Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 24697 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 24697 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a Stigliano il 27/11/1982
avverso la sentenza del 11/10/2024 della Corte d’appello di Potenza Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Lette le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. Lette le conclusioni dell’Avv. NOME COGNOME per il ricorrente, che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza oggi al vaglio della Corte è stata deliberata l’11 ottobre 2024 dalla Corte di appello di Potenza, che ha confermato la decisione pronunziata dal Tribunale di Matera, avallando il costrutto del Giudice di prime cure nella parte in cui aveva ritenuto NOME COGNOME responsabile del reato di cui agli artt. 476, 482 cod. pen., per avere contraffatto il talloncino attestante il trasferimento di proprietà apposto sulla carta di circolazione di un veicolo, di cui aveva simulato la vendita ai danni di un compratore, ignaro che il trasferimento
di proprietà per cui aveva corrisposto il prezzo non fosse avvenuto. Il falso trasferimento appariva effettuato dall’agenzia di pratiche automobilistiche di NOME COGNOME che, una volta appreso dell’utilizzo del proprio codice di agenzia, aveva sporto denunzia. Dalla sentenza di primo grado risulta altresì che l’autocarro cui la carta di circolazione si riferiva apparteneva ad un gruppo di quattro veicoli che il titolare di un’officina meccanica, NOME COGNOME, aveva consegnato in conto vendita a COGNOME e che questi non aveva restituito, sicché Stigliano aveva presentato una querela contro l’imputato.
L’imputato ha presentato ricorso avverso detta decisione, con il ministero del proprio difensore di fiducia.
2.1. Il primo motivo di ricorso deduce violazione degli artt. 476, 482 cod. pen. e 533 cod. proc. pen. nonché difetto di motivazione. Nel ricorso si sostiene non esservi prova – né motivazione sul punto – che il tagliando di cui si assume la falsificazione fosse stato materialmente formato dal COGNOME, ma solo che quest’ultimo avesse consegnato il documento al compratore COGNOME.
2.2. Il secondo motivo di ricorso deduce violazione dell’art. 133 cod. pen. e vizio di motivazione perché la Corte di appello, pur escludendo l’ipotesi di cui all’art. 477 cod. pen. ritenuta in primo grado, ha comunque inflitto la pena di un anno di reclusione, non corrispondente al minimo edittale
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso nel suo complesso è infondato e pertanto va respinto.
Il primo motivo di ricorso lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto all’attribuzione del fatto all’imputato.
La ragione di ricorso patisce, in primo luogo, l’inammissibilità del motivo di appello cui si collega.
La sentenza di primo grado spiegava, con dovizia di particolari, che il veicolo rientrava nell’ambito di un blocco che NOME COGNOME titolare di un’autofficina, aveva consegnato in conto vendita a Paino e che quest’ultimo non aveva restituito, tanto che COGNOME aveva formalizzato una querela nei confronti del ricorrente, il quale, intanto, aveva venduto il veicolo a NOME COGNOME, consegnandogli la carta di circolazione falsificata (oltre ad una falsa attestazione di presentazione formalità presso il P.R.A.) ed incassando il relativo prezzo. Di fronte a questi dati di fatto, che il Tribunale aveva ritenuto dimostrativi della paternità della falsificazione in capo a COGNOME, l’appello era generico in quanto si limitava a predicare l’estraneità di COGNOME rispetto alla falsificazione, ma non
contrastava la ricostruzione del Giudice monocratico, che aveva tratto dalla disponibilità del veicolo in capo a COGNOME dalla conclusione del contratto di compravendita con COGNOME e dalla consegna del documento a quest’ultimo la dimostrazione che fosse stato l’imputato a contraffare la carta di circolazione.
Ciò posto, questa Corte può rilevare l’inammissibilità dell’impugnazione di merito ora per allora, a prescindere dalle determinazioni del Giudice a quo , in virtù del principio generale secondo cui l’inammissibilità dell’impugnazione non rilevata dal giudice di secondo grado deve essere dichiarata dalla Cassazione, quali che siano state le determinazioni cui detto giudice sia pervenuto nella precedente fase processuale, atteso che, non essendo le cause di inammissibilità soggette a sanatoria, esse devono essere rilevate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268823, in motivazione; Sez. 3, n. 20356 del 02/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281630 – 01; Sez. 3, n. 35715 del 17/09/2020, COGNOME, Rv. 280694 – 04; Sez. 2, n. 40816 del 10/07/2014, COGNOME, Rv. 260359; Sez. 4, n. 16399 del 03/10/1990, COGNOME, Rv. 185996; Sez. 1, n. 3462 del 24/09/1987, COGNOME, Rv. 176912).
A ciò si aggiunga l’ulteriore considerazione che anche il motivo di ricorso è generico, perché la motivazione della decisione avversata, letta in uno a quella di primo grado, fornisce una spiegazione logica del giudizio di attribuibilità soggettiva del fatto all’imputato, evidenziandone il coinvolgimento quale soggetto che aveva la disponibilità dell’autocarro e della relativa carta di circolazione, che lo ha venduto proprio al soggetto il cui nominativo era indicato sul falso talloncino e che, peraltro, in passato, aveva avuto rapporti commerciali proprio con l’agenzia di pratiche automobilistiche che appariva indicata sul contrassegno falsificato.
Infondata è la doglianza – oggetto del secondo motivo di ricorso – che attiene alla commisurazione della pena (quantificata in un anno di reclusione), giacché la relativa giustificazione può trarsi dal complesso della motivazione ove sono descritte le connotazioni di fatto della vicenda e il ruolo dell’imputato oltre che dalla sentenza di primo grado, nella quale è indicato che l’imputato era gravato da un precedente specifico, aspetto non specificamente contestato nell’appello. D’altronde la pena è di poco superiore al minimo edittale e l’obbligo di una motivazione rafforzata sussiste solo allorché la sanzione se ne discosti significativamente, mentre, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media, è sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015,
COGNOME, Rv. 265283; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME e altri, Rv. 256464; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197; Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, COGNOME, Rv. 245596).
Come anticipato, il ricorso va rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 10/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME