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Falsificazione formulari rifiuti: Cassazione inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore di una società ambientale, accusato di frode e truffa per la presunta falsificazione di formulari rifiuti. La Corte ha stabilito che il ricorso mirava a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, confermando la misura interdittiva del divieto di contrattare con la P.A. e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsificazione Formulari Rifiuti: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23495/2025, ha affrontato un caso emblematico di falsificazione formulari rifiuti, rigettando il ricorso di un imprenditore e confermando la solidità degli indizi a suo carico. La decisione sottolinea un principio fondamentale del nostro ordinamento: i limiti del giudizio di legittimità, che non può trasformarsi in un terzo grado di merito per la rivalutazione delle prove.

I Fatti: Una Presunta Frode Ambientale

Al centro della vicenda vi è l’amministratore unico di una società di servizi ecologici, accusato di aver orchestrato una truffa ai danni di un ente pubblico. Secondo l’accusa, l’imprenditore avrebbe attestato falsamente, attraverso settanta formulari di identificazione dei rifiuti, il prelievo e lo smaltimento di percolato da una discarica provinciale. Queste operazioni, mai avvenute, avrebbero permesso alla sua società di incassare indebitamente un compenso di oltre 93.000 euro.

L’indagine ha fatto emergere gravi indizi, tra cui il fatto che i presunti prelievi sarebbero stati effettuati in giorni e orari in cui la discarica era chiusa e priva di personale. Di conseguenza, il Tribunale aveva applicato all’indagato la misura interdittiva del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per dodici mesi.

Le Argomentazioni della Difesa e la Falsificazione Formulari Rifiuti

La difesa ha tentato di smontare il castello accusatorio presentando una serie di elementi, tra cui i dati del cronotachigrafo del camion, le registrazioni del telepass e la documentazione relativa ad altri viaggi. L’argomento difensivo più singolare riguardava il ritrovamento dei formulari originali presso la sede di un’altra società, sostenendo che ciò proverebbe l’effettiva esecuzione del servizio. Secondo la difesa, infatti, solo a seguito di un prelievo autorizzato la società avrebbe potuto ottenere la prima copia del formulario.

Tuttavia, queste argomentazioni non hanno convinto i giudici di merito, che le hanno ritenute inidonee a confutare le prove raccolte, in particolare la decisiva falsità dei formulari che attestavano prelievi di rifiuti mai avvenuti.

La Decisione della Cassazione: I Limiti del Giudizio di Legittimità

Il ricorso per Cassazione ha riproposto le medesime argomentazioni già respinte in appello. La Suprema Corte ha prontamente dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione di tale decisione è netta: il ricorso non denunciava vizi di legge o illogicità manifeste nella motivazione della decisione impugnata, ma si limitava a sollecitare una nuova e diversa valutazione delle prove.

La Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un “terzo giudice” del fatto. Il giudizio di legittimità serve a verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non a stabilire se le prove potevano essere interpretate in modo diverso.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha evidenziato come il Tribunale di Napoli avesse basato la sua decisione su una pluralità di indizi gravi, precisi e concordanti. Tra questi:

1. L’incompatibilità oraria: i prelievi documentati avvenivano quando la discarica era chiusa e inaccessibile.
2. Il disconoscimento delle firme: i dipendenti della discarica, i cui nomi apparivano sui formulari, hanno negato di averli mai sottoscritti.
3. La discordanza dei dati Telepass: i dati di transito autostradale del mezzo non erano compatibili con i viaggi verso la discarica negli orari indicati.

Di fronte a un quadro indiziario così solido, la motivazione del Tribunale è stata giudicata logica e coerente. Il tentativo della difesa di riproporre gli stessi argomenti in Cassazione è stato quindi ritenuto un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione del merito della causa.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza offre un’importante lezione pratica: il ricorso in Cassazione deve essere fondato su precise censure di diritto o su vizi logici evidenti e decisivi della motivazione, non sulla semplice speranza che la Suprema Corte possa dare una lettura alternativa delle prove. Un ricorso che si risolve nella riproposizione di argomenti di fatto già vagliati e respinti è destinato all’inammissibilità. Le conseguenze non sono solo la conferma del provvedimento impugnato, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie, con una condanna al versamento di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché mirava a ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti, un’attività che non è consentita nel giudizio di legittimità. La Cassazione si limita a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesamina il merito della vicenda.

Quali erano le principali prove a carico dell’imprenditore?
Le prove principali erano l’incompatibilità degli orari dei presunti prelievi con gli orari di apertura della discarica, il disconoscimento delle firme sui formulari da parte dei dipendenti della discarica e la discordanza tra i dati del Telepass del camion e i viaggi dichiarati.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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