Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32755 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32755 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME natqa COGNOME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/02/2025 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso avverso la sentenza in epigrafe deducendo con un primo motivo mancanza ed insufficiente motivazione in merito alla ritenuta responsabilità laddove ritiene “granitica” la raggiunta prova e lamentando un’omessa risposta alle deduzioni difensive; con un secondo motivo sì denunciano violazione di legge e vizio motivazionale in punto di qualificazione giuridica del fatto e di buona fede della ricorrente.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi dì specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto assertivi.
Gli stessi, in particolare, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata.
Si tratta, peraltro, di doglianze prive della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivaz dell’atto impugnato e che si palesano manifestamente infondate laddove si deducono difetto o contraddittorietà e/o palese illogicità della motivazione, che la lettura del provvedimento impugnato dimostra, invece, essere esistente e connotata da lineare e coerente logicità, conforme all’esauriente disamina dei dati probatori;
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità della prevenuto, ed in particolare (pagg. 2-3) della riferibilità dell’operata richiesta ai redditi dell’anno 2017, in relazione al qu del suo nucleo familiare, come accertato dalla Guardia di Finanza, facevano parte anche COGNOME NOME e COGNOME NOME i cui redditi dovevano essere presi in considerazione.
Il compendio delle sentenze di primo e secondo grado, da valutarsi come un tutt’uno trattandosi di doppia conforme affermazione di responsabilità, consente di ritenere pienamente motivata la responsabilità dell’imputata sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello soggettivo.
Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia la ricorrente, con argomentazioni peraltro in larga parte assolutamente generiche e prive di riferimenti
al caso specifico, chiede una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma un siffatto modo di procedere è inammissibile perché trasformerebbe questa Corte di legittimità nell’ennesimo giudice del fatto.
3. Il reato in questione – va ricordato – è figura speciale del delitto di falso ideologico commesso da privato in atto pubblico (art. 483 cod. pen.) e, come quello, ha natura di reato di pura condotta, sicché il relativo perfezionamento prescinde dal conseguimento di un eventuale ingiusto profitto che, anzi, qui costituisce un’aggravante. Consegue che il dolo del delitto in questione, essendo anch’esso costituito dalla volontà cosciente e non coartata di compiere il fatto e nella consapevolezza di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero, non può essere escluso nel caso di specie in cui è stato anche motivatamente escluso un errore sull’identificazione dei redditi da inserire nella dichiarazione.
In tema di patrocinio a spese dello Stato, le false indicazioni o le omissioni, anche parziali, che integrano l’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 95, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio, devono essere sorrette dal dolo generico, rigorosamente provato, che esclude la responsabilità per un difetto di controllo, di per sé integrante condotta colposa, e salva l’ipotesi del dolo eventuale (cfr. ex multis, Sez. 4, n. 37144 del 05/06/2019, boneili, Rv. 277129 – 01).
La sentenza impugnata, peraltro, si colloca nel solco del consolidato orientamento secondo cui la norma richiamata dall’art. 95 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 si configura quale legge extrapenale integratrice del precetto penale, trattandosi di regola posta al fine di individuare i dati necessari per la valutazione sia della sussistenza delle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato sia, preliminarmente, dell’ammissibilità della relativa istanza (cfr. ex multis Sez. 4, n. 1305 del 25/11/2014, dep. 2015, De Ros, Rv. 261774). E secondo cui deve essere considerato errore sulla legge penale, come tale inescusabile, sia quello che cade sulla struttura del reato, sia quello che incide su norme, nozioni e termini propri di altre branche del diritto, introdotte nella norma penale ad integrazione della fattispecie criminosa, dovendosi intendere per «legge diversa dalla legge penale>> ai sensi dell’art. 47 cod. pen. quella destinata in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non penale e non esplicitamente incorporata in una norma penale, o da questa non richiamata anche implicitamente (cfr. Sez. 4, n. 14011 del 12/02/2015, Bucca, Rv. 263013 che ha affermato che l’art. 76 d.lgs. n. 115 del 2002, che disciplina la materia del patrocinio a spese dello Stato ed è espressamente richiamato dalla norma incriminatrice di cui all’art. 95 stesso d.lgs., non costituisce legge extrapenale).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 17/09/2025