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Falsificazione di monete: quando è reato grave?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per concorso in falsificazione di monete. La Corte ha confermato la gravità del reato (art. 453 c.p.), escludendo la riqualificazione nella fattispecie minore (art. 455 c.p.), poiché l’imputato era pienamente consapevole di interagire con una rete organizzata per la rivendita su larga scala di banconote contraffatte, con l’intenzione di collaborare stabilmente.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsificazione di Monete: Quando la Consapevolezza Determina la Gravità del Reato

La falsificazione di monete è un reato che mina la fiducia nel sistema economico, ma non tutti i comportamenti legati alle banconote false sono uguali davanti alla legge. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito la linea di demarcazione tra il grave reato di concorso nella falsificazione e la meno grave fattispecie di spendita di monete false. Analizziamo insieme la decisione per comprendere i criteri utilizzati dai giudici.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo da parte della Corte di Appello per concorso nel reato di falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato di valuta contraffatta. L’imputato, secondo l’accusa, aveva agito in concerto con altri soggetti per mettere in circolazione banconote false.

Contro questa sentenza, l’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo che la sua condotta dovesse essere inquadrata nel reato meno grave previsto dall’articolo 455 del codice penale, ovvero la spendita di monete false senza concorso nella loro falsificazione.

I Motivi del Ricorso

La difesa ha contestato la decisione dei giudici di merito per violazione di legge e vizio di motivazione. L’argomento principale era che il fatto avrebbe dovuto essere riqualificato in una fattispecie meno grave, sostenendo che non vi fossero prove sufficienti a dimostrare un suo coinvolgimento diretto o un accordo preventivo con i falsari.

La Tesi Difensiva: Riqualificazione del Reato

L’imputato chiedeva che la sua condotta venisse considerata come quella di chi, avendo ricevuto monete false, le spende o le mette in circolazione. Questa fattispecie, punita meno severamente, presuppone l’assenza di un accordo preliminare con chi ha materialmente prodotto o introdotto le banconote false.

Le Motivazioni della Suprema Corte sulla Falsificazione di Monete

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato. I giudici hanno ritenuto che la motivazione della Corte di Appello fosse logica, coerente e priva di vizi. La decisione si fonda su un elemento chiave: la piena consapevolezza dell’imputato e la natura stabile della sua collaborazione.

Secondo la Corte, le prove dimostravano che l’imputato era ben conscio della possibilità di ordinare in qualsiasi momento ingenti quantitativi di banconote false. Questa consapevolezza indicava che egli non era un acquirente occasionale, ma un soggetto inserito in una rete criminale organizzata per la rivendita di valuta contraffatta. Inoltre, era emersa la sua intenzione di stabilire un rapporto di lavoro duraturo con i fornitori per la successiva rivendita al dettaglio. Questi elementi, nel loro insieme, configurano pienamente il concorso nel più grave reato di falsificazione di monete e introduzione nello Stato, escludendo la possibilità di una riqualificazione.

Conclusioni: La Stabile Collaborazione Aggrava il Reato

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: la differenza tra il reato di cui all’art. 453 c.p. e quello previsto dall’art. 455 c.p. risiede nel livello di coinvolgimento e consapevolezza dell’agente. Non si tratta semplicemente di spendere denaro falso, ma di partecipare, anche indirettamente, a un’organizzazione criminale dedita a tale attività. La possibilità di effettuare ordinativi su larga scala e l’intenzione di creare un canale stabile di distribuzione sono state considerate prove inequivocabili di un concorso nel reato, giustificando la condanna più severa. La decisione sottolinea come la lotta alla falsificazione di monete si concentri non solo sui falsari, ma anche su coloro che, con la loro condotta consapevole, alimentano la circolazione di valuta illegale.

Qual è la differenza tra il concorso in falsificazione di monete (art. 453 c.p.) e la spendita di monete false (art. 455 c.p.)?
La differenza fondamentale risiede nel livello di coinvolgimento e nell’accordo con i falsari. L’art. 453 c.p. punisce chi partecipa, anche tramite un accordo preventivo, alla contraffazione o all’immissione in circolazione. L’art. 455 c.p. si applica a chi spende denaro falso ricevuto senza aver partecipato all’accordo per la sua falsificazione.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni dell’imputato sono state giudicate manifestamente infondate. La Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza di appello fosse logicamente corretta e ben fondata, avendo dimostrato che l’imputato era pienamente consapevole di operare all’interno di una rete stabile per la rivendita su larga scala di banconote false.

Cosa ha dimostrato la consapevolezza dell’imputato secondo la Corte?
La consapevolezza è stata desunta da due elementi principali: la possibilità per l’imputato di effettuare in ogni momento ordinativi di ingenti quantità di banconote false e la sua intenzione di collaborare stabilmente con i fornitori per la rivendita al dettaglio. Questo ha evidenziato un ruolo attivo e consapevole nel sistema criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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