Falso Documentale: La Sottile Linea tra Reato Punibile e Falso Grossolano
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla configurabilità del reato di falso documentale e sui limiti della sua punibilità. La pronuncia si concentra, in particolare, sulla distinzione tra una falsificazione idonea a ingannare e il cosiddetto ‘falso grossolano’, non punibile perché inoffensivo. Questa analisi è fondamentale per comprendere quando un’alterazione della realtà documentale assume rilevanza penale.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello, che confermava la responsabilità penale di un individuo per una serie di reati, tra cui la sostituzione di persona e il falso documentale. Nello specifico, l’imputato aveva utilizzato documenti falsificati, apponendo la propria fotografia su un documento altrui, al fine di commettere delle truffe. La condanna, emessa in primo e secondo grado, veniva impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione.
Il Ricorso in Cassazione: i Motivi di Impugnazione
La difesa dell’imputato ha articolato il ricorso per cassazione su due motivi principali.
Il primo motivo lamentava la violazione dell’art. 49 del codice penale, sostenendo che la falsificazione fosse talmente evidente e maldestra (un ‘falso grossolano’, appunto) da non poter ingannare nessuno. Secondo questa tesi, l’azione sarebbe stata inidonea a ledere il bene giuridico tutelato dalla norma (la fede pubblica) e, pertanto, non punibile.
Il secondo motivo, invece, riguardava la violazione dell’art. 81 cpv. del codice penale. La difesa chiedeva il riconoscimento della continuazione tra i reati oggetto del processo e altri fatti criminosi, precedentemente giudicati da un altro Tribunale. L’obiettivo era ottenere un trattamento sanzionatorio più mite, unificando le pene sotto il vincolo di un unico disegno criminoso.
La Decisione della Corte sul Falso Documentale
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le argomentazioni difensive.
Sul primo punto, relativo al falso documentale, i Giudici hanno sottolineato che il ricorso mirava a una rivalutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. La Corte ha poi ribadito il principio di diritto consolidato in materia: la punibilità per il reato di falso è esclusa solo quando la falsificazione è talmente palese da essere riconoscibile ictu oculi (a colpo d’occhio) da chiunque. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato che la persona offesa era stata effettivamente tratta in inganno dalla fotografia apposta sul documento, dimostrando così l’idoneità della condotta a ledere la fede pubblica.
La Valutazione sul Disegno Criminoso Unitario
Anche il secondo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte territoriale aveva escluso la sussistenza di un medesimo disegno criminoso tra i fatti in giudizio e quelli precedentemente sentenziati. Sebbene le modalità esecutive delle truffe fossero simili, i giudici di merito avevano concluso che tali condotte fossero espressione di uno ‘stile di vita’ fondato sulla commissione di reati, piuttosto che l’attuazione di un piano unitario deliberato ab origine. La Cassazione ha ritenuto questa motivazione logica e coerente, confermando la decisione di non applicare l’istituto della continuazione.
Le Motivazioni della Corte
La motivazione della Suprema Corte si fonda su due pilastri. In primo luogo, il rispetto dei limiti del giudizio di legittimità, che non può trasformarsi in un terzo grado di merito per la rivalutazione dei fatti. Le censure dell’imputato sono state considerate come un tentativo di sollecitare proprio questo tipo di riesame, senza indicare vizi logici macroscopici nella sentenza impugnata. In secondo luogo, l’ordinanza si allinea alla giurisprudenza costante sia in tema di falso grossolano, sia in tema di continuazione. Per il falso, rileva l’effetto concreto dell’azione (l’inganno effettivamente prodotto), non la sua perfezione astratta. Per la continuazione, non basta la somiglianza delle condotte, ma è necessaria la prova di una programmazione unitaria iniziale, che qui mancava, essendo i reati piuttosto il frutto di singole e successive determinazioni criminose.
