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Falsità materiale permesso soggiorno: la Cassazione

Un cittadino straniero ha utilizzato un documento di lavoro agricolo falso, relativo a una ditta inesistente, per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, specificando che la creazione di un documento mai esistito giuridicamente costituisce il reato di falsità materiale permesso soggiorno, e non una semplice falsità ideologica. La consapevolezza della falsità è stata dedotta dall’inesistenza del datore di lavoro.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsità Materiale Permesso Soggiorno: La Sentenza della Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28011/2024, ha fornito un’importante precisazione sulla differenza tra falsità materiale e ideologica nel contesto dei reati legati all’immigrazione. La decisione si concentra sul caso di un cittadino straniero che ha presentato un documento di lavoro falso per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno, evidenziando come la creazione di un atto giuridicamente inesistente integri la fattispecie di falsità materiale permesso soggiorno.

I Fatti del Caso

Un cittadino straniero veniva condannato in primo e secondo grado per il reato previsto dall’art. 5, comma 8-bis, del Testo Unico sull’Immigrazione. L’imputato, al fine di ottenere il rinnovo del suo permesso di soggiorno, aveva presentato alla Questura una denuncia di rapporto di lavoro agricolo apparentemente emessa da una società con sede a Bari. Tuttavia, le indagini successive avevano rivelato una realtà ben diversa: la società indicata come datore di lavoro era inesistente e il documento non era mai stato depositato presso l’INPS. Si trattava, quindi, di un atto creato ad hoc per la pratica di rinnovo.

La Difesa dell’Imputato

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali. In primo luogo, ha sostenuto che si sarebbe trattato di una falsità ideologica e non materiale, poiché il documento conteneva dichiarazioni non veritiere ma non era stato fisicamente contraffatto. In secondo luogo, ha lamentato l’assenza di dolo, affermando di non conoscere la lingua e le leggi italiane e di essersi limitato a depositare un documento consegnatogli dal datore di lavoro, con il quale aveva effettivamente svolto attività agricola in passato.

L’Analisi sulla Falsità Materiale per il Permesso di Soggiorno

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito un punto cruciale per distinguere la falsità materiale da quella ideologica in questi contesti.

La Distinzione tra Falsità Materiale e Ideologica

La Corte ha stabilito che si configura la falsità materiale quando la falsità investe l’intero atto nella sua realtà fenomenica. In altre parole, si fa apparire come venuto ad esistenza un atto che, in realtà, non è mai stato formato. Nel caso specifico, la denuncia di rapporto di lavoro non era mai stata presentata all’INPS. Pertanto, non si trattava di un documento genuino con contenuti falsi (falsità ideologica), ma di un documento interamente fabbricato, inesistente per l’ordinamento (falsità materiale).

La Prova dell’Elemento Soggettivo (Dolo)

Anche la questione del dolo è stata respinta. Secondo la Corte, l’inesistenza della ditta indicata nel documento e l’utilizzo di un codice fiscale appartenente a un altro soggetto erano elementi sufficienti a dimostrare la piena consapevolezza e volontà dell’imputato di utilizzare un documento falso per raggiungere il suo scopo, ovvero il rinnovo del permesso di soggiorno. La presunta ignoranza della lingua o delle leggi non è stata ritenuta una scusante valida di fronte a tali evidenze.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda sul principio di diritto secondo cui il reato previsto dall’art. 5, comma 8-bis, T.U. Immigrazione, punisce sia la contraffazione che l’alterazione di uno dei documenti necessari per il rinnovo del permesso. La condotta dell’imputato, che ha utilizzato un atto rilevante giuridicamente ma mai venuto a esistenza, integra perfettamente la fattispecie di falsità materiale. La plausibilità della ricostruzione accusatoria, secondo cui l’imputato aveva commesso una falsità materiale per ottenere il rinnovo, è stata quindi confermata. La Corte ha applicato il principio per cui si ha falsità materiale quando un atto appare come esistente ma in realtà non è mai stato formato, a differenza della falsità ideologica, che presuppone un atto genuino ma con contenuti non veritieri.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 28011/2024 ribadisce un principio fondamentale: la creazione di un documento ex novo, facendolo apparire come un atto ufficiale mai esistito, per ottenere o rinnovare un permesso di soggiorno, costituisce il grave reato di falsità materiale. Questa pronuncia consolida l’orientamento giurisprudenziale e sottolinea come la prova del dolo possa essere desunta da elementi oggettivi e inequivocabili, come l’inesistenza del datore di lavoro dichiarato. La Corte, dichiarando inammissibile il ricorso, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando la presentazione di un documento falso per il permesso di soggiorno costituisce falsità materiale e non ideologica?
Secondo la sentenza, si ha falsità materiale quando il documento, come una denuncia di rapporto di lavoro, non è mai esistito nella sua realtà fenomenica (ad esempio, non è mai stato presentato all’INPS). In questo caso, l’atto viene creato da zero per apparire come vero, investendo la sua stessa esistenza e non solo la veridicità del suo contenuto.

Cosa è sufficiente a dimostrare l’intenzione (dolo) nel reato di uso di documenti falsi per il permesso di soggiorno?
La Corte ha ritenuto che l’inesistenza della ditta indicata nel documento e l’attribuzione di un codice fiscale appartenente a un altro soggetto fossero prove sufficienti a dimostrare la coscienza e la volontà dell’imputato di commettere il reato.

Il reato previsto dall’art. 5, comma 8-bis del Testo Unico sull’Immigrazione copre solo la contraffazione di un documento?
No, la sentenza chiarisce che il reato integra sia la contraffazione (creazione di un documento falso) sia l’alterazione (modifica di un documento vero) di uno dei documenti richiesti per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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