Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17847 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 17847 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/03/2025
qualificazione del fatto-reato.
Osserva la difesa del ricorrente che difetta nel caso di specie ogni motivazione in ordine all’attività lavorativa del COGNOME che era un regolare commerciante ambulante a posteggio fisso il quale acquistava merce in stock dal campionario al fine di rivenderla al mercato rionale e che, nel caso in esame, non si trattava di merce contraffatta ma di collezioni degli anni precedenti, fuori moda o con difetti di fabbricazione al punto di essere venduta dalle società produttrici a prezzo di stoccaggio con la conseguenza che sarebbe stata utile una perizia finalizzata a verificare l’anno di produzione dei beni in sequestro.
A ciò si aggiunge che la merce oggetto di sequestro era parte di quella restituita all’imputato dalla stessa Guardia di Finanza in relazione ad un precedente processo all’esito del quale il COGNOME era stato assolto con la formula ‘perchØ il fatto non sussiste’.
Da ciò ne deriverebbe anche l’insussistenza del contestato reato di ricettazione e comunque un vizio legato al mancato riconoscimento all’imputato della fattispecie attenuata di cui al comma 2 dell’art. 648 cod. pen.
2.3. Vizi di motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. con riguardo al riconoscimento delle concesse attenuanti generiche in misura di equivalenza alla contestata recidiva.
Rileva la difesa del ricorrente che la motivazione adottata al riguardo dalla Corte di appello («al fine di adeguare la pena alla effettiva gravità della condotta») non sarebbe idonea a chiarire le conseguenze sanzionatorie anche tenuto conto del fatto che ci si trova in presenza di una condotta risalente nel tempo.
2.4. Con memoria difensiva datata 7 marzo 2025 la difesa dell’imputato, nel replicare alla requisitoria scritta del Procuratore generale, ha ribadito come la presentazione della merce priva di confezione, non imbustata, senza sigillo di conformità, oltre che venduta a poco prezzo su di una bancarella del mercato rionale sono elementi che esaltano la grossolanità del falso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il motivo di ricorso relativo all’intervenuta prescrizione del reato di cui all’art. 474 cod. pen. Ł manifestamente infondato.
Nei confronti dell’imputato risulta, infatti, essere stata ritenuta sussistente la contestata recidiva specifica e reiterata che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 157 e 161, comma 2, cod. pen. comporta un tempo di prescrizione del reato di cui all’art. 474 cod. pen. pari a dieci anni con la conseguenza che, essendo stato detto reato accertato in data 3 luglio 2015, il relativo termine di
prescrizione non potrà maturare prima del 3 luglio 2025.
A nulla rileva, poi, il fatto che la circostanza aggravante della recidiva, ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio sia stata valutata ex art. 69 cod. pen. con giudizio di equivalenza alle ritenute circostanze attenuanti generiche.
Infatti, l’art. 157, comma 3, cod. pen. precisa che: «Non si applicano le disposizioni dell’art. 69 cod. pen. e il tempo necessario a prescrivere Ł determinato a norma del secondo comma», sicchØ, secondo la linea ermeneutica di questa Corte regolatrice, ai fini del computo del termine di prescrizione, deve ritenersi “applicata” la recidiva anche se considerata equivalente o subvalente nel giudizio di bilanciamento con le attenuanti concorrenti (Sez. 5, n. 48891 del 20/09/2018, COGNOME, Rv. 274601; Sez. 2, n. 21704 del 17/04/2019, COGNOME, Rv. 275821; Sez. 7, n. 15681 del 13/12/2016 – dep. 29/03/2017, COGNOME, Rv. 269669), dato che – come osservato dal diritto vivente «All’atto del giudizio di comparazione, l’azione dell’applicare la recidiva si Ł già esaurita, perchØ altrimenti il bilanciamento non sarebbe stato necessario: la recidiva ha comunque esplicato i suoi effetti nel giudizio comparativo, sebbene gli stessi siano stati dal giudice ritenuti equivalenti rispetto alle circostanze attenuanti concorrenti, in assenza delle quali, però, la recidiva avrebbe comportato l’aumento di pena» (Sez. U, n. 31669 del 23/06/2016, P.G. in proc. Filosofi, Rv. 267044).
Manifestamente infondato Ł poi anche il motivo di ricorso nel quale si sostiene che, essendo la merce di cui all’imputazione caratterizzata da cd. ‘falso grossolano’, legato non solo alla effettiva natura dei beni ma anche al luogo (mercato rionale) ed alle modalità di vendita dei beni, il reato di cui all’art. 474 cod. pen. cod. pen. non sarebbe configurabile.
In punto di diritto Ł appena il caso di ricordare che questa Corte di legittimità ha chiarito che «Integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto, senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi che individuano le opere dell’ingegno ed i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno, non ricorrendo, quindi, l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno» (Sez. 2, n. 16807 del 11/01/2019, Assane, Rv. 275814 – 01; Sez. 5, n. 31451 del 05/07/2006, Rv. 235214 – 01).
A ciò si aggiunge che, con una adeguata valutazione di merito, come tale insindacabile in questa sede di legittimità, la Corte di appello ha chiarito che nel caso in esame neppure potrebbe ritenersi sussistente il requisito della ‘grossolanità’ della contraffazione, atteso che le difformità dei beni in sequestro rispetto ai prodotti originali avevano caratteristiche tali che detti beni ben potevano trarre in inganno la generalità dei cittadini e non solo l’acquirente.
Anche il secondo motivo di ricorso nelle sue diverse articolazioni (v. sup. par. 2.2.1 e 2.2.2) Ł manifestamente infondato.
Risulta dalla sentenza impugnata che il COGNOME all’atto dell’intervento del personale di P.G. era stato in grado di produrre una sola fattura di acquisto che, all’evidenza, non riguardava tutti i beni oggetto di sequestro.
La difesa del ricorrente sostiene – ma non documenta minimamente – che la merce oggetto di sequestro era parte di quella restituita all’imputato dalla stessa Guardia di Finanza in relazione ad un precedente processo all’esito del quale il COGNOME era stato assolto con la formula ‘perchØ il fatto non sussiste’, così come asserisce, ma non documenta, che non si trattava di merce contraffatta ma di collezioni degli anni precedenti, fuori moda o con difetti di fabbricazione al punto di essere venduta dalle società produttrici a prezzo di stoccaggio.
Al riguardo Ł appena il caso di evidenziare che nel caso in esame il ricorrente propone, peraltro in via ipotetica, una ricostruzione alternativa a quella operata dai giudici di merito, ma, in materia di ricorso per Cassazione, perchØ sia ravvisabile la manifesta illogicità della motivazione considerata dall’art. 606 primo comma lett. e) cod. proc. pen., la ricostruzione contrastante con il procedimento argomentativo del giudice, deve essere inconfutabile, ovvia, e non rappresentare soltanto una ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza (cfr.. con riferimento a massime di esperienza alternative, Sez. 1, n. 13528 del 11/11/1998, COGNOME, Rv. 212054) dovendo il dubbio sulla corretta ricostruzione del fatto-reato nei suoi elementi oggettivo e soggettivo fare riferimento ad elementi sostenibili, cioŁ desunti dai dati acquisiti al processo, e non ad elementi meramente ipotetici o congetturali seppure plausibili (Sez. 4, n. 22257 del 25/03/2014, COGNOME, Rv. 259204; Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014, Rv. 260409).
Per il resto rimane solo da evidenziare che il possesso di beni provenienti dall’accertato delitto di cui all’art. 474 cod. pen. integra pacificamente il reato di cui all’art. 648 cod. pen. nei suoi elementi oggettivo e soggettivo, soprattutto tenuto conto del fatto che, essendo l’imputato un soggetto operante nel settore del commercio al dettaglio di generi di abbigliamento, lo stesso non poteva di certo ignorare la provenienza illecita dei beni a lui sequestrati.
Manifestamente infondati sono, infine, anche i motivi di ricorso afferenti al trattamento sanzionatorio riservato all’imputato.
La Corte territoriale ha, innanzitutto, evidenziato, con motivazione da ritenersi idonea, che la quantità ed il presumibile valore di vendita della merce sottoposta a sequestro non consente di ritenere sussistente la fattispecie attenuata del reato di ricettazione.
Adeguata Ł, inoltre, la motivazione anche con riguardo al ritenuto giudizio di bilanciamento – in ottica di equivalenza – tra le circostanze attenuanti generiche e l’aggravante della recidiva «al fine di adeguare la pena all’effettiva gravità della condotta».
Questa Corte di legittimità ha, infatti, già avuto modo di precisare che «Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la piø idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto» (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931; Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017, COGNOME, Rv. 270450).
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 19/03/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME