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False dichiarazioni senza avvisi: annullata condanna

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per false dichiarazioni a carico di un imputato che aveva negato al giudice di percepire il reddito di cittadinanza. La decisione si fonda sulla inutilizzabilità della dichiarazione, resa senza i preventivi e obbligatori avvertimenti previsti dal codice di procedura penale, come sancito da una precedente sentenza della Corte Costituzionale. Il caso sottolinea l’importanza cruciale delle garanzie difensive nel processo penale.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

False dichiarazioni al Giudice: la Cassazione annulla la condanna se mancano gli avvisi

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale a tutela dei diritti dell’imputato: le false dichiarazioni rese al giudice su qualità personali, come la percezione del reddito di cittadinanza, non sono punibili se la persona non è stata preventivamente avvisata della facoltà di non rispondere. Questa decisione, che ha portato all’annullamento senza rinvio di una condanna, si allinea a un importante intervento della Corte Costituzionale, rafforzando le garanzie difensive nel processo penale.

Il Caso: Dichiarazione sul Reddito di Cittadinanza

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un uomo nei primi due gradi di giudizio per il reato di cui all’art. 496 del codice penale. L’imputato, durante l’udienza di convalida del suo arresto, aveva falsamente dichiarato al Giudice di non essere percettore del reddito di cittadinanza. La difesa ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni procedurali e di merito, tra cui l’errata applicazione della norma incriminatrice e, soprattutto, la violazione dei diritti difensivi.

La Decisione della Cassazione: le false dichiarazioni e il ruolo della Corte Costituzionale

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata “perché il fatto non sussiste”. La decisione si basa su due passaggi logico-giuridici di grande rilevanza.

Riqualificazione del Reato

In primo luogo, la Corte ha chiarito che il fatto contestato non andava inquadrato nell’art. 496 c.p. (False dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o altrui), bensì nel più specifico art. 495 c.p. (Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sull’identità o su qualità personali proprie o altrui). La differenza è sostanziale: l’art. 496 c.p. ha natura residuale, mentre l’art. 495 c.p. si applica quando le false attestazioni sono destinate a confluire in un atto pubblico, come il verbale di un’udienza giudiziaria.

L’Impatto della Sentenza della Corte Costituzionale n. 111/2023

Il punto cruciale della sentenza risiede nel richiamo alla pronuncia n. 111 del 2023 della Corte Costituzionale. Con quella storica decisione, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 495 c.p. nella parte in cui punisce l’indagato o l’imputato che, richiesto di fornire informazioni su qualità personali (ai sensi dell’art. 21 disp. att. c.p.p.), renda false dichiarazioni senza aver prima ricevuto gli avvertimenti previsti dall’art. 64, comma 3, del codice di procedura penale.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Cassazione sono lineari e ineccepibili. Gli avvertimenti previsti dall’art. 64 c.p.p., tra cui la facoltà di non rispondere, sono una garanzia fondamentale del diritto di difesa e del principio nemo tenetur se detegere (nessuno è tenuto ad accusare sé stesso). La Corte Costituzionale ha stabilito che, in assenza di tali avvisi, le dichiarazioni rese dall’imputato sono proceduralmente “inutilizzabili”. Se una dichiarazione è inutilizzabile, non può costituire la prova del reato di false dichiarazioni. Di conseguenza, poiché l’imputato nel caso di specie non aveva ricevuto i dovuti avvertimenti prima di rispondere alla domanda sul reddito di cittadinanza, la sua falsa risposta non poteva essere utilizzata contro di lui. Mancando la prova principale, il fatto di reato non può ritenersi sussistente.

Conclusioni: L’Importanza degli Avvertimenti Preliminari

Questa sentenza ribadisce con forza che le garanzie procedurali non sono meri formalismi, ma costituiscono il nucleo essenziale di un giusto processo. Il diritto di essere informati della facoltà di non rispondere prima di fornire informazioni personali all’autorità giudiziaria è un presidio invalicabile. La sua violazione determina l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese, impedendo che da esse possa derivare una responsabilità penale per l’imputato. La decisione rappresenta un monito per gli operatori del diritto sull’obbligo di rispettare scrupolosamente i diritti della difesa in ogni fase del procedimento.

È reato dichiarare il falso al giudice sulle proprie condizioni economiche?
Sì, in linea di principio può integrare il reato di falsa attestazione a pubblico ufficiale (art. 495 c.p.). Tuttavia, la sentenza chiarisce che la punibilità è esclusa se la dichiarazione viene resa dall’imputato senza che gli siano stati preventivamente forniti gli avvertimenti previsti dalla legge, come la facoltà di non rispondere.

Perché la condanna per false dichiarazioni è stata annullata in questo caso?
La condanna è stata annullata perché l’imputato ha reso la dichiarazione falsa al giudice senza aver ricevuto i necessari avvertimenti di cui all’art. 64, comma 3, del codice di procedura penale. Questa omissione rende la dichiarazione stessa “inutilizzabile” come prova a suo carico.

Qual è l’effetto della mancanza degli avvisi preliminari sulla dichiarazione resa?
Come stabilito dalla Corte Costituzionale e ribadito in questa sentenza, la mancanza degli avvisi preliminari rende le dichiarazioni fornite dall’imputato sulle proprie qualità personali inutilizzabili nel processo. Se la prova principale del reato è inutilizzabile, il fatto non può essere provato e, di conseguenza, l’imputato deve essere assolto perché il fatto non sussiste.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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