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False dichiarazioni patrocinio: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una cittadina condannata per false dichiarazioni nell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Il ricorso è stato ritenuto generico e assertivo, in quanto non contestava specificamente le motivazioni della Corte d’Appello, la quale aveva accertato l’omissione dei redditi dei familiari conviventi. La Suprema Corte ha ribadito che il reato si perfeziona con la sola dichiarazione mendace, a prescindere dall’effettivo ottenimento del beneficio.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

False dichiarazioni patrocinio: la Cassazione conferma la condanna

L’accesso alla giustizia è un diritto fondamentale, garantito anche a chi non dispone delle risorse economiche per sostenerne i costi. Tuttavia, l’istanza per il patrocinio a spese dello Stato richiede la massima trasparenza e veridicità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda le gravi conseguenze delle false dichiarazioni per il patrocinio, anche quando si tratta di semplici omissioni, e chiarisce perché un ricorso generico sia destinato all’insuccesso.

I fatti del caso

Una signora veniva condannata sia in primo che in secondo grado per il reato previsto dall’art. 95 del Testo Unico sulle spese di giustizia (d.P.R. 115/2002). La sua colpa era quella di aver presentato una domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato omettendo di dichiarare i redditi percepiti da altri due membri del suo nucleo familiare convivente.

La difesa dell’imputata ha tentato di ribaltare la decisione presentando ricorso in Cassazione, basato su due motivi principali:
1. Mancanza di motivazione da parte dei giudici d’appello sulla ritenuta responsabilità.
2. Violazione di legge e vizio di motivazione sulla qualificazione giuridica del fatto e sulla sussistenza della buona fede.

In sostanza, la ricorrente sosteneva che la sua responsabilità non fosse stata provata in modo “granitico” e che la sua condotta non fosse intenzionale.

La decisione della Corte di Cassazione sulle false dichiarazioni nel patrocinio

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito delle argomentazioni difensive, ma si è basata su un vizio procedurale fondamentale: la genericità e l’assertività dei motivi presentati. Secondo gli Ermellini, il ricorso non era altro che una riproposizione di argomentazioni già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza una critica puntuale e specifica delle motivazioni della sentenza impugnata.

La Corte ha inoltre condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato in modo chiaro e dettagliato perché il ricorso fosse destinato al fallimento. Le motivazioni della sentenza di appello erano state ritenute logiche, coerenti e complete. I giudici di merito avevano adeguatamente considerato tutti gli elementi di prova, inclusi gli accertamenti della Guardia di Finanza che confermavano la composizione del nucleo familiare e la necessità di includere i redditi di tutti i suoi componenti.

La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire alcuni principi giuridici fondamentali in materia di false dichiarazioni per il patrocinio:

1. Natura del reato: Si tratta di una figura speciale di falso ideologico commesso da privato in atto pubblico (art. 483 c.p.). È un reato di pura condotta, il che significa che si perfeziona con la semplice dichiarazione non veritiera o con l’omissione di informazioni dovute. Non è necessario che il richiedente ottenga effettivamente il beneficio economico; la sola presentazione della domanda mendace è sufficiente a integrare il reato.

2. Elemento soggettivo (Dolo): Per la condanna è sufficiente il dolo generico. Ciò significa che la persona deve essere consapevole di dichiarare il falso o di omettere informazioni, agendo contro il dovere giuridico di dire la verità. Non è richiesto un fine specifico, come quello di truffare lo Stato. Un eventuale errore sulla normativa, ad esempio su quali redditi debbano essere inclusi, è considerato un errore inescusabile sulla legge penale e non esclude la colpevolezza.

3. Ruolo della Cassazione: La Corte ha sottolineato che il suo ruolo non è quello di un “terzo giudice del fatto”. Non può riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, a meno che la motivazione di questi ultimi non sia manifestamente illogica, contraddittoria o inesistente, cosa che in questo caso non era.

Le conclusioni

Questa ordinanza è un monito importante sulla serietà con cui va compilata l’istanza per il gratuito patrocinio. Le omissioni, anche se parziali, possono avere conseguenze penali significative. La decisione sottolinea che la responsabilità di fornire informazioni complete e veritiere ricade interamente sul dichiarante. L’ignoranza o l’errore sulle norme che disciplinano i requisiti di reddito non sono considerate scusanti valide. Infine, viene ribadito un principio processuale cruciale: un ricorso in Cassazione, per avere speranza di successo, deve essere specifico e tecnico, attaccando puntualmente le falle logico-giuridiche della sentenza precedente, non limitandosi a riproporre le stesse difese già respinte.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando è privo di specificità, si limita a riproporre argomenti già respinti senza una critica puntuale della sentenza impugnata, è meramente assertivo o chiede alla Corte una nuova valutazione dei fatti, compito che non le spetta.

Per il reato di false dichiarazioni per il patrocinio a spese dello Stato è necessario aver ottenuto il beneficio?
No. Il reato è di ‘pura condotta’, quindi si perfeziona nel momento stesso in cui viene presentata la dichiarazione falsa o incompleta, indipendentemente dal fatto che il beneficio venga concesso o meno.

L’errore sui redditi da dichiarare per il patrocinio a spese dello Stato può escludere la colpevolezza?
No. Secondo la Corte, un errore sull’identificazione dei redditi da inserire nella dichiarazione costituisce un errore sulla legge penale, che come tale è inescusabile e non esclude il dolo, ovvero la consapevolezza di agire contro un dovere giuridico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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