Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1819 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1819 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LECCE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/03/2023 RAGIONE_SOCIALE CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente al reato di cui al capo B) dell’imputazione e per il rigetto nel resto del ricorso; udito per l’imputato l’AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Ancona ha confermato la condanna di COGNOME NOME per il reato di cui agli artt. 497-ter c.p. e per quello tentato di all’art. 494 c.p. L’imputato, dopo essersi previamente qualificato per via telefonica al titolare di un negozio di Fano come colonnello RAGIONE_SOCIALE Polizia Tributaria RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, si presentava presso l’esercizio commerciale indossando un indumento riportante il logo tipico e la scritta “‘RAGIONE_SOCIALE” contraffatti proponeva la vendita RAGIONE_SOCIALE sua autovettura, cercando di ottenere una più vantaggiosa valutazione in ragione RAGIONE_SOCIALE propria qualifica.
Avverso la sentenza ricorre l’imputato deducendo vizi di motivazione.
In particolare, con riguardo alla prima imputazione, lamenta l’erroneità RAGIONE_SOCIALE valutazione circa l’idoneità del segno distintivo – la polo riportante lo stemma e la dicitura “RAGIONE_SOCIALE” – utilizzato dall’imputato a rafforzare la falsa qualifica attribui dall’imputato.
In particolare, la difesa lamenta l’inidoneità, tanto in astratto quanto in concreto, del contraffazione a trarre in inganno, come del resto dimostrato dal fatto che la persona offesa, immediatamente insospettitasi a causa RAGIONE_SOCIALE carente fattura dei segni distintivi apposti sull’indumento esibito dal COGNOME, ha provveduto ad allertare la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE possibile consumazione di una truffa ai suoi danni.
Per tali ragioni, secondo la ricostruzione prospettata dal ricorrente, quello contestato sarebbe un falso grossolano, oggettivamente inidoneo ad offendere concretamente il bene giuridico protetto dalla fattispecie incriminatrice e, dunque, penalmente irrilevante.
Né, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte territoriale, il fatto che la persona offesa sia un negoziante comporterebbe alcuna specifica conoscenza dei segni distintivi adoperati dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in grado di escludere la grossolanità del falso. Infine il ricorrente lamenta difetto di motivazione in merito alla sussistenza del dolo specifico richiesto per la configurabilità del reato in contestazione.
Con riguardo all’imputazione di tentata sostituzione di persona, il ricorrente lamenta nuovamente la mancata valutazione RAGIONE_SOCIALE effettiva idoneità RAGIONE_SOCIALE condotta ad indurre in errore la persona offesa ed eccepisce l’assorbimento del reato in quello di cui all’art. 497-ter c.p. oggetto RAGIONE_SOCIALE prima imputazione, in quanto costituirebbe il logico sviluppo RAGIONE_SOCIALE illecita detenzione di segni distintivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. In primo luogo, manifestamente infondata è l’obiezione del ricorrente per cui la contraffazione effettuata dall’imputato integrerebbe un’ipotesi di falso grossolano. La giurisprudenza di questa Corte ha in più occasioni precisato che il giudizio di grossolanità, da cui deriva l’impossibilità del reato, deve fondarsi sulla valutazion dell’inidoneità dell’azione in rapporto alla condotta originaria dell’agente, la quale p inefficienza strutturale o strumentale del mezzo usato, ed indipendentemente da cause estranee o estrinseche, risulta priva in modo assoluto di determinazione causale nella produzione dell’evento. Ed in tal senso l’accertamento dell’inidoneità deve essere effettuato secondo un giudizio ex ante e in concreto, che tenga conto delle circostanze conosciute o conoscibili dall’agente, senza che abbiano alcuna rilevanza le eventuali cautele poste in essere dalla persona offesa, ed indipendentemente dai risultati ottenuti e da ogni fattore estraneo che in concreto abbia impedito la lesione dell’interesse giuridico protetto (ex multis Sez. 1, n. 870 del 17/10/2019, dep. 2020, Mazzarella, Rv. 278085).
