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False dichiarazioni reddito: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino condannato per false dichiarazioni reddito. L’imputato aveva omesso di dichiarare il possesso di quote societarie per ottenere il beneficio. La Corte ha chiarito che la successiva abrogazione della norma non cancella il reato per i fatti commessi in precedenza, confermando la condanna.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

False Dichiarazioni Reddito: La Cassazione e il Principio della Legge nel Tempo

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di false dichiarazioni reddito di cittadinanza, offrendo importanti chiarimenti sulla successione delle leggi penali nel tempo e sui limiti del ricorso in sede di legittimità. La vicenda riguarda un cittadino condannato per aver omesso di dichiarare il possesso di quote societarie al fine di ottenere il sussidio. La Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha ribadito principi fondamentali in materia penale.

I Fatti del Caso

Un cittadino è stato condannato in primo grado e in appello per il reato previsto dall’art. 7 del d.l. 4/2019. L’accusa era di aver reso dichiarazioni false nella domanda per il reddito di cittadinanza, omettendo di segnalare di essere titolare del 100% del capitale sociale di una S.r.l. Questa omissione gli aveva permesso di apparire in possesso dei requisiti patrimoniali necessari per ottenere il beneficio economico.

Contro la sentenza della Corte d’Appello, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. L’abrogazione della norma incriminatrice e l’applicazione della legge più favorevole.
2. La mancata assunzione di una prova ritenuta decisiva (una visura camerale).
3. L’assenza di consapevolezza (dolo) riguardo alla titolarità delle quote societarie.

L’analisi della Corte sulle false dichiarazioni reddito

La Corte di Cassazione ha esaminato e respinto tutti i motivi del ricorso, dichiarandolo inammissibile. Le argomentazioni della Corte forniscono una guida chiara su questioni procedurali e sostanziali di grande rilevanza.

La questione della successione di leggi penali

Il motivo più complesso riguardava l’abrogazione dell’art. 7 del d.l. 4/2019 a opera della Legge di Bilancio 2023 (l. 197/2022). La difesa sosteneva che, al momento del deposito delle motivazioni della sentenza d’appello, la norma fosse stata abrogata, rendendo il fatto non più punibile.

La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo il concetto di abrogazione differita. La Legge di Bilancio, pur essendo entrata in vigore il 1° gennaio 2023, aveva posticipato l’effetto abrogativo al 1° gennaio 2024. Inoltre, un decreto successivo (d.l. 48/2023) aveva espressamente stabilito che le sanzioni previste dalla vecchia normativa continuassero ad applicarsi per tutti i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023. Di conseguenza, non si è mai verificata una abolitio criminis: il legislatore ha assicurato una continuità normativa, escludendo l’applicazione del principio della lex mitior (legge più favorevole) invocato dal ricorrente.

Irrilevanza della prova e limiti del giudizio di Cassazione

Il secondo motivo di ricorso contestava la decisione della Corte d’Appello di non acquisire una visura camerale che, secondo la difesa, avrebbe dimostrato che la società era inattiva e priva di valore, una sorta di ‘scatola vuota’. La Cassazione ha ritenuto questo motivo inammissibile, sottolineando che il reato di false dichiarazioni reddito si perfeziona con la semplice omissione di un dato patrimoniale richiesto dalla legge, indipendentemente dal valore effettivo di tale patrimonio. La responsabilità penale sorge dal non aver dichiarato la titolarità delle quote, non dal loro valore economico. La prova richiesta era quindi irrilevante ai fini della decisione.

Infine, riguardo al terzo motivo, con cui si sosteneva che l’imputato fosse un mero prestanome inconsapevole, la Corte ha ribadito un principio cardine del giudizio di legittimità: la Cassazione non può riesaminare i fatti o valutare la credibilità delle dichiarazioni. Tali questioni appartengono al merito del processo (primo e secondo grado). Proporre una diversa ricostruzione dei fatti in sede di Cassazione costituisce un motivo di inammissibilità.

le motivazioni

La sentenza si fonda su una rigorosa interpretazione delle norme sulla successione delle leggi penali e sui limiti del giudizio di legittimità. La Corte ha stabilito che l’abrogazione ‘differita’ della norma sul reddito di cittadinanza, unita a una specifica disposizione transitoria, ha impedito la creazione di un vuoto normativo e ha garantito la continuità della punibilità per le condotte illecite commesse prima della piena entrata in vigore della nuova disciplina (l’assegno di inclusione). La decisione conferma che l’omissione di informazioni patrimoniali rilevanti, come la titolarità di quote societarie, integra il reato di false dichiarazioni per l’ottenimento di sussidi, a prescindere dal valore economico effettivo delle quote stesse. La Corte ha inoltre riaffermato che il ricorso per Cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione.

le conclusioni

La Corte di Cassazione, dichiarando inammissibile il ricorso, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, oltre alla refusione delle spese legali sostenute dalla parte civile INPS. Questa pronuncia ribadisce la serietà con cui l’ordinamento persegue le frodi ai danni dello Stato e sottolinea l’importanza della completezza e veridicità delle dichiarazioni rese per accedere a benefici economici pubblici. La decisione serve da monito sulla necessità di massima trasparenza e correttezza da parte dei cittadini che richiedono sussidi statali.

Se una legge penale viene abrogata, i reati commessi prima dell’abrogazione restano punibili?
Sì, possono restare punibili se il legislatore prevede un’abrogazione ‘differita’ (cioè con effetto a partire da una data futura) e introduce norme transitorie che mantengono in vigore la vecchia legge per i fatti commessi fino a una certa data. In questo caso non si verifica una vera e propria abolitio criminis.

Per il reato di false dichiarazioni reddito, è rilevante il valore effettivo del patrimonio non dichiarato (es. quote di una società inattiva)?
No. Secondo la sentenza, il reato si configura con la semplice omissione di un dato che la legge richiede di dichiarare, come la titolarità di quote societarie. Il valore economico o lo stato di attività della società sono irrilevanti ai fini della configurabilità del reato.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove o la credibilità delle dichiarazioni dell’imputato?
No. Il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti. La Corte può solo valutare se la legge è stata applicata correttamente e se la motivazione della sentenza impugnata è logica e non contraddittoria. Non può procedere a una nuova valutazione delle prove o a una diversa ricostruzione dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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