False Dichiarazioni a Pubblico Ufficiale: Quando il Ricorso è Inammissibile
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito importanti principi in materia di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale, reato previsto dall’art. 495 del Codice Penale. La decisione sottolinea i requisiti di ammissibilità dei ricorsi per cassazione e chiarisce l’elemento soggettivo del reato, confermando che la semplice consapevolezza di dichiarare il falso è sufficiente per la condanna. Analizziamo nel dettaglio questa pronuncia per comprenderne la portata pratica.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dalla condanna di un uomo, confermata in appello, per il reato di false attestazioni a un pubblico ufficiale. Nello specifico, l’imputato aveva dichiarato in una richiesta ufficiale che una determinata donna era sua moglie, pur sapendo che tale affermazione non corrispondeva al vero. Altri capi d’imputazione erano stati dichiarati estinti per prescrizione. L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione. Secondo la sua difesa, non vi era prova che si fosse dolosamente attribuito la qualità di coniuge, sostenendo che i suoi motivi di ricorso non fossero generici.
L’Analisi della Cassazione e le False Dichiarazioni
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la propria decisione su due pilastri fondamentali. In primo luogo, i motivi del ricorso sono stati giudicati generici e privi dei requisiti specifici richiesti dall’articolo 581, comma 1, lettera c) del Codice di Procedura Penale. La norma impone al ricorrente di indicare con precisione gli elementi che fondano la sua censura, cosa che nel caso di specie non è avvenuta. In secondo luogo, il ricorso mirava a una rivalutazione delle fonti probatorie, un’attività preclusa al giudice di legittimità. La Corte di Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.
Le Motivazioni della Decisione
Entrando nel cuore della questione, la Corte ha definito i motivi del ricorso come ‘manifestamente infondati’. La motivazione della sentenza d’appello è stata considerata logicamente corretta e completa. Per i giudici, il reato di false dichiarazioni si perfeziona con la consapevolezza e la volontà di rendere un’attestazione non veritiera. Nel momento in cui l’imputato ha affermato in una richiesta ufficiale che la donna era sua moglie, era necessariamente consapevole che ciò non corrispondeva alla realtà. Di conseguenza, stava scientemente dichiarando il falso. Questa consapevolezza è sufficiente a integrare il dolo richiesto dalla norma, senza che sia necessario dimostrare ulteriori finalità o un ‘dolo specifico’. L’atto di attestare il falso, sapendo che non è vero, esaurisce l’elemento soggettivo del reato.
Conclusioni
L’ordinanza in esame offre due importanti spunti di riflessione. Sul piano processuale, ribadisce la necessità di formulare ricorsi per cassazione specifici, dettagliati e giuridicamente fondati, evitando di trasformare l’impugnazione in un tentativo di riesaminare i fatti. Sul piano sostanziale, consolida l’interpretazione sull’elemento psicologico del reato di cui all’art. 495 c.p.: la prova del dolo nelle false dichiarazioni risiede nella coscienza e volontà dell’agente di rendere un’affermazione difforme dal vero a un pubblico ufficiale, senza che sia richiesta la prova di un movente ulteriore. La decisione finale è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
La Corte di Cassazione lo ha ritenuto inammissibile perché i motivi erano generici, non indicavano specificamente gli elementi a sostegno della censura e miravano a una rilettura delle prove, attività non consentita nel giudizio di legittimità. Inoltre, i motivi sono stati giudicati manifestamente infondati.
Cosa è sufficiente per provare il reato di false dichiarazioni secondo questa ordinanza?
È sufficiente la consapevolezza dell’agente di dichiarare a un pubblico ufficiale, in un atto ufficiale, una qualità o uno stato personale non veritiero. Nel caso specifico, affermare che una donna fosse sua moglie, sapendo che non lo era, ha integrato pienamente l’intento richiesto dal reato (dolo).
Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso penale viene dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45681 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45681 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 23/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CASTELVETRANO il 14/08/1962
avverso la sentenza del 30/01/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME Nicola ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma, che, dichiarando di non doversi procedere per i reati di cui ai capi A e B (limitatamente all’episodio del 13.03.2015) perché estinti per intervenuta prescrizione, ha confermato nel resto la sentenza di primo grado, con la quale l’imputato era stato ritenuto responsabile anche del delitto di cui all’art. 495 cod. pen. in ordine all’episodio del 30.01.2017;
Considerato che il primo ed il secondo motivo di ricorso, con i quali il ricorrente denunzia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in ordine alla affermazione di responsabilità, lamentando che non vi è prova che lo stesso si fosse dolosamente attribuito la qualità di coniuge della Sig.ra COGNOME oltre ad essere generici, perché privi dei requisiti prescritti dall’art. 58 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., in quanto – a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta – non indicano gli elementi che sono alla base della censura formulata, ed altresì in quanto sono volti a prefigurare una rivalutazione o una rilettura alternativa delle fonti probatorie, come tale estranea al sindacato di legittimità; detti motivi sono inoltre manifestamente infondati, atteso che il ricorrente, affermando in una richiesta ufficiale che la donna era sua moglie, era necessariamente consapevole che ciò non corrispondeva al verso e che pertanto stava dichiarando il falso;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 23 ottobre 2024