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Falsificazione F24: Cassazione sulla condanna per falso

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per falso materiale a carico dei legali rappresentanti di una società di gioco, i quali avevano creato modelli F24 falsi per ottenere cartelle da gioco senza versare le imposte. La Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso, specificando che la creazione ex novo di un documento costituisce falso materiale e non falso ideologico, né può essere riqualificata come indebita percezione di erogazioni pubbliche, data l’attività decipiente posta in essere. La richiesta di una nuova perizia è stata respinta in quanto ritenuta esplorativa.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsificazione F24: Creare un Documento Falso è Sempre Reato Grave

La recente sentenza della Corte di Cassazione penale ha affrontato un caso significativo di falsificazione F24, fornendo chiarimenti cruciali sulla distinzione tra falso materiale e altre figure di reato, come il falso ideologico e l’indebita percezione di erogazioni pubbliche. La vicenda riguarda gli amministratori di una società concessionaria del gioco del Bingo, condannati per aver presentato modelli F24 contraffatti al fine di ottenere le cartelle da gioco senza aver versato le relative imposte allo Stato.

I fatti del processo

I legali rappresentanti di una società operante nel settore del gioco venivano tratti a giudizio con l’accusa di truffa aggravata ai danni dell’Amministrazione dei Monopoli e di falso materiale. Secondo l’accusa, gli imputati avevano creato e presentato dei falsi modelli F24, attestanti il pagamento del prelievo erariale, per indurre in errore l’ente statale e ottenere così le cartelle per il gioco del Bingo. Questo meccanismo fraudolento permetteva loro di conseguire un ingiusto profitto, consistente nel ritiro e nella successiva vendita delle cartelle, arrecando un danno economico diretto all’Amministrazione, che non percepiva il tributo dovuto.

Il Tribunale di primo grado e, parzialmente, la Corte d’Appello confermavano la tesi accusatoria. In particolare, la Corte d’Appello confermava per entrambi gli imputati la condanna per il delitto di falso, mentre dichiarava prescritto il reato di truffa per uno di essi.

Il ricorso in Cassazione e le argomentazioni difensive

Gli imputati proponevano ricorso per Cassazione basandosi su tre motivi principali. In primo luogo, chiedevano una riqualificazione del reato. Sostenevano che i modelli F24 non fossero del tutto falsi, ma documenti autentici presentati in banca, il cui pagamento non era andato a buon fine solo per mancanza di fondi. La condotta, a loro dire, doveva essere ricondotta al falso ideologico (art. 483 c.p.) o all’indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.), attribuendo parte della responsabilità alla negligenza dell’operatore bancario. Su questa linea, contestavano il rigetto della richiesta di una perizia tecnica volta ad accertare l’autenticità dei timbri bancari.

In secondo luogo, la difesa contestava il trattamento sanzionatorio, invocando l’applicazione di circostanze attenuanti non pertinenti al reato di falso.

La corretta qualificazione della falsificazione F24

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi manifestamente infondati e quindi inammissibili. I giudici hanno stabilito che la Corte territoriale aveva correttamente accertato la falsità materiale dei modelli F24. Le testimonianze dei direttori di banca sentiti in dibattimento erano state decisive: avevano escluso categoricamente che potesse essere rilasciata una quietanza di pagamento in assenza di provvista sul conto e che non vi era traccia di alcuna operazione contabile legata a quei modelli F24. Inoltre, i documenti presentati dagli imputati mancavano di elementi tipici (come il conto corrente di riferimento) e i timbri apposti erano palesemente diversi da quelli originali per formato e dimensione.

Le motivazioni

Sulla base di questi elementi fattuali, la Cassazione ha ribadito un principio giuridico fondamentale: si configura il reato di falso materiale (art. 482 c.p.) quando si crea l’esistenza documentale di un atto che, in realtà, non è mai stato formato. È il caso dei modelli F24 in questione, che non rappresentavano una semplice dichiarazione di volontà del contribuente, ma la prova di un pagamento mai avvenuto. Il reato di falso ideologico (art. 483 c.p.), invece, presuppone un documento genuino nella sua provenienza, ma contenente dichiarazioni non veritiere. Nel caso di specie, i documenti erano stati creati dal nulla.

La Corte ha anche escluso la riqualificazione del fatto come indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.). Tale reato si configura in presenza di condotte omissive o di silenzio, mentre nel caso in esame gli imputati hanno posto in essere un’attività decipiente attiva e complessa, consistita nella formazione e presentazione di documentazione falsa, inducendo in errore l’ente pubblico. Questa condotta rientra pienamente nella fattispecie della truffa (per la quale è intervenuta prescrizione per un imputato) e non può essere derubricata.

Infine, la Corte ha respinto la doglianza sulla mancata rinnovazione dell’istruttoria, chiarendo che la perizia è un mezzo di prova rimesso alla discrezionalità del giudice e la sua omissione non è sindacabile in sede di legittimità. Una richiesta di nuove prove in appello non può avere carattere “esplorativo”, finalizzato a cercare elementi eventualmente favorevoli all’imputato.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce la gravità della condotta di chi crea documenti fiscali falsi per eludere i propri obblighi verso l’Erario e ottenere vantaggi indebiti. La distinzione tra falso materiale e ideologico è netta: il primo riguarda la contraffazione del documento in sé, il secondo la veridicità del suo contenuto. La presentazione di un F24 con una quietanza di pagamento contraffatta integra senza dubbio la prima fattispecie. La decisione della Cassazione conferma la linea dura della giurisprudenza contro le frodi basate sulla falsificazione di documenti, sottolineando che tali condotte non possono essere minimizzate o ricondotte a illeciti di minore gravità.

Qual è la differenza tra falso materiale (art. 482 c.p.) e falso ideologico (art. 483 c.p.) nel caso di un F24?
Secondo la sentenza, si ha falso materiale quando il documento F24, inclusa la prova del pagamento (quietanza), viene creato ex novo, facendo apparire come esistente un atto mai formato. Si avrebbe falso ideologico, invece, se il documento fosse genuino nella sua forma e provenienza, ma contenesse dichiarazioni non veritiere.

Perché la condotta non è stata qualificata come indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.)?
La Corte ha escluso tale qualificazione perché l’indebita percezione si applica a situazioni di mero silenzio antidoveroso o a condotte che non inducono in errore l’ente erogatore. Nel caso di specie, gli imputati hanno posto in essere un’attività ingannatoria attiva, attraverso la creazione e presentazione di documenti falsi, che integra gli estremi della truffa e del falso, una condotta più grave.

È possibile ottenere la rinnovazione di una perizia in Cassazione se è stata negata in appello?
No, la sentenza chiarisce che l’omesso accertamento peritale non può costituire motivo di ricorso per cassazione. La perizia è un mezzo di prova “neutro” rimesso alla discrezionalità del giudice di merito. Inoltre, una richiesta di rinnovazione in appello non può risolversi in un’attività “esplorativa” alla ricerca di prove favorevoli.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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