Le Conclusioni
La decisione riafferma principi cardine del diritto penale. Un falso documentale è punibile se ha la capacità, anche minima, di ingannare un soggetto medio, a prescindere da eventuali imperfezioni. La non punibilità scatta solo in casi estremi di falsificazione palesemente riconoscibile. Inoltre, la commissione seriale di reati dello stesso tipo non comporta automaticamente l’applicazione del più favorevole istituto della continuazione, se non si dimostra che tutti gli episodi delittuosi erano parte di un progetto criminoso concepito sin dall’inizio.
Quando un falso documentale non è punibile?
Secondo la Corte, la punibilità è esclusa solo quando la falsificazione dell’atto è talmente evidente da essere riconoscibile “ictu oculi”, cioè a colpo d’occhio, da chiunque. Se la falsificazione, pur imperfetta, riesce a trarre in inganno la vittima, il reato sussiste.
Perché la Corte ha negato la continuazione tra i reati?
La Corte ha ritenuto che i vari reati commessi dall’imputato non derivassero da un medesimo disegno criminoso pianificato in origine, ma fossero piuttosto l’espressione di uno “stile di vita” fondato sulla commissione di truffe. Mancava quindi l’unicità della deliberazione criminosa richiesta dalla legge.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, il ruolo della Corte di Cassazione non è quello di riesaminare le prove o di ricostruire i fatti, compito che spetta ai giudici di primo e secondo grado. La Corte valuta solo la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, senza entrare nel merito delle prove stesse.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12918 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12918 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a NOVARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/06/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
– che, con l’impugnata sentenza, la Corte di Appello di Torino ha confermato la sentenza di condanna pronunciata nei confronti di NOME per i reati di cui agli artt. 494 e 61 n. 2 cod. pen. (fatto commesso in Santhià e Fiorano C.se il 12 e 16 aprile 2016) e 477, 482 e 61 n. 2 cod. pen. (fatto commesso in località imprecisata in data antecedente e prossima al 16 aprile 2016);
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, articolando due motivi;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il primo motivo, che denuncia la violazione dell’art. 49 cod. pen. e il vizio di motivazione, non è consentito in questa sede, giacché mira a sollecitare una rivalutazione delle prove poste a fondamento del giudizio di responsabilità, siccome formulato da entrambi i giudici di merito nelle loro conformi decisioni, in assenza di specifica allegazione di individuati, inopinabili e decisivi fraintendimenti delle prove medesime, capaci, cioè, di scardinare, senza alcuna mediazione valutativa, la tenuta dell’impianto motivazionale della sentenza impugnata, che non risulta inficiato da illogicità di macroscopica evidenza; lo stesso è, comunque, manifestamente infondato avuto riguardo alla pacifica giurisprudenza di questa Corte in tema di falso documentale, per la quale la punibilità è esclusa per inidoneità dell’azione solo quando la falsificazione dell’atto appaia in maniera talmente evidente da essere, “ictu ocu/i”, riconoscibile da chiunque (Sez. 5, n. 27310 del 11/02/2019, Rv. 276639 (vedasi pag. 4 della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale ha evidenziato come, nel caso di specie, l’apposizione della fotografia sul documento avesse pacificamente tratto in inganno la persona offesa);
– che il secondo motivo, che denuncia la violazione dell’art. 81 cpv. e il vizio di motivazione, oltre ad essere affidato a doglianze generiche e meramente versate in fatto, è altresì manifestamente infondato, posto che la Corte territoriale ha ritenuto di non riconoscere la continuazione dei fatti di cui alla regiudicanda con i fatti oggetto della sentenza del Tribunale di Mantova n. 2123/2020, in quanto tutti questi fatti erano, piuttosto, espressivi di uno stile di vita fondato sul commissione di truffe che, pur se connotate da analoghe modalità esecutive, non erano chiaramente riconducibili ad un medesimo disegno criminoso (vedasi pag. 6 della sentenza impugnata), caratterizzato da una unitaria deliberazione criminosa ab origine assunta;
– rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13 marzo 2024
Il consigliere estensore
Il Presidente