Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6719 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6719 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BRANCALEONE il 02/07/1944
avverso la sentenza del 21/05/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria che ne ha confermato la condanna per il delitto di cui all’art. 481 cod. pen., con conseguenti statuizioni in favore della parte civile;
ritenuto che il primo motivo di ricorso – con cui si assumono la violazione dell’art. 481 cod pen. e il vizio di motivazione, in quanto (come emerso in particolare dalla deposizione del teste COGNOME) l’imputato avrebbe reso una dichiarazione conforme alla disciplina vigente, dovendosi escludere dunque sia l’elemento oggettivo sia quello soggettivo – non si confronta raramente con la motivazione del provvedimento impugnato che ha disatteso il medesimo ordine di censure qui reiterato (pur dando conto di quanto dichiarato dal detto teste) evidenziando come nel caso in esame la falsità della dichiarazione consegua dall’asserita estraneità dell’immobile de quo al lotto in cui esso ricadeva (del quale ultimo era stata ordinata la vendita all’incanto in pregiudizio della madr dell’imputato), volta alla attribuzione di una nuova numerazione alla particella, rimarcando come in effetti il Cundari (pur richiesto) non abbia mai messo a disposizione dell’Ufficio competente l documentazione a sostegno del suo asserto, da ciò traendo in maniera congrua e logica pure la sussistenza del prescritto elemento soggettivo (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 – 01);
considerato che il secondo motivo – con cui si lamenta il vizio di motivazione – richiama in maniera assertiva lei censure già oggetto del primo motivo, è inammissibile per il medesimo ordine di ragioni già esposto;
considerato che il terzo motivo – che deduce il vizio motivazione con riguardo all’esistenza dell’atto ove si dichiara l’esistenza dell’immobile de quo dal 1951 – non muove compiute critiche di legittimità all’iter argomentativo della sentenza impugnata ma adduce irritualmente in questa sede un elemento di prova, non solo senza addurre con la necessaria specificità il travisamento del dato probatorio (che non può essere denunciato per il tramite del compendio e di una disamina parcellizzata degli elementi in discorso: cfr. Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 01) ma riportando a sostegno del proprio asserto una domanda formulata dal difensore nel corso dell’istruttoria svolta dal primo Giudice (peraltro, attribuendo erroneamente a quest’ultimo g enunciati in discorso), dato questo del tutto irrilevante al fine di criticare il provvedimento di app rilevato che non può pervenirsi a una diversa conclusione sulla scorta di quanto esposto nella memoria presentata dal difensore dell’imputato, sia perché essa ha reiterato le allegazioni già contenute nel ricorso sia perché – in ragione dell’inammissibilità dell’atto di impugnazione – non pu neppure venire in rilievo l’asserto secondo cui, alla luce dell’editto accusatorio, avrebbe dovuto avers riguardo solo alla conformità alle disposizioni vigenti (relative alla qualificazione come nuo costruzione del fabbricato) della dichiarazione del ricorrente giacché in tal modo sarebbe stata tardivamente denunciata (peraltro, genericamente) la violazione del principio di correlazione tra
accusa e sentenza (che integra una nullità a regime intermedio: Sez. 4, n. 19043 del 29/03/2017, Privitera, Rv. 269886 – 01) non prospettata con il ricorso;
ritenuto che non deve tenersi conto della memoria depositata nell’interesse della parte civile il 14 gennaio 2025 e, dunque, quando era già spirato il termine di quindici giorni (da computars interi e liberi, con esclusione sia del dies a quo, sia del dies ad quem) prima dell’udienza del 29 gennaio 2025, posto dall’art. 611, comma 1, cod. proc. pen. (cfr. Sez. 7, ord. n. 23092 del 18/02/2015, Fratello, Rv. 263641 – 01; cfr. Sez. 3, Ord. n. 30333 del 23/04/2021, COGNOME, Rv. 281726 – 01; Sez. 1, n. 28299 del 27/05/2019, R., Rv. 276414 – 01; Sez. 4, n. 49392 del 23/10/2018, S., Rv. 274040 – 01), ragion per cui non deve liquidarsi alcuna somma in favore di essa;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Co cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01) – a versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Nulla per le spese di parte civile.
Così deciso il 29/01/2025.