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Falsità ideologica privato: quando la dichiarazione è reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino condannato per il reato di falsità ideologica privato (art. 481 c.p.). L’imputato aveva falsamente dichiarato che un suo immobile era estraneo a un lotto immobiliare soggetto a vendita all’incanto, al fine di ottenerne una nuova numerazione catastale. La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché i motivi presentati miravano a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, confermando che la mancanza di prove a sostegno della dichiarazione e l’intento di alterare la realtà integrano il reato.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsità ideologica del privato: la Cassazione su dichiarazioni immobiliari non veritiere

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato i principi che regolano il reato di falsità ideologica privato in atto pubblico, previsto dall’art. 481 del codice penale. Il caso in esame riguarda una dichiarazione non veritiera relativa alla situazione catastale di un immobile, fornita da un privato a un ufficio pubblico. La decisione sottolinea come l’intento di trarre in inganno la pubblica amministrazione, anche senza un danno immediato, integri pienamente la fattispecie di reato e come un ricorso basato sulla rivalutazione dei fatti sia destinato all’inammissibilità.

I fatti del caso: una dichiarazione per sottrarre un immobile all’asta

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un uomo per aver reso una dichiarazione falsa a un ufficio competente. Nello specifico, l’imputato aveva attestato che un determinato immobile era estraneo a un lotto più grande che, al tempo, era oggetto di una procedura di vendita all’incanto a danno di sua madre. Lo scopo di tale dichiarazione era quello di ottenere una nuova e autonoma numerazione catastale per la particella immobiliare, sottraendola di fatto alla procedura esecutiva in corso. Sia il tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano confermato la sua colpevolezza, ritenendo la dichiarazione mendace e finalizzata a un fine illecito.

I motivi del ricorso e la valutazione della Corte

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali. In primo luogo, sosteneva che la sua dichiarazione fosse conforme alla normativa vigente e che mancassero sia l’elemento oggettivo (la falsità) sia quello soggettivo (l’intenzione di dichiarare il falso) del reato. In secondo luogo, lamentava un vizio di motivazione generico. Infine, contestava la ricostruzione dei fatti riguardo all’effettiva esistenza dell’immobile in una data pregressa, cercando di introdurre nel giudizio di legittimità elementi di prova già discussi nei gradi precedenti.

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che il ricorso non criticava la logicità della motivazione della sentenza d’appello, ma si limitava a riproporre le stesse argomentazioni di fatto, tentando di ottenere una terza valutazione del merito della vicenda, compito che esula dalle funzioni della Cassazione.

L’inammissibilità del ricorso: una lezione sulla falsità ideologica del privato

La decisione di inammissibilità si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è giudice di legittimità, non di merito. Questo significa che il suo compito non è stabilire come sono andati i fatti, ma verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio. Nel caso di specie, il ricorrente non ha evidenziato errori di diritto, ma ha semplicemente offerto una lettura alternativa delle prove, come la testimonianza di una persona o domande formulate in primo grado. Questo approccio è stato giudicato proceduralmente scorretto e, pertanto, inammissibile. La Corte ha inoltre respinto una memoria difensiva successiva, poiché basata su un ricorso già inammissibile e perché sollevava questioni (come la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza) che avrebbero dovuto essere proposte con il ricorso principale.

Le motivazioni della decisione

Nelle sue motivazioni, la Suprema Corte ha ribadito che la falsità della dichiarazione derivava chiaramente dall’asserita estraneità dell’immobile al lotto pignorato. La Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato come l’imputato, pur richiesto, non avesse mai fornito alcuna documentazione a sostegno della sua tesi. Da questa omissione, i giudici di merito hanno logicamente e congruamente desunto anche la sussistenza dell’elemento soggettivo, ovvero la piena consapevolezza e volontà di attestare il falso. La decisione della Corte d’Appello è stata quindi ritenuta immune da vizi logici o giuridici. L’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, a causa della palese infondatezza e colpa nell’aver proposto l’impugnazione.

Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti spunti di riflessione. Sul piano del diritto penale sostanziale, riafferma che il reato di falsità ideologica commesso dal privato si perfeziona con la consapevole attestazione di una circostanza non vera in un atto destinato a produrre effetti giuridici, a prescindere dal raggiungimento del fine ultimo. Sul piano processuale, costituisce un monito sulla corretta redazione dei ricorsi per Cassazione: essi devono concentrarsi su precise violazioni di legge o vizi di motivazione, evitando di trasformarsi in un tentativo di revisione dei fatti già accertati dai giudici di merito.

Quando una dichiarazione di un privato su un immobile integra il reato di falsità ideologica?
Una dichiarazione integra il reato di falsità ideologica (art. 481 c.p.) quando un privato attesta consapevolmente un fatto non vero in un atto pubblico o destinato a provare la verità, come nel caso di una dichiarazione a un ufficio pubblico per ottenere una nuova numerazione catastale basata sull’erronea estraneità dell’immobile a un lotto specifico.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile se, invece di denunciare vizi di legittimità (cioè violazioni di legge o difetti logici nella motivazione della sentenza impugnata), si limita a riproporre questioni di fatto già decise nei precedenti gradi di giudizio, chiedendo alla Corte una nuova valutazione delle prove, compito che non le spetta.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per colpa evidente?
Quando un ricorso è ritenuto palesemente inammissibile, come in questo caso, il ricorrente viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione aggiuntiva è dovuta alla colpa del ricorrente nell’aver promosso un’impugnazione priva di fondamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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