Conseguentemente è irrilevante, ai fini RAGIONE_SOCIALE valutazione dell’idoneità ingannatoria, che la persona offesa possa aver nutrito dei sospetti in ragione di una maggior familiarità con l’oggetto RAGIONE_SOCIALE contraffazione rispetto ad una persona comune, come logicamente ritenuto dai giudici del merito facendo riferimento all’attività svolta nel caso di spe dalla vittima RAGIONE_SOCIALE frode.
Non di meno il motivo in esame si rivela generico, nella misura in cui il ricorrente non specifica per quali ragioni la contraffazione sarebbe priva di idoneità ingannatoria, ma si limita assertivamente ad affermarlo-
Ad ogni modo, va ricordato altresì che il delitto previsto dall’art. 497-ter c.p. è integ anche dalla mera condotta di detenzione di segni distintivi che, pur senza riprodurre fedelmente gli originali, ne simulino la funzione e siano idonei a trarre agevolmente in inganno i cittadini sulla qualifica e i poteri di colui che ne fa uso (Sez. 5, n. 45126 05/06/2019, COGNOME, Rv. 277539; Sez. 5, n, 3556 del 31/10/2014, dep. 2015, Rubino, Rv. 262177). In tal senso, non v’è dubbio che la riproduzione, anche non pedissequa, del logo del RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE dicitura “RAGIONE_SOCIALE su di un indumento integri la fattispecie delittuosa in questione, data l’idoneità ingannatrice dell’indumen a simulare l’appartenenza del suo portatore o detentore al RAGIONE_SOCIALE.
Parimenti privo di qualsiasi fondamento è il rilievo per cui il reato di tenta sostituzione di persona sarebbe assorbito in quello di cui all’art. 497-ter c.p.
La giurisprudenza di questa Corte ha stabilito da tempo che il fenomeno evocato presupponga si versi in una situazione di concorso apparente di norme incriminatrici, per la cui soluzione deve procedersi al confronto strutturale tra le fattispecie astrat configurate e alla comparazione degli elementi costitutivi che concorrono a definirle
(Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010, dep. 2011, Giordano, Rv. 248864; Sez. U, Sentenza n. 20664 del 23/02/2017, Stalla, Rv. 269668).
Nel caso di specie, la valutazione comparativa in questione esclude qualsiasi ipotesi di sovrapposizione tra le due norme incriminatrici, in quanto le condotte idonee a realizzare il delitto di cui all’art. 494 c.p. non si esauriscono necessariamente in quelle tipizz dall’art. 497-ter c.p., la cui fattispecie non implica altrettanto necessariamente sostituzione di persona, posto che quest’ultima disposizione punisce il mero possesso o la fabbricazione del segno distintivo, indipendentemente dalla sua successiva utilizzazione.
E’ dunque pacifico che ricorra un’ipotesi di concorso di reati, come correttamente affermato dalla Corte territoriale, che altrettanto correttamente ha ritenuto trattarsi, particolare, di un caso di concorso materiale, configurandosi due fatti materialmente e temporalmente distinti. Infatti, il primo atto idoneo e diretto in modo non equivoco ad integrare il delitto di sostituzione di persona non è stato individuato nella falsificaz dei segni distintivi, ma nella telefonata con cui l’imputato ha anticipato alla persona offes la sua visita spacciandosi per un ufficiale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Fiannza. Ne consegue che la successiva condotta di detenzione di un segno distintivo contraffatto non è assorbita dalla prima, ma concorre con essa, in quanto è stata utilizzata dal ricorrente al fine d rafforzare la falsa qualifica attribuitasi, fermo restando il rapporto di strumentalità t due reati.
Altresì, inammissibile è la censura relativa alla riconducibilità dell’art 497-ter c.p. categoria dei reati a dolo specifico. Al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, configurabilità del reato in esame non richiede che la condotta tipica sia diretta all realizzazione di una finalità esterna ed ulteriore, rimanendo l’idoneità ingannatoria un requisito proprio dell’offensività del fatto materiale.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. l condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento RAGIONE_SOCIALE somma, ritenuta congrua, di euro tremila alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e RAGIONE_SOCIALE somma di euro tremila in favore RAGIONE_SOCIALE cassa delle ammende.
Così deciso il 6/12/2023