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False dichiarazioni: la ritrattazione non cancella il reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per false dichiarazioni sulla propria identità. La Corte ha ribadito che il reato si consuma istantaneamente al momento della dichiarazione mendace, rendendo irrilevante qualsiasi successiva ritrattazione ai fini della sussistenza del reato stesso.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

False Dichiarazioni: la Cassazione Conferma che la Ritrattazione Non Salva

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di false dichiarazioni: il reato si perfeziona nel momento stesso in cui vengono rese, e una successiva correzione non è sufficiente a cancellarlo. Questa decisione offre spunti importanti sulla natura dei reati istantanei e sui limiti della difesa basata sulla ritrattazione o sulla presunta desistenza volontaria.

I Fatti del Caso: una Dichiarazione Mendace e il Successivo Ripensamento

Il caso ha origine da una condanna per il reato di false dichiarazioni sulla propria identità, previsto dall’articolo 496 del codice penale. Un individuo, interpellato da un’autorità, forniva generalità non veritiere. Solo in un secondo momento, lo stesso soggetto comunicava i dati corretti. Sia in primo grado che in appello, i giudici avevano ritenuto l’imputato colpevole, confermando la condanna. L’imputato, tramite il suo difensore, ha quindi proposto ricorso per Cassazione, sostenendo l’insussistenza del reato.

Il Motivo del Ricorso: False Dichiarazioni e Desistenza Volontaria

La difesa ha incentrato il ricorso su un unico motivo: la violazione di legge riguardo alla configurabilità del reato. La tesi difensiva suggeriva, in sostanza, che la successiva comunicazione delle generalità corrette dovesse essere interpretata come una forma di desistenza volontaria o, comunque, come un atto capace di rendere penalmente irrilevante la condotta precedente. Secondo questa visione, la volontà di correggere l’errore avrebbe dovuto escludere la punibilità.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto categoricamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno chiarito, richiamando la consolidata giurisprudenza, che il reato di false dichiarazioni è un reato istantaneo. Ciò significa che la sua consumazione avviene nel preciso istante in cui la falsa dichiarazione viene resa all’autorità competente.

Nel momento in cui l’imputato ha comunicato le generalità errate, tutti gli elementi costitutivi del reato, sia oggettivi che soggettivi, si sono perfettamente integrati. La condotta criminosa si era, in quel preciso momento, già conclusa.

Di conseguenza, la successiva ritrattazione, ovvero la comunicazione dei dati corretti, è un evento che si colloca in un momento in cui il reato si era già perfezionato. Tale correzione, hanno spiegato i giudici, è del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del reato. Allo stesso modo, non è possibile parlare di desistenza volontaria, poiché questa presuppone l’interruzione di un’azione criminosa non ancora giunta a compimento. In questo caso, invece, il reato era già stato interamente commesso.

Le Conclusioni: Quando è Troppo Tardi per Correggersi

L’ordinanza in esame conferma un principio granitico: nel reato di false dichiarazioni, non c’è spazio per ‘ripensamenti’ con efficacia liberatoria. La legge tutela l’interesse alla veridicità delle dichiarazioni rese a determinate figure istituzionali, e la lesione di questo interesse si concretizza istantaneamente. La decisione della Cassazione, dichiarando inammissibile il ricorso, ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro. Questa pronuncia serve da monito: la tempestività e la veridicità nelle comunicazioni con le autorità non ammettono seconde occasioni.

In caso di false dichiarazioni sull’identità, se mi correggo subito dopo, commetto comunque reato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il reato di false dichiarazioni si perfeziona nel momento esatto in cui la dichiarazione non veritiera viene resa. Una successiva correzione (ritrattazione) non elimina il reato, che si è già consumato.

La ‘desistenza volontaria’ si può applicare al reato di false dichiarazioni?
No. La sentenza chiarisce che la desistenza volontaria non è configurabile quando il reato si è già concluso. Poiché il reato di false dichiarazioni è istantaneo, una volta pronunciata la falsità, non è più possibile ‘desistere’ da qualcosa che è già stato compiuto.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato ‘inammissibile’ per manifesta infondatezza?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come in questo caso la somma di tremila euro da versare alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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