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Falso grossolano: quando la divisa è un reato?

Un uomo tenta di vendere la sua auto a un prezzo maggiorato impersonando un ufficiale della Guardia di Finanza con una polo contraffatta. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, respingendo la tesi del falso grossolano. La Corte ha chiarito che l’inidoneità dell’azione deve essere valutata ex ante e che la particolare scaltrezza della vittima è irrilevante. Inoltre, ha escluso che il reato di tentata sostituzione di persona possa essere assorbito da quello di possesso di segni distintivi contraffatti, configurando un concorso di reati.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Divisa Falsa e Truffa: Quando un Falso Grossolano è Comunque Reato?

Indossare una divisa contraffatta, anche se di pessima fattura, è sufficiente per commettere un reato? E se la potenziale vittima si accorge subito dell’inganno, la condotta diventa penalmente irrilevante? Con la sentenza n. 1819/2024, la Corte di Cassazione torna sul tema del falso grossolano e del concorso di reati, offrendo chiarimenti cruciali. Il caso analizzato riguarda un uomo che, spacciandosi per un colonnello della Guardia di Finanza, ha tentato di vendere la propria auto a un prezzo più vantaggioso. Analizziamo insieme i fatti e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: La Messa in Scena dell’Imputato

La vicenda ha inizio con una telefonata. L’imputato contatta il titolare di un negozio, presentandosi come un alto ufficiale della Polizia Tributaria della Guardia di Finanza. Successivamente, si reca di persona presso l’esercizio commerciale per proporre la vendita della sua autovettura. Per rendere più credibile la sua falsa qualifica, indossa un indumento, una polo, su cui sono riprodotti il logo e la scritta “Guardia di Finanza”.

Tuttavia, la messa in scena non convince il negoziante. Insospettito dalla fattura palesemente scadente dei segni distintivi sulla polo, l’uomo allerta immediatamente le forze dell’ordine, sventando il tentativo di truffa. L’imputato viene quindi condannato in primo grado e in appello per il reato di possesso di segni distintivi contraffatti (art. 497-ter c.p.) e per tentata sostituzione di persona (art. 494 c.p.).

L’Appello e la Tesi del Falso Grossolano

La difesa dell’imputato ricorre in Cassazione basando la sua argomentazione su due punti principali. In primo luogo, sostiene che la contraffazione fosse un falso grossolano, cioè talmente evidente e maldestra da non poter ingannare nessuno. La prova, secondo il ricorrente, risiederebbe proprio nella reazione del negoziante, che si è subito accorto del raggiro. Una falsificazione inidonea a offendere il bene giuridico tutelato dovrebbe, quindi, essere considerata penalmente irrilevante.

In secondo luogo, la difesa eccepisce l’assorbimento del reato di tentata sostituzione di persona in quello, più specifico, di possesso illecito di segni distintivi. Secondo questa tesi, l’uso della falsa qualifica sarebbe stato solo il logico sviluppo della detenzione della polo contraffatta, e non un reato autonomo.

Le Motivazioni della Cassazione: Il Principio del Falso Grossolano

La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, smontando punto per punto le tesi difensive. Sul tema del falso grossolano, i giudici ribadiscono un principio consolidato: la valutazione sull’idoneità dell’azione a ingannare deve essere effettuata ex ante e in concreto, tenendo conto delle circostanze conoscibili dall’agente al momento della condotta.

È del tutto irrilevante che la persona offesa, per sua particolare scaltrezza, familiarità con l’oggetto o altre cautele, non sia caduta in errore. La legge non tutela l’affidamento del singolo sprovveduto, ma la fiducia della collettività. Pertanto, ciò che conta è se la falsificazione, in astratto, sia capace di trarre in inganno un cittadino medio. La Corte conclude che la riproduzione del logo e della dicitura “Guardia di Finanza” su un indumento è di per sé idonea a simulare l’appartenenza al Corpo, integrando così il reato previsto dall’art. 497-ter c.p., a prescindere dalla perfezione della riproduzione.

Le Motivazioni sul Concorso di Reati

Anche la tesi dell’assorbimento viene respinta con fermezza. La Cassazione chiarisce che il reato di possesso di segni distintivi contraffatti (art. 497-ter c.p.) e quello di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) non sono in rapporto di specialità. Le due norme tutelano beni giuridici diversi e descrivono condotte differenti.

L’art. 497-ter punisce il mero possesso o la fabbricazione del segno contraffatto, indipendentemente dal suo utilizzo. L’art. 494, invece, punisce chi si attribuisce falsamente un nome o una qualità al fine di procurare un vantaggio a sé o ad altri. Nel caso di specie, i giudici hanno individuato due azioni distinte e separate nel tempo e nello spazio:
1. La telefonata, con cui l’imputato si è spacciato per ufficiale (primo atto di sostituzione di persona).
2. La successiva visita presso il negozio indossando la polo falsa (condotta di detenzione del segno, usata per rafforzare la menzogna).

Si configura quindi un concorso materiale di reati, dove la seconda condotta non è assorbita dalla prima ma concorre con essa.

Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza

Questa pronuncia della Suprema Corte offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, consolida un’interpretazione rigorosa del concetto di falso grossolano, stabilendo che la sua irrilevanza penale si verifica solo in caso di inidoneità assoluta dell’azione, valutata a priori, senza considerare la specifica reazione della vittima. In secondo luogo, traccia una linea netta tra la detenzione di un simbolo falso e il suo utilizzo per impersonare qualcuno, confermando che si tratta di due reati autonomi che possono concorrere tra loro. Infine, viene ribadito che il reato di cui all’art. 497-ter c.p. non richiede un dolo specifico, essendo sufficiente la coscienza e volontà di detenere un segno idoneo a ingannare.

Quando una contraffazione è considerata un “falso grossolano” e quindi non punibile?
Secondo la Corte, una contraffazione costituisce un falso grossolano solo quando è così palesemente inidonea a ingannare da risultare priva di qualsiasi capacità di determinare l’evento. Questa valutazione deve essere fatta ‘ex ante’, cioè in base alle circostanze esistenti al momento del fatto, e non ‘ex post’ in base alla reazione della vittima.

La reazione sospettosa della vittima può rendere un falso “grossolano” e quindi non punibile?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che le eventuali cautele, la particolare conoscenza o la scaltrezza della persona offesa che le permettono di non cadere nell’inganno sono irrilevanti per giudicare la grossolanità del falso. L’idoneità ingannatoria va valutata in astratto, rispetto alla capacità di trarre in errore la generalità dei cittadini.

Il reato di sostituzione di persona può essere assorbito da quello di possesso di segni distintivi contraffatti?
No, la Corte ha escluso l’assorbimento, configurando un concorso di reati. Le due fattispecie sono distinte: l’art. 497-ter c.p. punisce la mera detenzione di segni contraffatti, mentre l’art. 494 c.p. punisce l’atto di attribuirsi una falsa identità. Nel caso specifico, la telefonata (sostituzione di persona) e il successivo uso della polo falsa sono state considerate due condotte distinte, materialmente e temporalmente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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