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False dichiarazioni reddito di cittadinanza: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per false dichiarazioni reddito di cittadinanza nei confronti di una richiedente. Anche se il requisito di residenza è stato ridotto da 10 a 5 anni, la dichiarazione mendace resta reato se il richiedente non possiede neanche il requisito minimo dei 5 anni di residenza al momento della domanda.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

False dichiarazioni reddito di cittadinanza: la residenza resta un requisito chiave

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi sul reato di false dichiarazioni reddito di cittadinanza, chiarendo un punto fondamentale relativo al requisito della residenza. Anche a seguito della parziale dichiarazione di incostituzionalità della norma che prevedeva una residenza decennale, la condotta di chi dichiara il falso per ottenere il beneficio rimane penalmente rilevante se non si possiede neppure il requisito minimo di residenza, ora fissato a cinque anni. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.

I Fatti del Caso

Una cittadina straniera veniva condannata in primo grado e in appello per il reato previsto dalla legge sul reddito di cittadinanza. L’accusa era quella di aver presentato una domanda per il sussidio, attestando falsamente di possedere il requisito della residenza in Italia da almeno dieci anni. Dagli atti processuali, emergeva invece che la donna era entrata nel territorio nazionale solo quattro anni e mezzo prima della richiesta, non integrando quindi neanche il requisito minimo, successivamente ridotto a cinque anni.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputata ha presentato ricorso alla Suprema Corte basandosi su due principali motivi:
1. Violazione di legge: Si sosteneva che la sentenza della Corte Costituzionale, che aveva ridotto il requisito di residenza da dieci a cinque anni, avesse fatto venir meno uno degli elementi costitutivi del reato. Secondo la difesa, poiché la contestazione si basava sulla falsità della residenza decennale, e tale requisito non era più in vigore nella sua forma originaria, la condotta non avrebbe più dovuto essere considerata reato.
2. Vizio di motivazione: Si contestava la prova della riconducibilità della dichiarazione falsa all’imputata, lamentando una motivazione illogica e contraddittoria da parte della Corte d’Appello.

La Decisione sulle false dichiarazioni reddito di cittadinanza

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la condanna. I giudici hanno fornito importanti chiarimenti su entrambi i punti sollevati dalla difesa.

Sul requisito di residenza

Il primo motivo è stato giudicato infondato. La Cassazione ha spiegato che, sebbene la Corte Costituzionale abbia effettivamente ridotto il requisito di residenza continuativa da dieci a cinque anni, ciò non cancella la natura illecita della falsa dichiarazione. Il reato sanziona chiunque renda dichiarazioni false al fine di ottenere indebitamente il beneficio. Nel caso specifico, l’imputata non solo non aveva risieduto in Italia per dieci anni, ma al momento della domanda non aveva completato neanche i cinque anni richiesti dalla nuova normativa. Di conseguenza, la sua dichiarazione era oggettivamente falsa e finalizzata a ottenere un sussidio che comunque non le spettava, rendendo la condotta penalmente rilevante.

Sulla genericità del motivo di ricorso

Il secondo motivo è stato dichiarato manifestamente infondato e inammissibile. La Corte ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata, secondo cui i motivi di ricorso per cassazione devono essere specifici e non possono cumulare in modo generico e confuso diverse tipologie di vizi di motivazione (come mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità). Un ricorso formulato in maniera così perplessa e promiscua non permette alla Corte di svolgere il proprio ruolo di giudice di legittimità e viene quindi rigettato senza un esame del merito.

Le Motivazioni della Cassazione

Le motivazioni della Suprema Corte ribadiscono due principi fondamentali. In primo luogo, l’antigiuridicità della condotta nelle false dichiarazioni reddito di cittadinanza non dipende dalla specifica durata del requisito di residenza (dieci o cinque anni), ma dalla non veridicità della dichiarazione resa per accedere a un beneficio non spettante. La modifica del requisito ad opera della Corte Costituzionale non ha depenalizzato la condotta, ma ha solo modificato uno dei parametri per l’accesso. Se il richiedente non soddisfa neppure il nuovo parametro ridotto, la falsità della sua attestazione rimane un fatto penalmente sanzionato.

In secondo luogo, la Corte sottolinea il rigore formale richiesto per l’impugnazione in sede di legittimità. Non è sufficiente lamentare genericamente una motivazione ‘illogica’, ma è onere del ricorrente indicare in modo puntuale e specifico quale parte del ragionamento del giudice di merito sia viziata e da quale specifico difetto (mancanza, contraddittorietà o illogicità manifesta), poiché tali vizi sono tra loro eterogenei e non sovrapponibili.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza offre un’importante lezione: la responsabilità penale per le false dichiarazioni finalizzate a ottenere il reddito di cittadinanza prescinde dalle modifiche normative sui requisiti, se la dichiarazione rimane oggettivamente falsa anche alla luce dei nuovi parametri. Chi attesta il falso per ottenere il sussidio commette reato. Inoltre, la pronuncia conferma che l’accesso alla giustizia di legittimità richiede un’elevata perizia tecnica: i ricorsi generici o formulati in modo impreciso sono destinati a essere dichiarati inammissibili, precludendo ogni possibilità di riesame della decisione.

Se il requisito di residenza per il reddito di cittadinanza viene ridotto da 10 a 5 anni, una precedente falsa dichiarazione sul possesso dei 10 anni è ancora reato?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il reato sussiste se la dichiarazione è oggettivamente falsa anche rispetto al nuovo requisito ridotto. Se il richiedente, al momento della domanda, non aveva neanche 5 anni di residenza, la sua dichiarazione mendace resta penalmente rilevante.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione contesta la motivazione della sentenza in modo generico?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Secondo la Corte, è necessario che il ricorrente specifichi in modo preciso quale parte della motivazione è viziata e identifichi il tipo esatto di vizio (mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità), senza mescolarli tra loro.

Come viene valutata dalla Cassazione un’eccezione sulla prova della responsabilità di una dichiarazione falsa?
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un’eccezione di questo tipo se formulata in modo generico e cumulativo. Il ricorrente ha l’onere di indicare in modo specifico e puntuale le ragioni per cui la motivazione della sentenza precedente sarebbe viziata. In assenza di tale specificità, il ricorso viene rigettato senza entrare nel merito della questione probatoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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