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Falsità targa: quando l’adesivo integra il reato

La Corte di Cassazione ha stabilito che la modifica dei dati di una targa automobilistica tramite nastro adesivo costituisce il reato di falsità materiale, anche se l’alterazione è temporanea e facilmente reversibile. La sentenza analizza la differenza tra illecito penale e sanzione amministrativa, sottolineando che il reato di falsità targa protegge la fede pubblica. Inoltre, chiarisce che l’attenuante della riparazione del danno, in caso di reato continuato, si applica solo al singolo reato per cui il danno è stato effettivamente risarcito e non si estende automaticamente agli altri.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsità targa: basta il nastro adesivo per integrare il reato?

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 36532/2025, torna a pronunciarsi su un tema di grande interesse pratico: la configurabilità del reato di falsità targa quando l’alterazione avviene con mezzi apparentemente precari, come del nastro adesivo. Questa pronuncia offre spunti cruciali per comprendere il confine tra illecito penale e sanzione amministrativa, nonché le modalità di applicazione delle circostanze attenuanti in caso di più reati collegati.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato condannato in appello per una serie di reati, tra cui una rapina pluriaggravata ai danni di un ufficio postale, il porto abusivo di armi da taglio e, appunto, la falsità materiale in certificati amministrativi. Quest’ultima accusa derivava dall’aver modificato la targa della propria autovettura con delle strisce di nastro adesivo nero, al fine di eludere l’identificazione durante la commissione della rapina.

La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, riconoscendo all’imputato l’attenuante per aver risarcito il danno, ma bilanciandola in equivalenza con le aggravanti della rapina e rideterminando la pena. L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione lamentando due principali violazioni di legge.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambi i motivi proposti dalla difesa. Vediamo nel dettaglio le argomentazioni dei giudici.

La questione della falsità targa

Il primo motivo di ricorso sosteneva che la modifica temporanea e facilmente rimovibile della targa non potesse integrare il reato di falsità materiale. Secondo la difesa, si trattava di un mero ostacolo provvisorio alla lettura, non di una modificazione durevole del documento, come richiesto dalla giurisprudenza per configurare il falso documentale.

La Cassazione ha respinto con fermezza questa tesi, confermando il proprio orientamento consolidato. I giudici hanno chiarito che ciò che rileva non è la durata o la stabilità dell’alterazione, ma la sua idoneità a modificare i dati identificativi del veicolo. L’applicazione di nastro adesivo per trasformare lettere o numeri sulla targa non è una semplice copertura (che potrebbe avere diversa qualificazione giuridica), ma una vera e propria alterazione che lede la fede pubblica.

La Corte ha sottolineato la distinzione fondamentale tra:
1. L’illecito penale (artt. 477 e 482 c.p.): Scatta quando l’agente è l’autore materiale della contraffazione o dell’alterazione. In questo caso, il bene giuridico protetto è la fede pubblica, ovvero la fiducia della collettività nella veridicità dei documenti certificativi come la targa.
2. L’illecito amministrativo (art. 100 Codice della Strada): Sanziona chi circola con un veicolo munito di targa contraffatta o non propria, quando non sia l’autore della falsificazione. In questo scenario, la norma tutela la sicurezza della circolazione e la funzione di identificazione del veicolo.

La condotta dell’imputato, che aveva personalmente alterato la targa, rientrava quindi a pieno titolo nel reato di falsità materiale. La transitorietà dell’operazione è stata ritenuta irrilevante, essendo l’alterazione durata per tutto il tempo necessario a commettere la rapina, dimostrandosi così ‘apprezzabilmente durevole’ e idonea a ingannare.

L’applicazione delle circostanze attenuanti nel reato continuato

Il secondo motivo di ricorso riguardava la mancata estensione dell’attenuante della riparazione del danno (art. 62, n. 6, c.p.) ai reati ‘satellite’ (falsità e porto d’armi), collegati alla rapina dal vincolo della continuazione. L’imputato aveva infatti risarcito solo i danni, patrimoniali e non, derivanti dalla rapina.

Anche su questo punto, la Cassazione è stata netta. Richiamando un fondamentale principio espresso dalle Sezioni Unite (sentenza ‘Chiodi’ del 2009), la Corte ha ribadito che, in tema di reato continuato, i singoli reati mantengono la propria autonomia. Di conseguenza, la circostanza attenuante della riparazione del danno deve essere valutata e applicata in relazione a ogni singolo reato per cui è intervenuta l’effettiva condotta riparatoria.

Poiché l’imputato aveva risarcito solo il danno cagionato dalla rapina, la Corte d’Appello aveva correttamente applicato l’attenuante solo a quel reato, bilanciandola con le relative aggravanti. Per gli altri reati, come la falsità targa e il porto d’armi, non solo non vi era stata alcuna riparazione, ma la Corte ha anche evidenziato come tali illeciti non producano un danno economicamente risarcibile che possa far operare tale attenuante.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una chiara distinzione dei beni giuridici tutelati dalle diverse norme e sulla necessità di una valutazione autonoma di ogni singolo episodio criminoso all’interno del reato continuato. Per la falsità targa, il punto centrale è la lesione della fede pubblica, che si concretizza con la sola alterazione idonea a ingannare, a prescindere dalla sua durata. Per l’applicazione delle attenuanti, il principio di autonomia dei reati impedisce un’estensione automatica degli effetti favorevoli, che devono invece essere ancorati a condotte specifiche relative a ciascun reato.

Le conclusioni

La sentenza conferma due principi giuridici di notevole importanza. In primo luogo, qualsiasi alterazione dei dati identificativi di una targa, anche se realizzata con mezzi semplici e temporanei come il nastro adesivo, integra il grave reato di falsità materiale, perché compromette la fiducia pubblica nella funzione certificativa della targa stessa. In secondo luogo, nel contesto del reato continuato, benefici come l’attenuante per la riparazione del danno non sono ‘cumulativi’, ma devono essere meritati e valutati per ogni singolo reato commesso.

Alterare una targa con del nastro adesivo è reato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la condotta di chi modifica i dati identificativi della targa di un’autovettura mediante l’applicazione di nastro adesivo integra il reato di falsità materiale in certificati amministrativi (artt. 477 e 482 c.p.). Non rileva che l’alterazione sia temporanea o facilmente rimovibile.

Perché modificare una targa è un reato penale e non solo un’infrazione al Codice della Strada?
La modifica è un reato penale quando è compiuta dall’agente stesso, perché lede la fede pubblica, ossia la fiducia collettiva nella veridicità dei documenti. L’illecito amministrativo previsto dal Codice della Strada (art. 100) sanziona invece la condotta di chi circola con una targa contraffatta, quando non ne è l’autore, tutelando primariamente la funzione di identificazione del veicolo nella circolazione stradale.

Se risarcisco il danno per il reato più grave in un reato continuato, l’attenuante si applica a tutti i reati collegati?
No. La Corte ha chiarito che, in caso di reato continuato, ogni reato mantiene la sua autonomia. L’attenuante della riparazione del danno si applica solo ed esclusivamente al singolo reato per cui è avvenuta un’effettiva condotta riparatoria. Non si estende automaticamente agli altri reati unificati dal medesimo disegno criminoso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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