Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28011 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28011 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 24/11/1986
avverso la sentenza del 09/06/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo f» 0 11-41 / 4 /?/ 9,2 t= /A, .1 ti ti, ‘s -/ // te”
udito il difensore Trattazione scritta.
RITENUTO IN FATTO
NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona del 9 giugno 2023, che ha confermato la sentenza resa dal G.u.p. del Tribunale di Pesaro il 21 settembre 2021 all’esito di giudizio abbreviato, con la quale era stato condannato alla pena di mesi sei di reclusione, in ordine al reato di cui all’art. 5, comma 8-bis, d.lgs. 25 luglio 1988, n. 286, perché il 14 agosto 2020, al fine di ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno, scadutogli il 31 ottobre 2019, aveva contraffatto o, comunque, alterato la denuncia di rapporto di lavoro agricolo dell’i ottobre 2018 (sede INPS di Bari), depositandola quale allegato alla richiesta di rinnovo presso lo sportello dell’Ufficio immigrazione della Questura di Pesaro, così indicando falsamente di aver prestato attività lavorativa alle dipendenze della RAGIONE_SOCIALE in INDIRIZZO a Bari (ditta inesistente indicata anche con un codice fiscale di altri)
2. Il ricorrente articola due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 5, comma 8-bis, T.U. imm., perché la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto sussistente nel caso di specie un’ipotesi di falsità materiale quando, dalla lettura degli atti, appariva chiaro ch i documenti allegati alla richiesta di rinnovo di permesso di soggiorno avevano perfezionato un’ipotesi di falsità ideologica, contenendo attestazioni e dichiarazioni non veritiere.
2.2. Con il secondo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 5, comma 8-bis, T.U. stup., 125, comma 3, e 546 cod. proc. pen., e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perché la Corte di appello avrebbe omesso di rilevare l’assenza dell’elemento soggettivo di tale reato, non essendovi prova agli atti che l’imputato fosse stato a conoscenza del contenuto del modello Unilav.
L’imputato, infatti, nel 2018 effettivamente aveva svolto attività di lavoro agricolo e si era limitato a depositare il documento che gli aveva consegnato il datore di lavoro, anche considerando che lo stesso non conosceva la lingua italiana, né tantomeno le leggi dello Stato italiano.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i motivi di ricorso sono manifestamente infnclati.
Nel ricorso, infatti, non ci si confronta con la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di appello ha evidenziato che l’imputato aveva formato (o,
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comunque, utilizzato) un atto rilevante giuridicamente, quale è la denuncia di rapporto di lavoro agricolo, che, a seguito degli accertamenti svolti in sede di indagini, era risultano non essere mai stato presentato all’INPS.
La Corte di appello, quindi, considerato che tale atto, in relazione alla funzione tipica per la quale è stato giuridicamente disciplinato, non fosse mai esistito, ha ritenuto in modo plausibile che l’imputato aveva commesso una falsità materiale perfezionante il reato in esame.
Era emerso, infatti, che l’imputato aveva contraffatto il documento al fine di ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno, elemento perfezionante il reato in esame.
Integra, infatti, il reato previsto dall’art. 5, comma 8-bis, T.U. imm. sia l contraffazione, sia l’alterazione di uno dei documenti indicati dalla norma (Sez. 1, n. 24420 del 03/06/2008, COGNOME, Rv. 240593).
Il giudice di merito, quindi, argomentando sul fatto che l’atto non era mai stato presentato all’Inps e ciononostante era stato allegato dall’imputato alla Questura al fine di ottenere il permesso di soggiorno, ha correttamente applicato al caso di specie il principio di diritto secondo cui si ha falsità materiale, e no falsità ideologica, quando, pur non essendovi divergenza fra autore apparente e autore reale, la falsità investe l’intero atto nella sua realtà fenomenica, nel senso che si fa apparire come venuto ad esistenza un atto che, in realtà, non è mai stato formato (Sez. 5, n. 15786 del 19/03/2019, COGNOME, Rv. 276245).
L’inesistenza della ditta e l’attribuzione di un codice fiscale di altro soggetto costituiva prova sufficiente del dolo dell’imputato.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 12/04/2024