Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23495 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23495 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Mascolino NOME nato a Benevento il 22/07/1991;
avverso l’ordinanza emessa il 19/02/2025 dal Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; udite le conclusioni dell’avvocato NOME COGNOME presente in sostituzione degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME che ha insistito nei motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Napoli ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Benevento che in data 25 gennaio 2025 ha
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applicato nei confronti dell’appellante la misura interdittiva del divieto d contrattare con la pubblica amministrazione per la durata di dodici mesi.
Il Tribunale, nell’ordinanza impugnata, ha ritenuto COGNOME gravemente indiziato dei delitti di cui agli artt. 110, 81, secondo comma, 356 cod. pen. (capo 1) e di cui agli art. 110, 640, secondo comma n. 1, cod. pen. (capo 2), in quanto, quale amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, al fine di attestare l’attività svolta nell’ambito degli affidamenti del servizio di prelievo, trasporto smaltimento di percolato e reflui liquidi dai siti di discarica e di stoccaggio rifiu del territorio provinciale di Benevento, avrebbe attestato falsamente, mediante settanta formulari di identificazione dei rifiuti, il prelievo, mediante autocarr targato TARGA_VEICOLO, di percolato dalla discarica commissariale di Sant’Arcangelo Trinnonte, commettendo frode nell’esecuzione dei predetti contratti e truffa in danno dell’ente pagatore.
Il ricorrente, infatti, a mezzo della condotta contestata, avrebbe lucrato il compenso indebito, in quanto non dovuto, di euro 93.072,49 euro, corrispondente all’importo ricevuto per lo smaltimento delle tonnellate di percolato indicate nei formulari falsi.
L’avvocato NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso questa ordinanza e ne ha chiesto l’annullamento.
Il difensore, proponendo un unico motivo di ricorso, ha dedotto l’inosservanza degli artt. 356 e 640, secondo comma, cod. pen. e la manifesta illogicità della motivazione.
Ad avviso del difensore, il Tribunale avrebbe disatteso con motivazione apodittica le censure proposte nel procedimento di appello, costituiti dalla stampa del cronotachigrafo digitale installato sul predetto automezzo, da diversi formulari, aventi ad oggetto viaggi diversi documentati dal telepass, dall’assenza di discariche nella zona che consentisse di rispettare il medesimo tempo di percorrenza, dagli screenshot dei messaggi scambiati con il dipendente COGNOME e dall’acquisizione in originale presso la RAGIONE_SOCIALE dei formulari.
L’applicazione della misura cautelare si fonderebbe su un unico indizio che, tuttavia, sarebbe illogico; sarebbe, infatti, illogico affermare che i formular asseritamente falsi sono stati rinvenuti, in originale presso la sede della RAGIONE_SOCIALE, in quanto solo se la predetta società avesse consentito il prelievo del percolato avrebbe potuto entrare in possesso della prima copia del formulario.
Con istanza tempestivamente depositata in data 25 marzo 2025 l’avvocato NOME COGNOME ha chiesto la trattazione orale del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto il motivo proposto è diverso da quelli consentiti dalla legge.
Il difensore, proponendo un unico motivo di ricorso, ha dedotto l’inosservanza degli artt. 356 e 640, secondo comma, cod. pen. e la manifesta illogicità della motivazione sul punto.
Il motivo è inammissibile, in quanto è volto a pervenire ad un diversa ricostruzione delle risultanze indiziarie, non consentita nel giudizio di legittimità.
3.1. Il Tribunale di Napoli ha ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza del reato contestato nei confronti del ricorrente in ragione delle condizione della discarica consortile, che presentava accumuli di percolato mai estratto, con pericolo di tracimazione e di compromissione dei fondi circostanti, e gelurime anomalie dei formulari sequestrati, che attestavano prelievi di materiale in giorni e orari nei quali la discarica era chiusa e, dunque, non vi era personale per consentire il recupero dei liquami.
Il sito della discarica di Sant’Arcangelo Trimonte, peraltro, secondo quanto riferito da alcuni dipendenti della RAGIONE_SOCIALE, al di fuori dell’orario di servi resta / a chiuso, senza alcun servizio di guardiania e senza che nessuno potesse accedervi.
Il Tribunale ha, inoltre, rilevato che i dipendenti della discarica che risultavano aver sottoscritto il formulario hanno disconosciuto le proprie firme e che in plurime occasioni i dati del sistema Telepass relativi al predetto furgone della RAGIONE_SOCIALE erano incompatibili con il prelievo del percolato presso la discarica negli orari indicati dai formulari.
Il Tribunale di Napoli, peraltro, non ha pretermesso le argomentazioni svolte dalla difesa, ma le ha ritenute inidonee a confutare i predetti elementi indiziari e, segnatamente, quello ritenuto decisivo della falsità dei formulari quanto all’attestazione di prelievi mai avvenuti di rifiuti.
Il ricorso, dunque, si risolve nella riproposizione di argomenti ritenuti non decisivi dal Tribunale di Napoli, con motivazione non manifestamente illogica, che, dunque, si sottrae al sindacato di legittimità.
Nel giudizio di legittimità non è consentito invocare una nuova valutazione degli elementi probatori al fine di trarne proprie conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito, chiedendo alla Corte di legittimità un giudizio di fatto che non le compete.
Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura”
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME
Rv. 249651, in motivazione; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260).
3.2. Corretta è anche, nei limiti delibatori propri della sede cautelare, la qualificazione della condotte accertà quale forma di concorso tra i delitti di frode
nelle pubbliche forniture e quello di truffa.
Il reato di frode nelle pubbliche forniture non richiede, infatti, una condotta implicante artifici o raggiri, propri del reato di truffa, né un evento di danno per l
parte offesa, coincidente con il profitto dell’agente, essendo sufficiente la dolosa inesecuzione del contratto pubblico di fornitura di cose o servizi, con la
conseguenza che ove ricorrano anche i suddetti elementi caratterizzanti la truffa
è configurabile il concorso tra i due delitti (Sez. 6, n. 38346 del 15/05/2014,
COGNOME, Rv. 260270; Sez. 2, n. 15667 del 20/03/2009, COGNOME, Rv. 243951; conf.
Sez. 5, n. 15487 del 01/02/2021, COGNOME Rv. 281077 – 01).
Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso siano stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 18 aprile 2025.