Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3480 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3480 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/02/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che COGNOME NOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in preambolo e, con un unico e articolato motivo deduce vizio di travisamento della prova costituita dalla comunicazione della notizia di reato redatta dagli ufficiali dl Commissariato di Polizia di Stato in data 22 dicembre 2021 e, comunque, violazione di legge e vizio di motivazione in punto di grossolanità della falsificazione;
ritenuto che il ricorso è fondato su motivo non consentito, poiché che replica doglianze già dedotte dinanzi alla Corte di merito e da questa adeguatamente vagliate;
rilevato che il caso in scrutinio ha a oggetto la fattispecie, prevista dall’art. 5 comma 8-bis del d. Igs. n. 286 del 1998 e che la Corte territoriale ha giustificato, con motivazione adeguata e logica, le ragioni in base alle quali ha ritenuto che la falsità in esame non fosse così immediatamente riconoscibile, evidenziando, in particolare, che gli stessi ufficiali di polizia giudiziaria, pur se qualificati esperti, ebbero necessità di effettuare controlli sul documento, prima di avvedersi della sua falsità;
rilevato che neppure sussiste l’invocato travisamento di prova, che ricorre solo ove l’errore cada sul significante, mentre è ad esso estraneo ogni discorso confutativo sul significato della prova (ex multis, Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME Welton, Rv. 283370) e ritenuto che ciò che la difesa lamenta – allorquando asserisce che l’affermazione contenuta nella comunicazione della notizia di reato secondo cui il permesso di soggiorno «appariva artefatto» equivaleva alla già riscontrata, grossolana falsità del documento – è una erronea interpretazione della prova;
ribadito che gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e che, pertanto, restano inammissibili, in questa sede le censure che siano – come nel caso di specie – nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del risultato probatorio;
ritenuto, inoltre, che l’apprezzamento della grossolanità del falso costituisce valutazione di merito in relazione alla quale, se adeguatamente motivata, non è consentito il vaglio di legittimità e che la Corte territoriale, con la motivazione richiamata in premessa, si è posta nel solco della consolidata elaborazione della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la grossolanità della contraffazione, che dà luogo al reato impossibile, si apprezza solo quando il falso
sia riconoscibile ictu ocull, ovvero dalla mera disamina dell’atto, da qualsiasi persona di comune discernimento e avvedutezza e non debba far riferimento né alle particolari cognizioni o competenze specifiche di soggetti qualificati, né alla straordinaria diligenza di cui alcune persone possono essere dotate ( Sez. 2 n. 5687 del 06/12/2012 , Rv. 255680; Sez. 5 n. 3672 del 07/02/1992, COGNOME, Rv. Sez. 5 n. 4254 del 09703/1999, Rv. 213094; ), e che, ai fini della esclusione della punibilità per inidoneità dell’azione, occorre che la falsificazione dell’atto appaia in maniera talmente evidente da impedire la stessa eventualità di un inganno (Sez. 5 n. 3711 del 01/12/2011- dep. 30/01/2012, Rv. 252946), nel senso che la grossolanità dell’atto sia tale da escludere non solo la probabilità ma la stessa possibilità dell’inganno ( Sez, 2 n. 122 del 22/01/1969, Lucertí, Rv. 112165; Sez. 5 n. 336 del 26/01/2000, Dame, Rv. 215583 in cui si è affermato che la contraffazione grossolana non punibile è soltanto quella che è riconoscibile ictu oculi, senza necessità di particolari indagini, e che si concreta in una imitazione così ostentata e macroscopica, per il grado di incompiutezza, da non potere ingannare nessuno);
ritenuto che, all’evidenza, nel caso in scrutinio, tale palmare grossolanità è mancata e la Corte ne ha dato una valutazione che, in quanto immune da cedimenti logici e da manifesta contraddittorietà, non è censurabile in questa sede;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 novembre 2023
GLYPH Il Presidente
Il Consigliere estensore