Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12014 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12014 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a LATINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/07/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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OSSERVA
1.Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma che ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale il ricorrente, all’esito di rito abbreviato, era stato ritenuto responsabile dei reati di resistenza a pubblico ufficiale e falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri;
2.Considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si denunzia violazione di legge in ordine alla sussistenza degli elementi tipici del reato di cui all’art. 337 cod. pen. è inammissibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710-01); la Corte d’appello ha dato adeguata spiegazione della dinamica dei fatti, collegandola correttamente al reato di cui all’art. 337 cod. pen.
3.Considerato che il secondo motivo di ricorso (con il quale il ricorrente lamenta la violazione di legge in ordine alla negata applicazione della disciplina del tentativo in relazione al delitto di cui all’art. 495 cod. pen.), ed il terzo motivo di ricorso (con quale il ricorrente denunzia violazione di legge in ordine alla contestazione della fattispecie di cui all’art. 495 cod. pen. in luogo di quella più favorevole prevista dall’art. 496 cod. pen.), oltre ad essere manifestamente infondati in quanto prospettano enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità, sono altresì inammissibili perché generici, fondati su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello. La Corte territoriale ha spiegato che il reato ex art. 495 cod. pen. è istantaneo e si consuma nel momento in cui è resa la falsa dichiarazione. Inoltre, specificamente, la giurisprudenza di legittimità dominante ritiene che integra il reato di cui all’art. 495 cod. pen., la condotta di colui che, privo di documenti di identificazione, fornisca ai carabinieri, nel corso di un controllo stradale, false dichiarazioni sulla propria identità, considerato che dette dichiarazioni – in assenza di altri mezzi di identificazione rivestono carattere di attestazione preordinata a garantire al pubblico ufficiale le proprie qualità personali, e, quindi, ove mendaci, ad integrare la falsa attestazione che costituisce l’elemento distintivo del reato di cui all’art. 495 cod. pen., nel testo modificato dalla legge n. 125 del 2008, rispetto all’ipotesi di reato di cui all’art. 496 cod. pen.
Rilevato che il quarto motivo di ricorso, con il quale il ricorrente censura il vizio motivazionale in ordine alla mancata concessione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen., nonché il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, oltre ad essere anch’esso
reiterativo di censure già motivatamente disattesi dalla Corte di appello è inammissibile perché manifestamente infondato. Secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione alla concessione delle circostanze di cui all’art. 62 -bis cod. pen. rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen; che analoghe considerazioni valgono in ordine all’art. 131-bis cod. pen. ai fini della cui applicabilità il giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato c riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647-01). La corte territoriale ha chiaramente motivato sulle ragioni del rigetto delle istanze difensive, con argomenti logici e coerenti, sottratti quindi al sindacato di legittimità;
4.Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 07 febbraio 2024.