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False dichiarazioni: Cassazione e onere della prova

Un’ordinanza della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per false dichiarazioni a pubblico ufficiale. L’uomo aveva falsamente attestato di essere coniugato. La Corte ha ritenuto il ricorso generico e manifestamente infondato, sottolineando che la consapevolezza di dichiarare il falso in un atto ufficiale è sufficiente per configurare il reato, senza necessità di ulteriori prove sull’intenzionalità.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

False Dichiarazioni a Pubblico Ufficiale: Quando il Ricorso è Inammissibile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito importanti principi in materia di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale, reato previsto dall’art. 495 del Codice Penale. La decisione sottolinea i requisiti di ammissibilità dei ricorsi per cassazione e chiarisce l’elemento soggettivo del reato, confermando che la semplice consapevolezza di dichiarare il falso è sufficiente per la condanna. Analizziamo nel dettaglio questa pronuncia per comprenderne la portata pratica.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un uomo, confermata in appello, per il reato di false attestazioni a un pubblico ufficiale. Nello specifico, l’imputato aveva dichiarato in una richiesta ufficiale che una determinata donna era sua moglie, pur sapendo che tale affermazione non corrispondeva al vero. Altri capi d’imputazione erano stati dichiarati estinti per prescrizione. L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione. Secondo la sua difesa, non vi era prova che si fosse dolosamente attribuito la qualità di coniuge, sostenendo che i suoi motivi di ricorso non fossero generici.

L’Analisi della Cassazione e le False Dichiarazioni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la propria decisione su due pilastri fondamentali. In primo luogo, i motivi del ricorso sono stati giudicati generici e privi dei requisiti specifici richiesti dall’articolo 581, comma 1, lettera c) del Codice di Procedura Penale. La norma impone al ricorrente di indicare con precisione gli elementi che fondano la sua censura, cosa che nel caso di specie non è avvenuta. In secondo luogo, il ricorso mirava a una rivalutazione delle fonti probatorie, un’attività preclusa al giudice di legittimità. La Corte di Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Decisione

Entrando nel cuore della questione, la Corte ha definito i motivi del ricorso come ‘manifestamente infondati’. La motivazione della sentenza d’appello è stata considerata logicamente corretta e completa. Per i giudici, il reato di false dichiarazioni si perfeziona con la consapevolezza e la volontà di rendere un’attestazione non veritiera. Nel momento in cui l’imputato ha affermato in una richiesta ufficiale che la donna era sua moglie, era necessariamente consapevole che ciò non corrispondeva alla realtà. Di conseguenza, stava scientemente dichiarando il falso. Questa consapevolezza è sufficiente a integrare il dolo richiesto dalla norma, senza che sia necessario dimostrare ulteriori finalità o un ‘dolo specifico’. L’atto di attestare il falso, sapendo che non è vero, esaurisce l’elemento soggettivo del reato.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti spunti di riflessione. Sul piano processuale, ribadisce la necessità di formulare ricorsi per cassazione specifici, dettagliati e giuridicamente fondati, evitando di trasformare l’impugnazione in un tentativo di riesaminare i fatti. Sul piano sostanziale, consolida l’interpretazione sull’elemento psicologico del reato di cui all’art. 495 c.p.: la prova del dolo nelle false dichiarazioni risiede nella coscienza e volontà dell’agente di rendere un’affermazione difforme dal vero a un pubblico ufficiale, senza che sia richiesta la prova di un movente ulteriore. La decisione finale è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
La Corte di Cassazione lo ha ritenuto inammissibile perché i motivi erano generici, non indicavano specificamente gli elementi a sostegno della censura e miravano a una rilettura delle prove, attività non consentita nel giudizio di legittimità. Inoltre, i motivi sono stati giudicati manifestamente infondati.

Cosa è sufficiente per provare il reato di false dichiarazioni secondo questa ordinanza?
È sufficiente la consapevolezza dell’agente di dichiarare a un pubblico ufficiale, in un atto ufficiale, una qualità o uno stato personale non veritiero. Nel caso specifico, affermare che una donna fosse sua moglie, sapendo che non lo era, ha integrato pienamente l’intento richiesto dal reato (dolo).

Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso penale viene dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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