Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10374 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10374 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 12/08/1966
avverso la sentenza del 24/09/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME la quale ha chiesto pronunciarsi il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 24 settembre 2024, la Corte d’appello di Catania ha confermato la condanna pronunciata dal giudice di primo nei confronti di NOME per il reato di cui all’art. 474 cod. pen. Secondo la rubrica, l’imputato, deteneva, ai fini della vendita, merce (tra cui borse, portamonete e cinture) recante marchi contraffatti.
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, Avv. NOME COGNOME affidando le proprie censure ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc pen.
2.1 Con il primo motivo, si duole di violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’art. 474 cod. pen., per non avere la Corte d’appello ravvisato gli estremi del falso cd. grossolano nel caso in esame. In tal senso, deponeva in senso decisivo la testimonianza del COGNOME. In atto d’appello – osserva inoltre la difesa – si era chiesto, in subordine, l’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen.; tale richiesta è stata illogicamente disattesa dai giudici di merito, nonostante l’evidente esiguità del danno cagionato, del pericolo arrecato, e la modesta offensività della condotta ascritta.
2.2 Col secondo motivo, si duole di violazione di legge per avere la Corte d’appello denegato l’applicazione della continuazione, affermando, erroneamente, che la difesa non avesse prodotto la sentenza n. 2559/2023 della Corte d’appello di Catania, sentenza invece depositata, in data 18 settembre 2024, insieme alle conclusioni.
Sono state trasmesse le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME la quale ha chiesto pronunciarsi il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il primo motivo è manifestamente infondato, dacché le censure ivi esposte non tengono in considerazione la consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di falso grossolano, come si procede a illustrare. La tesi difensiva fa leva sulle dichiarazioni testimoniali del Brigadiere COGNOME il quale aveva riferito essere i prodotti venduti dall’imputato “rifiniti in maniera scadente” e la bancarella “rudimentale”. Così argomentando, il ricorrente trascura il principio correttamente individuato e applicato, invece, dai giudici del merito – secondo cui «in tema di commercio di prodotti con segni falsi, perché il falso possa essere considerato innocuo e grossolano e, dunque, il reato impossibile, è necessario
avere riguardo alla attitudine ingannatoria del marchio in sé e non alle modalità di vendita e alle altre circostanze esterne, che attengono, invece, alla tutela del consumatore» (ex multis, v. Sez. 5, n. 30539 del 13/05/2021, Pm c. Ndiyae, Rv. 281702 – 01; Sez. 2, n. 16807 del 11/01/2019, Assane, Rv. 275814 – 01).
Diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, l’asserita grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita (le approssimative rifiniture la rudimentale bancarella, nel caso in esame) non sono circostanze idonee a incidere sulla sussistenza dell’ascritta fattispecie, essendo a tal fine sufficiente l’attitudine ingannatoria del marchio (o segno distintivo), come sottolineato dalla Corte distrettuale (v. p. 3 dell’impugnata sentenza). A tal proposito, questa Corte ha chiarito che «il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. è integrato dalla detenzione per la vendita o dalla vendita di prodotti recanti marchio contraffatto; la norma incriminatrice tutela la fede pubblica in senso oggettivo, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela dei titolari del marchio, che hanno interesse a mantenere la certezza sulla funzione del segno distintivo come garanzia di particolare qualità e originalità della propria produzione» (Rv. 281702 – 01, cit., in motivazione, con riferimenti anche a Sez. 2, n. 16821 del 03/04/2008, NOME COGNOME, Rv. 239783; Sez. 2, n. 45545 del 15/11/2005, NOME COGNOME, Rv. 232832). In base a tale ratio e alle caratteristiche del caso in scrutinio, la Corte territoriale ha confermato il giudizio reso dal Tribunale con motivazione affatto scevra dai dedotti vizi. Del tutto generico e aspecifico è, infine, il motivo nella parte in cui si lamenta vizio di motivazione in relazione alla denegata applicazione dell’art. 131 bis cod pen., in vista dell’asserita esiguità del danno cagionato e del pericolo arrecato, nonché della modesta offensività della condotta ascritta. Tali reiterative censure, non ulteriormente argomentate né circostanziate, sono state precipuamente disattese dalla Corte d’appello, con motivazione esente dai lamentati vizi.
2. Il secondo motivo è meritevole di accoglimento. Risulta, invero, fondata l’eccezione concernente la produzione, da parte difensiva, della copia della sentenza del 16 maggio 2023 della Corte d’appello di Catania (che condannava l’imputato per il reato di cui all’art. 474 cod. pen., oltre che per ricettazione), che la difesa dell’imputato allegava alle conclusioni. La precedente condanna è confermata, peraltro, dal certificato del casellario giudiziale. Pertanto, la Corte territoriale era nelle condizioni di valutare il motivo concernente l’invocata applicazione della continuazione nella determinazione della pena. S’impone, su tale punto, l’annullamento dell’impugnata sentenza, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Catania.
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Per le ragioni illustrate, il Collegio annulla la sentenza impugnata, limitatamente al tema della continuazione, che costituisce oggetto del secondo motivo di ricorso, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Catania. Dichiara il ricorso inammissibile nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla continuazione con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Catania. Dichiara il ricorso inammissibile nel resto.
Così deciso in Roma, il 14/02/2025
Il consigliere estensore
pregidente