosto 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falso Grossolano e Ricettazione: La Cassazione Conferma la Responsabilità

La questione del falso grossolano nel commercio di prodotti contraffatti è un tema ricorrente nelle aule di giustizia. Spesso, si ritiene erroneamente che se una contraffazione è palesemente riconoscibile, il reato non sussista. Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce perché questa convinzione è infondata, confermando la responsabilità penale per ricettazione anche in presenza di falsi evidenti.

I Fatti di Causa: Dal Commercio di Prodotti Falsi al Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di un individuo per i reati di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.) e ricettazione (art. 648 c.p.). L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti: la violazione di legge per non essere stato assolto, sostenendo che si trattasse di un falso grossolano, e un vizio di motivazione sulla mancata concessione delle attenuanti generiche.

La Tesi Difensiva e il Concetto di Falso Grossolano

La difesa dell’imputato si basava sull’idea che, data l’evidente e rozza natura della contraffazione dei marchi, non si potesse configurare un vero e proprio inganno nei confronti degli acquirenti. Secondo questa tesi, la grossolanità del falso avrebbe dovuto portare all’assoluzione, rendendo il reato “impossibile” per inidoneità dell’azione a ledere il bene giuridico protetto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure proposte un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Le argomentazioni della Corte si sono concentrate su principi giuridici consolidati.

La Tutela della Fede Pubblica e il falso grossolano

Il punto centrale della decisione riguarda la natura del reato previsto dall’art. 474 c.p. (commercio di prodotti con segni falsi). La Cassazione ha ribadito che questa norma non tutela primariamente la libera determinazione del singolo acquirente, ma un bene giuridico più ampio: la fede pubblica. La fede pubblica è intesa come l’affidamento che i cittadini ripongono nei marchi e nei segni distintivi, i quali garantiscono l’origine e la circolazione dei prodotti industriali.

Di conseguenza, il reato è classificato come un “reato di pericolo”. Ciò significa che per la sua configurazione non è necessario che l’inganno si realizzi effettivamente. È sufficiente la mera detenzione per la vendita di prodotti contraffatti, in quanto tale condotta mette in pericolo la fiducia collettiva nei marchi. Pertanto, l’argomento del falso grossolano non è sufficiente a escludere il reato, poiché la norma protegge un interesse che va oltre la potenziale truffa al consumatore.

Il Concorso tra Ricettazione e Commercio di Beni Contraffatti

La Corte ha inoltre confermato la possibilità di concorso tra il delitto di ricettazione (art. 648 c.p.) e quello di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.). I giudici hanno chiarito che le due fattispecie descrivono condotte diverse sia dal punto di vista strutturale che cronologico. La ricettazione riguarda l’acquisizione di beni di provenienza illecita, mentre l’art. 474 punisce la successiva messa in commercio. Non esiste tra le due norme un rapporto di specialità che possa escludere l’applicazione di una delle due.

La Carenza di Fondamento del Motivo sulle Attenuanti

Infine, il motivo di ricorso relativo alle circostanze attenuanti generiche è stato giudicato totalmente infondato, in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, le attenuanti erano già state concesse all’imputato nella sentenza di merito.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza. Stabilisce in modo inequivocabile che la commercializzazione di prodotti contraffatti è reato anche quando il falso è palese. La protezione della fede pubblica e dell’affidamento nei marchi prevale sulla possibilità che il singolo acquirente possa riconoscere l’inganno. La decisione sottolinea inoltre la piena compatibilità tra l’accusa di ricettazione e quella di commercio di beni falsi, confermando che chi acquista e poi vende merce contraffatta può rispondere di entrambi i delitti. La conseguenza è una condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle Ammende per il ricorrente, data l’inammissibilità del suo appello.

La vendita di un prodotto con una contraffazione palesemente “grossolana” esclude sempre il reato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il reato di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.) sussiste anche in caso di falso grossolano, perché la norma tutela la fede pubblica, ovvero la fiducia dei cittadini nei marchi, e non solo la libera scelta del singolo acquirente. Si tratta di un reato di pericolo, per cui non è necessario che l’inganno si realizzi.

È possibile essere condannati sia per ricettazione (art. 648 c.p.) sia per commercio di prodotti falsi (art. 474 c.p.) per la stessa merce?
Sì. La Corte ha confermato che i due delitti possono concorrere. Essi descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico: la ricettazione punisce l’acquisizione della merce di provenienza illecita, mentre il commercio di prodotti falsi punisce la successiva messa in vendita.

Cosa significa che il reato di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.) è un “reato di pericolo”?
Significa che la legge punisce la condotta per la sua potenziale pericolosità nei confronti del bene giuridico tutelato (la fede pubblica), a prescindere dal fatto che si verifichi un danno concreto, come l’effettivo inganno di un acquirente. La semplice detenzione per la vendita di prodotti contraffatti è sufficiente per configurare il reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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