Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25102 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25102 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI BRESCIA nel procedimento a carico di:
NOME COGNOME (C.U.I.CODICE_FISCALE) nato il 28/06/1979
inoltre:
COGNOME (C.U.I. CODICE_FISCALE) nato a MAROCCO( MAROCCO) il 22/04/1979 il avverso la sentenza del 20/09/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, NOME COGNOME che ha concluso chiedendola la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la GLYPH sentenza in preambolo, la Corte d’Appello di Brescia ha parzialmente riformato la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della medesima città che, a seguito di giudizio abbreviato, aveva ritenuto NOME COGNOME responsabile dei reati di cui agli artt. 495 cod. pen., e 10 bis comma 3 d. Igs. 286 del 1998, assolvendo l’imputato dal reato di cui all’art. 495 cod. pen. e rideterminando la pena in relazione al residuo reato in C 3.000 di ammenda.
Con riferimento al contestato reato di cui all’art. 495 cod. penn., la Corte ha innanzitutto evidenziato la fondatezza della prima doglianza sollevata con l’atto di gravame dall’imputato, in cui si evidenziava come NOME fosse stato condannato per avere declinato le false generalità di NOME COGNOME e che tale condotta fosse difforme da quella erroneamente contestata (di avere fornito false dichiarazioni sulla propria identità attestando falsamente di chiamarsi NOME COGNOME); ha tuttavia disatteso la richiesta formulata dal Procuratore generale presso la Corte territoriale, di dichiarare la nullità parziale della sentenza ai sensi degli artt. 521, 522 e 604 cod. proc. pen., con restituzione degli atti al PM, valutando nel merito le ulteriori censure mosse, e pervenendo all’assoluzione dell’imputato perché il fatto non sussiste. La Corte ha infatti evidenziato come dagli atti emergesse che il prevenuto, sottoposto a controllo di polizia il 24/09/2022, avesse dapprima mostrato agli agenti un atto giudiziario recante le generalità di NOME COGNOME per poi, quando si trovava negli uffici della Questura, declinare le corrette (come da comunicazioni consolari) generalità di COGNOME: i Giudici hanno conclusivamente ritenuto che, essendo l’operazione di accertamento delle generalità fondamentalmente unitaria, fosse irrilevante la previa esibizione di un documento recante dati identificativi errati, atteso che, subito dopo, l’imputato forniva le proprie esatte generalità.
Ricorre il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Brescia, che articola due motivi di seguito riassunto nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
2.1. GLYPH Con il primo motivo il Procuratore ricorrente si duole che la Corte non abbia dichiarato la parziale nullità della sentenza di primo grado, per difformità del fatto ritenuto dal primo Giudice rispetto a quello contestato; la declinazione delle false generalità di NOME COGNOME era condotta diversa da quella contestata, e pertanto non poteva essere valutata nel merito dalla Corte territoriale, ponendosi al di là del perimetro che delimitava l’oggetto della decisione.
2.2. COGNOME Con il secondo, subordinato, motivo, il Procuratore censura l’impugnata sentenza per avere, con travisamento degli atti, assolto l’imputato dal reato di cui all’art. 495 cod. pen., perché il fatto non sussiste: la circostanza che NOME abbia
redatto il modulo di identificazione con le sue esatte generalità – successivamente ai rilievi dattiloscopici che già avevano consentito la sua compiuta identificazione -, non elide la penale rilevanza del comportamento serbato in precedenza, allorquando, fermato dagli agenti, aveva fornito le false generalità di NOME COGNOME
GLYPH Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso della parte pubblica, che contiene anche censure inammissibili perché aspecifiche e rivalutative, è nel complesso infondato.
Infondato è il primo motivo di ricorso, con i quale il Procuratore ricorrente censura l’impugnata sentenza sotto il profilo della violazione degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen., per avere la Corte bresciana omesso di trasmettere gli atti al pubblico ministero, in esito ad un accertamento del fatto in termini diversi da quelli descritti nel capo di imputazione.
Il percorso motivazionale posto a fondamento della decisione della Corte appare infatti corretto, dal momento che i Giudici bresciani, nel valutare complessivamente la vicenda sottoposta al loro esame, hanno ritenuto decisiva ed assorbente la valutazione in ordine alla insussistenza del fatto – reato contestato al capo A) – art. 495 cod. pen., pervenendo ad un esito liberatorio con la formula “perché il fatto non sussiste”.
A fronte di tale valutazione, si sarebbe appalesata all’evidenza contraria ai principi di economia processuale, la rilevazione dell’errore contenuto nel capo di imputazione, inerente alle generalità contestate come false.
Peraltro, non è ultroneo osservare come l’ordinanza di trasmissione degli atti al P.M. ex art. 521 comma 2 cod. proc. pen., presupponga una previa valutazione sulla sussistenza del “fatto”, inteso come “fatto-reato”: nel caso in esame i Giudici bresciani hanno ritenuto il fatto accertato “insussistente”, e non “diverso” da quello enunciato nel capo di imputazione, di talchè, come condivisibilmente osservato anche dal Procuratore generale presso questa Corte in seno alla sua requisitoria, «ineccepibile si rivela l’esito assolutorio adottato dalla Corte di merito».
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto declinato in fatto e meramente rivalutativo.
Contrariamente a quanto dedotto in ricorso, i Giudici della Corte d’appello bresciana non sono incorsi in alcun travisamento di atti: la Corte territoriale ha infatti
valutato correttamente le emergenze processuali evidenziando come lo straniero,
fermato dalle forze di polizia, si fosse limitato a esibire agli operanti l’atto giudiziario
recante il nominativo di NOME COGNOME per poi, una volta giunto negli uffici della
Questura, declinare le sue esatte generalità (Tammen Ouanies); si è ritenuto, con
argomentare non illogico, che la mera ostensione dell’atto giudiziario riportante
generalità errate non costituisse elemento di per sé sintomatico della volontà
dell’imputato di declinare generalità diverse da quelle effettive, anche in
considerazione dell’unitarietà dell’accertamento (dapprima su strada, e poi negli uffici),
e dalle corrette indicazioni rese dal prevenuto una volta giunto presso la Questura.
Le censure dedotte in ricorso dal Procuratore ricorrente sono sostanzialmente
volte a sovrapporre un’interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella
recepita dai giudici di merito, piuttosto che a far emergere un vizio rilevante ai sensi
dell’art. 606 cod. proc. pen.
4. GLYPH
L’impugnazione va, pertanto, rigettata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 16/04/2025
Corte di Cassazione – copia non ufficiale