False Dichiarazioni per Benefici: l’Ignoranza della Legge non Scusa
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di false dichiarazioni rese per ottenere il reddito di cittadinanza, ribadendo principi fondamentali sia del diritto processuale che penale sostanziale. La pronuncia sottolinea come l’errore sui requisiti di legge non possa costituire una scusante per chi rende dichiarazioni non veritiere e come i motivi di ricorso debbano essere correttamente proposti nei gradi di merito per poter essere esaminati in sede di legittimità.
I Fatti del Caso
Il ricorrente si era rivolto alla Suprema Corte per contestare la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per aver reso false dichiarazioni al fine di ottenere il reddito di cittadinanza. La difesa sosteneva, in sostanza, un errore o un’ignoranza circa l’effettiva sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge per accedere al beneficio.
La Novità del Motivo: Un Errore Procedurale Fatale
Il primo ostacolo insormontabile per il ricorrente è stato di natura procedurale. La Cassazione ha rilevato che il motivo di ricorso non era mai stato presentato nel precedente grado di giudizio, ossia in appello. La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che non si possano introdurre per la prima volta in Cassazione questioni che non sono state oggetto del dibattito in appello. Questo principio garantisce il corretto svolgimento dei processi, evitando che la Corte di Cassazione, giudice di legittimità e non di merito, debba esaminare questioni completamente nuove. La mancata contestazione del riepilogo dei motivi d’appello contenuto nella sentenza impugnata ha reso, di fatto, il motivo tardivo e, quindi, inammissibile.
Le False Dichiarazioni e l’Errore sulla Legge Penale
Anche superando il profilo procedurale, il ricorso non avrebbe avuto sorte migliore. La Corte ha chiarito che l’ignoranza o l’errore circa i requisiti necessari per ottenere un beneficio pubblico, come il reddito di cittadinanza, si configura come un errore sulla legge penale. La normativa che disciplina il beneficio, infatti, integra il precetto penale che punisce le false dichiarazioni (art. 7 del d.l. 4/2019).
Secondo l’articolo 5 del codice penale, l’ignoranza della legge penale non scusa, salvo che si tratti di ignoranza inevitabile. Nel caso di specie, la Corte ha escluso tale inevitabilità, non ritenendo la normativa sul reddito di cittadinanza così oscura o complessa da giustificare un errore da parte del cittadino.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si articolano su un doppio binario. In primo luogo, viene sancita l’inammissibilità per la novità del motivo di ricorso, un vizio procedurale che preclude l’esame nel merito. In secondo luogo, la Corte entra nel cuore della questione giuridica per affermare che l’argomentazione difensiva era comunque infondata. L’errore sulla sussistenza del diritto a percepire il beneficio è un errore di diritto che non esclude il dolo, cioè la volontà cosciente di rendere una dichiarazione non veritiera. La Suprema Corte ha anche ricordato un principio generale: il rigetto di argomentazioni giuridiche infondate non costituisce un vizio di motivazione della sentenza. Se le argomentazioni sono corrette, il loro rigetto può dar luogo a una violazione di legge; se sono errate, come in questo caso, il loro rigetto è corretto e non vizia in alcun modo la pronuncia. La Corte può inoltre, ai sensi dell’art. 619 c.p.p., correggere la motivazione se la decisione finale è comunque giuridicamente corretta.
Conclusioni
La decisione si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro. Questa ordinanza rafforza due messaggi importanti. Dal punto di vista processuale, evidenzia la necessità di articolare tutte le censure nei gradi di merito, poiché il giudizio di Cassazione non è una terza istanza per riesaminare i fatti. Dal punto di vista sostanziale, ribadisce la responsabilità individuale nel momento in cui si presentano dichiarazioni alla pubblica amministrazione: l’onere di informarsi correttamente sui requisiti di legge ricade sul dichiarante, e l’eventuale errore non può, di norma, fungere da scudo contro le conseguenze penali di una dichiarazione mendace.
È possibile presentare un motivo di ricorso in Cassazione per la prima volta, se non è stato sollevato in appello?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che un motivo di ricorso non sollevato nel precedente grado di giudizio è considerato nuovo e, pertanto, inammissibile. Le questioni devono essere dibattute nei gradi di merito.
Affermare di non conoscere i requisiti per un beneficio pubblico può escludere la responsabilità penale per false dichiarazioni?
No. La Suprema Corte ha chiarito che l’ignoranza o l’errore sui requisiti normativi per un beneficio si risolve in un errore sulla legge penale. Ai sensi dell’art. 5 del codice penale, tale errore non esclude il dolo e, di conseguenza, la responsabilità penale.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso per Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, come nel caso di specie dove la sanzione è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13063 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13063 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a NAPOLI il 01/04/1969
avverso la sentenza del 25/09/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il ricorso di NOME è inammissibile.
Innanzitutto per la novità del motivo che non compare nel riepilogo delle ci msure riportato in sentenza (pagg. 2 e 3) e non risulta contestato, a fronte (le noto principio per cui sussiste un onere di specifica contestazione del riepiloqo dei motivi di appello, contenuto nella sentenza impugnata, allorquando si rite -ria che non sia stata menzionata la medesima questione come già proposta in :s2cle di gravame; in mancanza della predetta contestazione, il motivo deve pertanto ritenersi proposto per la prima volta in cassazione, e quindi tardivo (cfr. in tal senso, con riferimento alla omessa contestazione del riepilogo dei rr oi ivi di gravame, Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017 Ud. (dep. 28/06/2017 ) Rv. 2n627 01 COGNOME). Inoltre si solleva una questione di diritto rispetto alla quale ca una parte, come noto, si è precisato che in tema di false dichiarazioni fina izzate all’ottenimento del reddito di cittadinanza, l’ignoranza o l’errore circa la susE;ktenza del diritto a percepirne l’erogazione, in difetto dei requisiti a tal fine richiesti dall 2 d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, in legge 28 marzo 2019, n. 26, si risolve in un errore su legge penale, che non esclude la sussister’ za del dolo ex art. 5 cod. pen., in quanto l’anzidetta disposizione integra il precetto penale di cui all’art. 7 del citato d.l. (In motivazione, la Corte ha aggiunto che non ricorre neanche un caso di inevitabilità dell’ignoranza della legge penale, non presi tando la normativa in tema di concessione del reddito di cittadinanza connotati di eri Dticità tali da far ritenere l’oscurità del precetto). (Sez. 2, n. 23265 del 07/05/21.4, El, Rv. 286413 – 01); dall’altra, anche a volere trascurare il primo rilevo di inammissibilità, opera il principio per cui non sussiste vizio di motivazione nc.,uardo ad argomentazioni giuridiche delle parti. Queste ultime infatti, come ha più volte sottolineato la Suprema Corte, o sono fondate e allora il fatto che il giudice le abbia disattese (motivatamente o meno) dà luogo al diverso motivo di censura costituito dalla violazione di legge; o sono infondate, come nel caso di specie, e allora che il giudice le abbia disattese non può dar luogo ad alcun vizio di legittimità’ della pronuncia giudiziale, avuto anche riguardo al disposto di cui all’art. 619 cornma 1 cod. proc. pen. che consente di correggere, ove necessario, la motivazione q Jando la decisione in diritto sia comunque corretta (cfr. in tal senso Sez. 1, n. 49237 del 22/09/2016 Rv. 271451 – 01 NOME. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tenuto conto che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissitili?, condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende, non potendosi escludere 1: n i· )fili di colpa nella proposizione del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende!.
Così deciso in Roma il 14.3.2025.