Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5233 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5233 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CURTATONE il 05/08/1946
avverso la sentenza del 07/11/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. si riporta alla requisitoria in atti e conclude per l’inammissibilità ricorso.
udito il difensore
A questo punto, alle ore 12,18, la discussione è sospesa.
L’udienza riprende alle ore 12,29.
Il difensore NOME COGNOME del foro di MANTOVA si riporta ai motivi del ricorso e insiste per l’accoglimento dello stesso.
IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Brescia confermava la sentenza con cui il tribunale di Mantova, in data 17.11.2021, aveva condannato COGNOME NOME alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato ex artt. 477, 482, c.p., in rubrica ascrittogli, per avere falsificato, nella sua qualità di legale responsabile della “L.C.M. s.n.c. di COGNOME NOME & C”. un certificato amministrativo INPS ed INAIL, relativo al proprio DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva), attestante la regolarità contributiva e dei versamenti dei premi RAGIONE_SOCIALE accessori RAGIONE_SOCIALE dell’azienda RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE cui RAGIONE_SOCIALE era GLYPH legale GLYPH responsabile, contraffacendo le firme e le impronte di pubblica autenticazione dei responsabili del procedimento, nonché il sigillo dei menzionati enti pubblici, certificato che, consegnato alla “RAGIONE_SOCIALE“, committente di un sub-appalto in favore dell’azienda del Calanca, era stato inoltrato da “RAGIONE_SOCIALE“, a mezzo PEC alla sede INAIL di Mantova richiedendone l’accertamento di veridicità, che aveva fatto scoprire la falsità del documento, la cui regolarità era indispensabile per poter svolgere il subappalto
Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, lamentando: 1) vizio di motivazione, in quanto la corte di appello ha omesso di pronunciarsi sulle richieste di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale formulate in sede di appello, sia dall’imputato, che dal pubblico ministero, aventi a oggetto prove nuove, in parte sopravvenute, in parte scoperte dopo il giudizio di primo grado, costituite: 1) dalla mail con cui la “L.C.M.” aveva comunicato in data 10.8.2015 alla “RAGIONE_SOCIALE“, di aver provveduto alla rateizzazione del debito verso INPS e INAIL, per rendere regolare la propria posizione contributiva, confidando di ottenere al più presto un DURC regolare, mail alla quale era allegato il DURC datato 13.7.2015, con il quale la “L.C.M.” autodenunciava la propria irregolarità contributiva con riferimento ai premi e accessori al 3.7.2015; 2) dalle produzioni da 4.1. a 4.18 allegate all’atto di appello, comprovanti la
continuazione del rapporto di sub-appalto con la “RAGIONE_SOCIALE” nel mese di settembre 2015 su sollecitazione di quest’ultima, nonostante la committente fosse resa edotta dell’irregolarità contributiva della “L.C.M.”; 3) dalle produzioni da 5.1. a 5.8. allegate all’atto di appello, che dimostrano come la committente avesse chiesto dilazioni di pagamento dei propri debiti o avesse addotto giustificazioni pretestuose per non adempiervi, costringendo la “L.C.M.” ad adire le vie legali, senza tacere al riguardo che, prevedendo il contratto di sub-appalto che in caso di inadempimento da parte della sub-appaltatrice dell’onere di fornire alla committente copia del DURC aggiornato, quest’ultima avrebbe potuto disporre una trattenuta del 25% sull’importo del corrispettivo dovuto, la “RAGIONE_SOCIALE era portatrice di un evidente interesse a utilizzare un DURC che si assume falso, ma di cui non vi è prova alcuna di formazione e tanto meno di provenienza da parte di “L.C.M.”, al fine di paralizzare l’assolvimento del proprio obbligo di corresponsione del corrispettivo dell’appalto; 4) dalla comunicazione del 6.12.2023 del curatore del fallimento “L.C.M., comprovante come la procedura concorsuale abbia riscosso il debito della committente nei confronti di “L.C.M” per appalti conferiti dalla prima ed eseguiti dalla seconda, successivamente all’emergere dell’irregolarità amministrativa; 5) dalla sentenza dichiarativa del fallimento della “L.C.M.”, da cui si evince che, pochi giorni dopo la consumazione del presunto falso, tutti i dipendenti della società si licenziarono in blocco e depositarono istanza di fallimento, il che esclude la supposizione considerata dal tribunale di Mantova, del possibile coinvolgimento di un dipendente in una condotta illecita che, in ipotesi, presupporrebbe il coinvolgimento del sottoposto, a titolo di concorso, nell’attività criminosa del legale responsabile COGNOME; 2) mancata assunzione di una prova decisiva, in relazione all’art. 495, co. 2, c.p.p., in quanto la mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale rileva anche sotto il profilo della violazione del diritto alla ammissione di prove indicate a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico, in quanto, in assenza di qualsiasi prova dell’invio da parte del Calanca del DURC datato 25.8.2015, che si assume falso, ad
