Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30224 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30224 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CREMONA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/12/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
– che, con l’impugnata sentenza, la Corte di Appello di Brescia ha confermato la condanna inflitta a COGNOME NOME per il reato di cui agli artt. 477, 482 e 61 n. 2 cod. pen. (fatt commesso in Brescia il 7 settembre 2018);
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, articolando un solo motivo a più censure;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il proposto motivo, nella parte in cui contesta l’affermazione di responsabili dell’imputato, è affidato a doglianze generiche, poiché meramente riproduttive di censure già adeguatamente vagliate e correttamente disattese dai giudici di merito (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Rv. 277710; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Rv. 231708) e non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto unicamente dirette a sollecitare una preclusa rivalutazione alternativa lettura delle fonti probatorie, al di fuori dell’allegazione di loro specifici, de inopinabili travisamenti (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Rv. 216260 e n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207944), come pure sarebbe stato necessario in presenza di un apparato giustificativo della decisione, desunto dalle conformi sentenze di merito nel loro reciproco integrarsi (Sez. 3, n 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595), che non si espone a rilievi di illogicità di macroscopica evidenza (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Rv. 214794), ha affermato, conformandosi all giurisprudenza di legittimità in materia (Sez. 5, n. 33648 del 23/03/2005, Rv. 232332), che integra il reato di falsità materiale commessa dal privato (art. 477 e 482 cod. pen), la condot di colui che sia in possesso di un certificato, apparentemente rilasciato da un medico convenzioNOME con il RAGIONE_SOCIALE e falsamente attestante l’esistenza di una malattia dell’imputato, preordinata ad ottenere un permesso dal lavoro per sottoporsi a trattamenti sanitari, non costituisce una semplice scrittura privata ma riveste, nella pa ricognitiva, natura di certificato, attestante un falso stato di malattia utilizzabile per varie
– che lo stesso motivo, nella parte in cui censura il diniego della causa di non punibil ex art. 131-bis cod. pen., è manifestamente infondato oltre che generico, posto che, per il dirit vivente, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare t del fatto, il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutt peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma 1, cod. pen delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266590), anche se non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di q ritenuti rilevanti (Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, Rv. 283044), come accaduto nel caso di specie (vedasi pagg. 5 e 6 della sentenza impugnata, in cui si è giustificata la mancat applicazione dell’istituto invocato evidenziando, in maniera non manifestamente illogica, come il fatto fosse dotato di peculiare gravità: essendo stato il falso documento redatto o, comunque, commissioNOME da un medico veterinario, che rivestiva una funzione dirigenziale; essendosi l’assenza dal lavoro protratta per 12 giorni ed essendo tutt’altro che esiguo il danno provocat all’amministrazione di appartenenza, in virtù dell’indebita percezione della retribuzione per ammontare pari ad Euro 2.498,28);
– rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso l’8 luglio 2024