LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

False dichiarazioni a pubblico ufficiale: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 12410/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un automobilista condannato per false dichiarazioni a pubblico ufficiale. Fornire generalità non veritiere durante un controllo stradale, in assenza di documenti, integra il reato di cui all’art. 495 c.p., poiché tali dichiarazioni costituiscono un’attestazione preordinata a garantire le proprie qualità personali all’agente.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

False Dichiarazioni a Pubblico Ufficiale: la Cassazione Conferma la Condanna

Fermati per un controllo stradale e senza documenti, cosa fare? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 12410/2024) chiarisce le gravi conseguenze del fornire false dichiarazioni a pubblico ufficiale in tale circostanza. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: mentire sulla propria identità agli agenti integra il reato previsto dall’art. 495 del codice penale, e non una violazione minore. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni dei giudici.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso presentato da un automobilista, condannato in primo grado e in appello per il reato di false attestazioni a un pubblico ufficiale. Durante un normale controllo di polizia stradale, l’uomo, sprovvisto di documenti di identificazione, aveva fornito agli agenti operanti delle generalità false. Tali dichiarazioni mendaci erano state poi inserite nel “verbale di accompagnamento” redatto dalle forze dell’ordine.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la sua condotta non integrasse il più grave reato contestato (art. 495 c.p.), ma eventualmente altre fattispecie meno gravi, e che la motivazione della Corte d’Appello fosse viziata.

L’Analisi della Corte e le False Dichiarazioni a Pubblico Ufficiale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno colto l’occasione per riaffermare alcuni punti fermi della giurisprudenza in materia di false dichiarazioni a pubblico ufficiale.

La Differenza tra Art. 495 e Art. 496 c.p.

Il punto centrale della difesa verteva sulla corretta qualificazione giuridica del fatto. La Corte ha chiarito che la condotta di chi, privo di documenti, fornisce verbalmente false generalità a un pubblico ufficiale durante un controllo, integra pienamente il reato di cui all’art. 495 c.p. (Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri).

Questo perché, in assenza di altri mezzi di identificazione, le dichiarazioni verbali assumono il valore di un’attestazione preordinata a garantire al pubblico ufficiale le proprie qualità personali. Se mendaci, queste dichiarazioni costituiscono l’elemento distintivo del reato previsto dall’art. 495 c.p., come modificato dalla legge n. 125 del 2008.

L’Irrilevanza dell’Art. 192 del Codice della Strada

L’imputato aveva anche invocato l’art. 192 del Codice della Strada, che impone ai conducenti di esibire i documenti di circolazione e la patente. La Corte ha smontato questa argomentazione, spiegando che tale norma si limita a disciplinare gli obblighi relativi ai documenti per la circolazione stradale, ma non ha alcun effetto sulla portata dell’art. 495 del codice penale. Quest’ultimo, infatti, non sanziona la mancanza di documenti, bensì la falsità personale dichiarata a un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile non solo per l’infondatezza nel merito, ma anche per un vizio di metodo. L’imputato, infatti, si era limitato a reiterare le stesse doglianze già presentate in appello, senza confrontarsi criticamente con le specifiche e puntuali motivazioni con cui la Corte d’Appello le aveva respinte. La sentenza impugnata aveva chiaramente spiegato come, sulla base della testimonianza di un agente, le false generalità fossero state formalizzate in un “verbale di accompagnamento”, un atto pubblico a tutti gli effetti.

La manifesta infondatezza del ricorso, al limite della temerarietà, ha portato la Corte a non limitarsi a condannare il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In applicazione dell’art. 616 c.p.p., e ravvisando una colpa nell’aver presentato un’impugnazione palesemente destinata al fallimento, i giudici hanno anche disposto la condanna al pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro e severo: mentire sulla propria identità a un pubblico ufficiale è un reato. La sentenza sottolinea che la veridicità delle dichiarazioni rese a un agente durante un controllo è un bene giuridico tutelato penalmente. Non si tratta di una semplice infrazione amministrativa, ma di una condotta che lede la fede pubblica e l’affidabilità degli atti formati dai pubblici ufficiali. Questa decisione funge da monito sull’importanza della lealtà e della correttezza nei rapporti con le autorità e sulle pesanti conseguenze, sia penali che economiche, che possono derivare da un comportamento contrario, incluso l’abuso dello strumento processuale del ricorso in Cassazione.

Fornire false generalità a un poliziotto durante un controllo stradale costituisce reato?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la condotta di chi, privo di documenti, fornisce verbalmente false dichiarazioni sulla propria identità a un pubblico ufficiale integra il reato di cui all’art. 495 del codice penale (Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale).

Perché in questo caso non si applica una sanzione meno grave o una semplice violazione del Codice della Strada?
Perché l’art. 495 c.p. sanziona specificamente la falsità personale attestata a un pubblico ufficiale. Le norme del Codice della Strada, come l’art. 192, riguardano l’obbligo di avere con sé i documenti di guida e circolazione, ma non escludono né limitano l’applicazione del codice penale quando una persona mente sulla propria identità.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso per manifesta infondatezza?
Comporta non solo la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma anche, qualora si ravvisi una colpa nella presentazione del ricorso, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende a titolo sanzionatorio per l’uso improprio dello strumento processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati