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Falsificazione targa di prova: non è reato usare copie

Un automobilista, condannato in primo e secondo grado per aver utilizzato copie della targa di prova e dell’autorizzazione alla circolazione, è stato assolto dalla Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha stabilito che l’uso di copie identiche a documenti originali e validi, regolarmente posseduti, non costituisce il reato di falsificazione targa di prova, in quanto manca l’alterazione dei dati identificativi del veicolo, elemento essenziale del reato.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsificazione Targa di Prova: Usare una Fotocopia Non È Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale in materia di falsificazione targa di prova. Circolare con una copia identica all’originale, sebbene non sia una pratica consigliabile, non integra il reato di falso. Questa decisione ribalta le precedenti condanne e offre un’importante precisazione sulla natura del reato di falsificazione documentale applicato alla circolazione stradale.

I Fatti del Caso

Un automobilista veniva fermato per un controllo mentre si trovava alla guida di un veicolo munito di una targa di prova e di una relativa autorizzazione alla circolazione risultate essere delle copie. In primo grado, il Tribunale e, successivamente, la Corte d’Appello lo avevano condannato per il delitto di falsificazione ai sensi degli artt. 477 e 482 del codice penale, oltre che per la violazione del Codice della Strada. La difesa dell’imputato sosteneva che si trattasse di semplici riproduzioni degli originali, di cui l’automobilista era legittimamente in possesso. Infatti, durante il controllo, gli originali venivano portati sul posto da un conoscente, confermando che i documenti esistevano ed erano validi. Nonostante ciò, i giudici di merito avevano ritenuto sussistente il reato.

La Questione sulla Falsificazione Targa di Prova

Il ricorso in Cassazione si è concentrato su un unico motivo: l’errata valutazione dell’elemento soggettivo del reato. La difesa ha lamentato che i giudici non avessero tenuto conto della circostanza che sia la targa sia l’autorizzazione erano mere copie di documenti originali e validi, regolarmente posseduti dall’imputato. Il punto cruciale era stabilire se la semplice riproduzione di un documento autentico, senza alcuna alterazione dei dati in esso contenuti, potesse configurare una “falsificazione” penalmente rilevante. La Procura Generale presso la Cassazione, a sorpresa, ha concluso chiedendo di dichiarare il ricorso inammissibile, ritenendo corretta la valutazione dei giudici di merito.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza di condanna senza rinvio “perché il fatto non sussiste”. I giudici hanno chiarito che, per integrare il reato contestato, è necessaria una “contraffazione dei dati identificativi relativi al veicolo”. Nel caso di specie, tale contraffazione era del tutto assente.

Dall’analisi dei fatti, è emerso che:
1. Gli originali della targa di prova e dell’autorizzazione erano validi e regolarmente rilasciati all’imputato.
2. Gli originali erano detenuti altrove, ma sono stati esibiti nell’immediatezza del controllo.
3. Le copie a bordo del veicolo erano perfettamente identiche agli originali.

La Corte ha quindi stabilito che la condotta dell’imputato non costituiva una falsificazione. Egli si era limitato a circolare con copie fedeli dei suoi documenti. La norma incriminatrice speciale, presupposto del reato, richiede una falsificazione di dati, ovvero un’alterazione della realtà che induca in errore sull’identità del veicolo o sulla validità dei documenti. Poiché i dati riportati sulle copie erano veri e corrispondevano a quelli degli originali, non si poteva parlare di falso. La pronuncia è errata, scrivono i giudici, “poiché non rispettosa della lettera della norma incriminatrice”.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un principio di diritto di notevole importanza pratica. Viene tracciata una linea netta tra la condotta di chi altera o crea dati falsi (che costituisce reato) e quella di chi, pur violando le norme sulla circolazione stradale che impongono di avere a bordo i documenti in originale, utilizza delle semplici copie conformi. Quest’ultima condotta, sebbene possa comportare sanzioni amministrative, non ha rilevanza penale sotto il profilo del reato di falso. La decisione della Cassazione annulla quindi la condanna perché, in assenza di un’alterazione della verità, il fatto penalmente contestato semplicemente “non sussiste”.

Guidare con la fotocopia della targa di prova è reato?
Secondo questa sentenza della Corte di Cassazione, no. Se la copia è perfettamente identica al documento originale, valido e regolarmente posseduto, la condotta non integra il reato di falsificazione, anche se può comportare sanzioni amministrative.

Qual è la differenza tra usare una copia e commettere una falsificazione secondo la Corte?
La falsificazione, per essere penalmente rilevante, richiede una contraffazione o alterazione dei dati identificativi. Usare una copia fedele di un documento autentico non costituisce falsificazione perché i dati riportati sono veri e non alterati.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna?
La condanna è stata annullata “perché il fatto non sussiste”. La Corte ha ritenuto che la condotta dell’imputato non integrasse gli elementi del reato di falso, in quanto egli si era limitato a circolare con copie identiche di documenti originali validi, senza alcuna alterazione o contraffazione dei dati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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