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False dichiarazioni patrocinio: inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per false dichiarazioni patrocinio a spese dello Stato. La Corte ha ribadito che il reato si perfeziona con la semplice presentazione dell’istanza contenente dati non veritieri sul reddito, indipendentemente dall’effettiva concessione del beneficio. I precedenti penali dell’imputato hanno inoltre impedito l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

False dichiarazioni patrocinio: la Cassazione conferma la condanna

L’ordinanza n. 9583/2024 della Corte di Cassazione affronta il tema delle false dichiarazioni patrocinio a spese dello Stato, un reato previsto per chi dichiara il falso al fine di ottenere assistenza legale gratuita. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino, confermando la condanna dei giudici di merito e fornendo importanti chiarimenti sui presupposti del reato e sui limiti per l’applicazione di cause di non punibilità.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di cui all’art. 95 del D.P.R. 115/2002. L’accusa era quella di aver presentato un’istanza per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato dichiarando di possedere un reddito inferiore ai limiti di legge, mentre in realtà il suo reddito familiare era superiore. Grazie a tale dichiarazione, aveva ottenuto il beneficio.

L’imputato decideva di ricorrere per Cassazione, lamentando tre vizi principali:
1. Errata configurabilità del reato: sosteneva che l’illecito non sussistesse.
2. Mancanza dell’elemento soggettivo (dolo): affermava di non aver agito con l’intenzione di commettere il reato, attribuendo l’errore a una non chiara ricostruzione del reddito.
3. Mancata esclusione della punibilità: riteneva che dovesse essere applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis del codice di procedura penale.

L’inammissibilità del ricorso per false dichiarazioni patrocinio

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. Gli Ermellini hanno sottolineato come i motivi del ricorso non fossero altro che una riproposizione delle stesse questioni già esaminate e respinte con motivazione logica e coerente dalla Corte d’Appello. La giurisprudenza consolidata della Suprema Corte, infatti, considera inammissibili i ricorsi che si limitano a ripetere argomenti già discussi, senza confrontarsi specificamente con le ragioni della decisione impugnata.

Le motivazioni

La Corte ha smontato punto per punto le doglianze del ricorrente, basandosi su principi giuridici ormai consolidati.

Sulla configurabilità del reato: I giudici di legittimità hanno ribadito un principio fondamentale: il reato di false dichiarazioni per l’ammissione al patrocinio si perfeziona nel momento stesso in cui viene presentata l’istanza contenente la dichiarazione non veritiera. È sufficiente la sottoscrizione del documento in cui si attesta di avere un reddito inferiore alla soglia di legge per integrare la fattispecie criminosa. La circostanza che non fosse stata allegata la documentazione ISEE, come sostenuto dalla difesa, è stata ritenuta irrilevante, poiché la dichiarazione mendace era già di per sé sufficiente per ottenere il beneficio.

Sull’elemento soggettivo: La Corte ha considerato ineccepibile la valutazione dei giudici di merito riguardo alla sussistenza del dolo. Il reddito del nucleo familiare proveniva da lavoro dipendente ed era facilmente desumibile dalla documentazione ufficiale (CUD). Non si trattava di una complessa ricostruzione reddituale che potesse giustificare un errore. Inoltre, non è emerso che il commercialista, sentito come testimone, avesse il compito di determinare l’esatto ammontare dei redditi o che avesse indotto in errore l’imputato. La Corte ha anche specificato che, per questo reato, può essere sufficiente anche il cosiddetto “dolo eventuale”, ovvero la consapevole accettazione del rischio che la propria dichiarazione non sia veritiera.

Sull’applicazione dell’art. 131 bis c.p.p.: Infine, la richiesta di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata respinta a causa dei due precedenti penali a carico del ricorrente. La presenza di tali precedenti è stata considerata un elemento ostativo che impedisce il riconoscimento di questo speciale beneficio.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione conferma la linea dura contro le false dichiarazioni patrocinio. La decisione stabilisce che la responsabilità penale sorge con la sola presentazione di un’istanza mendace, senza che sia necessario un complesso accertamento sulla volontà dell’agente quando i dati reddituali sono di facile reperibilità. Inoltre, viene riaffermato che i precedenti penali costituiscono un ostacolo insormontabile per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La pronuncia si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle Ammende, a conferma della gravità attribuita a condotte che minano l’accesso a un importante istituto di garanzia come il patrocinio a spese dello Stato.

Quando si configura il reato di false dichiarazioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato?
Il reato si configura con la semplice presentazione dell’istanza sottoscritta in cui si dichiara di avere un reddito inferiore ai limiti di legge, essendo tale dichiarazione sufficiente per la concessione del beneficio.

La consulenza di un commercialista può escludere il dolo in caso di dichiarazione errata?
No, secondo la Corte, non se non emerge che il commercialista fosse stato specificamente incaricato di determinare l’esatto ammontare dei redditi e avesse indotto in errore il dichiarante. La facile reperibilità dei dati reddituali, come quelli da lavoro dipendente (CUD), rende difficile sostenere la mancanza di dolo.

È possibile ottenere l’assoluzione per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis) se si hanno precedenti penali?
No, la sentenza chiarisce che la presenza di precedenti penali a carico dell’imputato costituisce un elemento ostativo che impedisce l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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