Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26125 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26125 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 12/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nata a Piacenza il DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino emessa ir data 24/10/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; udite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso; udite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia di NOME
COGNOME, che si è riportato al ricorso, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Torino confermava la sentenza del Tribunale di Torino in composizione monocratica, emessa in data 11/11/2021, con cui NOME era stata condannata a pena di giustizia per il reato di cui all’art. 495 cod. pen., in Torino il 18/11/2017.
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, deducendo un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.:
2.1 violazione di legge, in riferimento all’art. 192, comma 2 cod. proc. pen., vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen., in quanto non è stata accertata compiutamente la circostanza che fosse stata la ricorrente e non l’altra donna presente in auto a declinare false generalità, ben essendo possibile che i verbalizzanti fossero incorsi in un falso ricordo, non corrispondendo il dato dell’altezza della ricorrente con il dato riportato nel passaporto esibito, senza contare che la motivazione della sentenza impugnata non considera come la ricorrente ben avrebbe potuto cambiare il colore dei capelli tra il momento del rilascio del passaporto rispetto al momento del controllo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile, in quanto meramente esplorativo e congetturale.
La sentenza impugnata ha dato conto del fatto che la vettura, alla cui guida si trovava la donna nei cui confronti veniva elevato il verbale di contravvenzione, era nella disponibilità dei germani ‘COGNOME,. NOME e – NOME; doveva altresì essere esclusa la circostanza che la donna alla guida dell’auto fosse la seconda ragazza presente nella vettura al momento dell’accertamento della violazione, in quanto pochi giorni dopo l’imputata veniva nuovamente fermata a bordo dell’auto ed, inoltre, risultava dall’esame dei tabulati telefonici che il giorno de fatto il cellulare della ‘COGNOME agganciava una cella indicativa della sua presenza nel luogo in cui era stata elevata la contravvenzione.
Tali circostanze inducevano a ritenere logicamente fondata la conclusione che proprio la ‘COGNOME avesse dichiarato le false generalità.
Trattasi di motivazione logicamente illustrata e, come tale, non sindacabile in sede di legittimità.
Peraltro, con il ricorso vengono formulate critiche rispetto ad una motivazione fondata su massime di esperienza del tutto logicamente condivisibili, ossia il fatto che a distanza di tempo i testi avrebbero potuto avere un ricordo impreciso RAGIONE_SOCIALE fattezze fisiche della donna che aveva dichiarato le false generalità, come dimostrato anche dalla diversa descrizione della stessa operata dai verbalizzanti; inoltre, la sentenza impugnata ha rilevato come dalla foto del documento di identità non si evinceva affatto quale fosse il colore dei capelli della donna, senza considerare che tale colore può essere modificato.
Trattasi di considerazioni, a parere del Collegio, del tutto ininfluenti in riferimento alla tenuta motivazionale della pronuncia, che si fonda, come detto, su di un complesso di argomentazioni logicamente concatenate tra loro, con cui la difesa non si è compiutamente confrontata.
Come detto, infatti, già il primo giudice aveva evidenziato che il falso nominativo fornito dalla conducente del veicolo – che aveva dichiarato di chiamarsi NOME COGNOME, indicando anche la data di nascita della stessa – corrispondevano ad una persona realmente esistente, NOME COGNOME, appunto, la quale conosceva NOME COGNOME poiché era stata a questa ed al fratello presentata da un’amica comune, dimostrando che il giorno dell’accertamento della contravvenzione ella si trovava al lavoro; inoltre, come detto, pochi giorni dopo la vicenda in esame, NOME COGNOME veniva nuovamente bloccata a bordo della stessa auto per eccesso di velocità, ed anche in tale occasione dichiarava di chiamarsi NOME COGNOME, avendo poi esibito la carta di identità con le sue reali generalità.
Trattasi di uniulteriore circostanza la cui valenza indiziante è stata evidenziata dalla Corte di merito e del tutto pretermessa dall’analisi difensiva, che, come visto, si è concentrata su considerazioni non dirimenti, omettendo di cogliere, nel suo complesso, la valutazione RAGIONE_SOCIALE circostanze indizianti operata dalla Corte di merito.
Ne discende l’inammissibilità del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Ammende.
Così deciso in Roma, il 12/03/2024
Il AVV_NOTAIO estensore
I r/sidente