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False dichiarazioni: quando si consuma il reato?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per aver fornito false dichiarazioni sulla propria identità ai Carabinieri durante un controllo. La sentenza chiarisce che il reato si consuma nel momento in cui la falsa dichiarazione viene resa al pubblico ufficiale, rendendo irrilevante una successiva ritrattazione. L’imputato, già sottoposto a sorveglianza speciale, aveva affermato che le proprie generalità fossero quelle riportate sul certificato di assicurazione, appartenenti a un’altra persona. La Corte ha respinto anche i motivi relativi alla recidiva e alla mancata concessione delle attenuanti generiche, confermando la decisione dei giudici di merito.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

False Dichiarazioni: La Ritrattazione Non Salva dalla Condanna

Fornire false dichiarazioni a un pubblico ufficiale è un reato che si perfeziona all’istante, e una successiva correzione non è sufficiente a cancellarne la rilevanza penale. Questo è il principio cardine ribadito dalla Corte di Cassazione, Sezione Penale, in una recente sentenza che ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un uomo, già sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, veniva fermato per un controllo dai Carabinieri. Durante l’identificazione, non avendo con sé documenti validi, forniva oralmente generalità non sue, indicando quelle riportate sul certificato di assicurazione del veicolo che stava guidando, veicolo appartenente a un’altra persona. Inoltre, si scopriva che la sua patente di guida era stata revocata.

Per questi fatti, veniva condannato sia in primo grado che in appello per il reato di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale (art. 496 c.p.) e per la violazione delle prescrizioni della sorveglianza speciale. L’imputato decideva quindi di presentare ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e le false dichiarazioni

L’imputato basava il suo ricorso su tre argomentazioni principali:

1. Errore sulla Responsabilità Penale

Sosteneva che le sue false dichiarazioni fossero il risultato di un mero fraintendimento. A suo dire, non intendeva fornire le proprie generalità, ma quelle del proprietario del veicolo. In subordine, chiedeva che il reato venisse riqualificato come ‘tentato’, poiché aveva spontaneamente desistito dall’azione, fornendo infine i suoi dati corretti.

2. Errata Applicazione della Recidiva

Contestava l’applicazione dell’aggravante della recidiva, ritenendo che i giudici si fossero basati unicamente sul suo casellario giudiziale, senza valutare la sua effettiva e concreta pericolosità sociale.

3. Mancata Concessione delle Attenuanti Generiche

Lamentava il diniego delle attenuanti generiche, accusando la Corte d’Appello di essersi limitata a confermare la decisione del primo grado senza una valutazione autonoma.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato tutte le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile. La motivazione della Corte offre importanti chiarimenti su diversi principi giuridici.

Sul primo punto, i giudici hanno stabilito che l’argomento del fraintendimento era generico e infondato. La richiesta dei Carabinieri di fornire le generalità era stata chiara, soprattutto dopo aver constatato la mancanza di documenti di riconoscimento. Il reato di cui all’art. 496 c.p. è un delitto di pura condotta che si consuma nel momento esatto in cui la falsa dichiarazione giunge al pubblico ufficiale. Pertanto, l’eventuale successiva ritrattazione non ha alcun effetto sulla sussistenza del reato già perfezionato. Di conseguenza, è stata esclusa anche la possibilità di configurare un semplice tentativo.

Per quanto riguarda la recidiva e le attenuanti generiche, la Corte ha ricordato che la valutazione di questi elementi rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, se la motivazione è logica e non contraddittoria. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente giustificato sia l’applicazione della recidiva, basandosi sui numerosi precedenti penali come indice di una spiccata capacità a delinquere, sia il diniego delle attenuanti, data l’assenza di elementi positivi a favore dell’imputato.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro e severo in materia di false dichiarazioni. Il messaggio è inequivocabile: la sincerità e la correttezza nei rapporti con le autorità sono doveri inderogabili. Il reato si consuma con la bugia stessa e non sono ammessi ‘ripensamenti’ per evitarne le conseguenze penali. La decisione sottolinea inoltre come il passato criminale di un individuo possa pesare significativamente nelle valutazioni del giudice riguardo alla concessione di benefici come le attenuanti generiche, specialmente quando emerge un profilo di persistente inclinazione al delitto.

Quando si considera consumato il reato di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale?
Il reato si consuma nel momento esatto in cui la falsa dichiarazione viene resa e perviene al pubblico ufficiale. Non è necessario che l’ufficiale sia stato effettivamente indotto in errore.

Una successiva ritrattazione può escludere il reato di false dichiarazioni?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una volta che il reato è consumato con la dichiarazione mendace, l’eventuale successiva ritrattazione è irrilevante ai fini della sussistenza del reato stesso.

In base a quali criteri un giudice nega le attenuanti generiche?
Il giudice nega le attenuanti generiche basandosi su una valutazione complessiva della gravità dei fatti e della personalità dell’imputato, come delineata dall’art. 133 del codice penale. In questo caso, la Corte ha ritenuto decisiva l’assenza di elementi di segno positivo e i numerosi precedenti penali, considerati indice di pericolosità sociale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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