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False generalità: quando la Cassazione annulla la pena

Tre persone condannate per aver fornito false generalità (un anno di nascita errato) alla polizia ricorrono in Cassazione. La Corte rigetta i ricorsi di due imputati, confermando la loro responsabilità. Accoglie parzialmente il ricorso del terzo, annullando la sentenza con rinvio perché la Corte d’Appello non ha motivato il diniego alla sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

False Generalità: Obbligo di Motivazione sulla Pena Sostitutiva

Fornire false generalità a un pubblico ufficiale durante un controllo è un reato previsto dall’art. 496 del codice penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 8340/2025, offre importanti chiarimenti non solo sulla configurabilità del reato, ma soprattutto sugli obblighi del giudice in fase di determinazione della pena. Il caso in esame riguarda tre imputati condannati per aver dichiarato un anno di nascita diverso dal reale. Mentre per due di essi la condanna viene confermata, per il terzo la Cassazione annulla la sentenza per un vizio di motivazione, sottolineando un principio fondamentale del diritto processuale.

I Fatti: Un Controllo di Polizia e Generalità Errate

Tre individui vengono fermati per un controllo dalle forze dell’ordine. Durante l’identificazione, tutti e tre forniscono dati anagrafici corretti, ad eccezione dell’anno di nascita, che dichiarano diverso da quello reale. A seguito di accertamenti, l’inesattezza emerge e vengono perciò accusati e condannati in primo grado e in appello per il reato di false dichiarazioni sull’identità personale. Il Tribunale e la Corte d’Appello riconoscono la loro responsabilità penale, applicando le attenuanti generiche in misura equivalente alla recidiva contestata e infliggendo la relativa pena.

I motivi del ricorso per false generalità

Gli imputati, attraverso i loro difensori, presentano ricorso in Cassazione lamentando diversi vizi. In sintesi, le loro difese sostengono:

* Confusione e difficoltà di espressione: Uno degli imputati adduce una presunta confusione generale durante il controllo, dovuta alla presenza di numerose persone, e una propria difficoltà di pronuncia, per giustificare l’errore.
* Omonimia e trascrizione errata: Due imputati, fratelli, sostengono che la presenza di ben cinque persone con lo stesso cognome avrebbe generato confusione nella trascrizione delle generalità da parte degli agenti.
* Particolare tenuità del fatto: I due fratelli richiedono l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., sostenendo la minima offensività della condotta.
* Mancata sostituzione della pena: Tutti gli imputati lamentano che la Corte d’Appello non abbia convertito la pena detentiva in quella sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, come specificamente richiesto negli atti d’appello.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte esamina dettagliatamente i motivi di ricorso, giungendo a conclusioni diverse per i ricorrenti. Per quanto riguarda i due fratelli, i ricorsi vengono rigettati in toto. I giudici di legittimità ritengono che le loro censure siano mere contestazioni di fatto, volte a proporre una ricostruzione alternativa delle prove già vagliata correttamente dai giudici di merito. La Corte d’Appello, infatti, aveva logicamente escluso uno stato di confusione, evidenziando che il controllo era avvenuto in una zona isolata e da parte di due operatori. Inoltre, la richiesta di applicazione della particolare tenuità del fatto era stata respinta a causa dei precedenti penali degli imputati, indicativi di una personalità incline a delinquere, elemento ostativo a tale beneficio.

L’Accoglimento Parziale: il Vizio di Omessa Motivazione

La svolta del processo riguarda la posizione del terzo imputato. La Cassazione reputa infondato il primo motivo di ricorso relativo alla presunta incomprensione durante il controllo, ritenendo inverosimile che l’errore degli agenti fosse caduto solo su un singolo dato (l’anno di nascita) e non sul resto delle generalità. Tuttavia, la Corte accoglie il secondo motivo. La sentenza impugnata, infatti, aveva completamente ignorato la richiesta, formulata nell’atto di appello, di sostituire la pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità ai sensi dell’art. 20-bis c.p. Questo silenzio del giudice integra un vizio di omessa pronuncia che rende la sentenza illegittima su quel punto.

le motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento: l’obbligo del giudice di rispondere a tutte le istanze difensive ritualmente formulate. La Corte d’Appello, non fornendo alcuna giustificazione per il diniego della pena sostitutiva, ha violato questo obbligo. Non è sufficiente rigettare implicitamente una richiesta; è necessario esplicitare le ragioni giuridiche e fattuali che hanno portato a quella decisione. Nel caso dei due fratelli, la mancata conversione della pena era stata implicitamente ma logicamente giustificata dal bilanciamento delle attenuanti in equivalenza con la recidiva, sulla base dei loro precedenti. Per il terzo imputato, invece, questa motivazione mancava del tutto.

le conclusioni

La Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata limitatamente alla posizione di uno degli imputati e solo per quanto riguarda l’omessa pronuncia sulla richiesta di pena sostitutiva. Il caso viene rinviato a un’altra sezione della Corte d’Appello di Palermo, che dovrà riesaminare il punto e motivare adeguatamente la sua decisione in merito alla possibile conversione della pena. Per gli altri due imputati, il ricorso è rigettato e la condanna diventa definitiva. La sentenza ribadisce che, sebbene la dichiarazione di false generalità sia un reato, ogni aspetto della sanzione deve essere attentamente valutato e motivato dal giudice, specialmente a fronte di specifiche richieste della difesa.

Dichiarare un anno di nascita sbagliato alla polizia costituisce reato di false generalità?
Sì, secondo la sentenza, dichiarare un anno di nascita differente da quello vero al personale della Polizia di Stato durante un controllo integra il delitto di cui all’art. 496 del codice penale.

La confusione durante un controllo di polizia può giustificare la dichiarazione di false generalità?
No, la Corte ha ritenuto che la mera allegazione di uno stato di confusione non sia sufficiente a escludere la responsabilità. Nel caso di specie, i giudici hanno considerato inverosimile che l’incomprensione fosse caduta solo su un singolo dato (l’anno di nascita), mentre tutti gli altri dati anagrafici erano stati correttamente riferiti.

Il giudice d’appello è obbligato a motivare il rigetto della richiesta di conversione della pena in lavori di pubblica utilità?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice d’appello ha l’obbligo di fornire un’adeguata motivazione quando rigetta una specifica richiesta di sostituzione della pena detentiva con quella del lavoro di pubblica utilità. L’omessa pronuncia su tale istanza costituisce un vizio della sentenza che ne comporta l’annullamento con rinvio su quel punto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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