eccezione delle dichiarazioni rese nel corso della sua deposizione dal teste COGNOME amministratore delegato della “RAGIONE_SOCIALE“, la parziale rinnovazione della prova testimoniale, mediante l’acquisizione dei documenti offerti dall’imputato, avrebbe comprovato l’inverosimiglianza di alcuni passaggi della deposizione del suddetto COGNOME, la palese falsità di alcune sue dichiarazioni, l’interesse proprio del medesimo teste all’attribuzione del falso in capo all’imputato; 3) violazione di legge in relazione agli artt. 49, co. 2, 477 e 482, c.p., trattandosi, in definitiva, di un falso grossolano, per inidoneità dell’azione, che esclude in radice la possibilità dell’evento dannoso, considerata dall’art. 49, co. 2, c.p., essendo il presunto falso riconoscibile ictu ocuii per la generalità delle persone e comunque facilmente scoperto da “RAGIONE_SOCIALE“. Ciò in quanto il documento di cui si discute consiste in un modello ormai desueto e fuori corso legale, indirizzato non alla committente, ma al Comune di San Lazzaro di Savena II AREA – GESTIONE DEL TERRITORIO e alla data di apparente formazione del documento la società appaltante poteva accedere al portale mediante lo SPID, utilizzando così direttamente l’unico strumento in vigore per l’accertamento della regolarità contributiva; 4) violazione di legge per essere il termine massimo di prescrizione già decorso alla data della pronuncia della sentenza di secondo grado, pur considerando i periodi di sospensione del relativo decorso indicati dalla corte territoriale
2.1. Con requisitoria scritta del 7.10.2024, da valere come memoria essendo stata chiesta, nelle more, la trattazione in forma orale del ricorso, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, dott. NOME COGNOME chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
3. In via preliminare va rilevato che, ai sensi di quanto previsto dagli artt. 157, 160 e 161, c.p., il termine massimo di prescrizione dell’unico reato per cui si procede, risulta perento dopo la pronuncia di secondo grado, pur tenuto conto dei periodi di sospensione del relativo decorso intervenuti nel giudizio di merito.
Si è verificata, pertanto, una causa di estinzione del reato, che compete al Collegio rilevare, non potendosi considerare inammissibile il ricorso presentato dall’imputato, essendo incentrato su questioni di diritto non manifestamente infondate, con particolare riferimento alle osservazioni svolte in tema di falso grossolano.
Come è noto, infatti, il principio della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, sancito dall’art. 129, co. 2, c.p.p., opera anche con riferimento alle cause estintive del reato, quale è la prescrizione, rilevabili nel giudizio di cassazione (cfr., ex plurimis, Cass., sez. 3, 01/12/2010, n. 1550, Rv. 249428; Cass., sez. un., 27/02/2002, n. 17179, Rv. 221403; Cass., Sez. 2, n. 6338 del 18/12/2014, Rv. 262761). Logico corollario di tale affermazione sulla piena operatività dell’art. 129, c.p.p., è che anche nel giudizio di legittimità sussiste l’obbligo di dichiarare una più favorevole causa di proscioglimento ex art. 129, co. 2, c.p.p., pur ove risulti l’esistenza della causa estintiva della prescrizione, obbligo che, tuttavia, in considerazione dei caratteri tipici del giudizio innanzi la Corte di Cassazione, sussiste nei limiti del controllo del provvedimento impugnato, in relazione alla natura dei vizi denunciati (cfr. Cass., sez. 1, 18/04/2012, n. 35627, Rv. 253458). Il sindacato di legittimità che, pertanto, si richiede alla corte in questo caso deve essere circoscritto all’accertamento della ricorrenza delle condizioni per addivenire a una pronuncia di proscioglimento nel merito con una delle formule prescritte dall’art. 129, co. 2, c.p.p.: la conclusione può essere favorevole al giudicabile solo se la prova dell’insussistenza del fatto o dell’estraneità a esso dell’imputato risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata, senza possibilità di nuove indagini e ulteriori accertamenti che sarebbero incompatibili con il principio secondo cui l’operatività della causa estintiva, determinando il congelamento della situazione processuale esistente nel momento in cui è intervenuta, non può essere ritardata. Pertanto, qualora il contenuto complessivo della sentenza non prospetti, nei limiti e con i caratteri richiesti dall’art. 129 c.p.p., l’esistenza di una causa di non punibilità più
favorevole all’imputato, deve prevalere l’esigenza della definizione immediata del processo (cfr. Cass., sez. 4, 05/11/2009, n. 43958, F.). In presenza di una causa di estinzione del reato, infatti, la formula di proscioglimento nel merito (art. 129, comma 2, c.p.p.) può essere adottata solo quando dagli atti risulti “evidente” la prova dell’innocenza dell’imputato, sicché la valutazione che in proposito deve essere compiuta appartiene più al concetto di “constatazione” che di “apprezzamento” (cfr. Cass., sez. 2, 11/03/2009, n. 24495, G.), circostanza che non può ritenersi sussistente nel caso in esame, in ragione della complessità della vicenda portata all’attenzione del Collegio, che ha indotto lo stesso ricorrente a denunciare il mancato accoglimento delle sue articolate richieste di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.
La sentenza impugnata va, pertanto, annullata senza rinvio, per essere il reato indicato in premessa estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma il 31.10.2024