Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 31861 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 31861 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a VALLEFOGLIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/09/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
udite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza al vaglio odierno di questa Corte è stata pronunziata il 29 settembre 2023 dalla Corte di appello di Ancona, che ha riformato in punto di trattamento sanzioNOMErio la condanna inflitta a NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 2621 cod. civ., commesso in relazione al bilancio di esercizio della società “RAGIONE_SOCIALE” al 31 dicembre 2014, approvato il 30 marzo 2017. La falsità consisterebbe nell’avere indicato, nel bilancio di esercizio della società al 31 dicembre 2014, approvato il 30 marzo 2017, fatti materiali rilevanti non
rispondenti al vero, nella specie, un inesistente “credito verso coogaranti” di 1 milione di euro, che determinava la falsa apparenza di una perdita di esercizio di soli 24.000 euro.
Avverso detta decisione ricorre l’imputato a mezzo del difensore di fiducia, che ha affidato le proprie doglianze a due motivi.
2.1. Il primo motivo di ricorso denunzia violazione di legge e vizio di motivazione e richiama gli artt. 420-ter, comma 5, e 178, comma 1, cod. proc. pen.
La doglianza si riferisce al mancato accoglimento dell’istanza di rinvio per concomitante impegno professionale avanzata dalla difesa del prevenuto per l’udienza del 29 settembre 2023, ancorché la richiesta rispettasse tutti i dettami di cui alla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 4909 del 18 dicembre 2014. In particolare: 1) era documentato un concomitante impegno professionale, 2) era spiegato che, in entrambi i processi, non vi era codifensore e che non era possibile avvalersi di sostituti, 3) era spiegata la ragione per cui era stata data prevalenza al procedimento dinanzi al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Forlì (in ragione della gravità delle imputazioni, estorsione aggravata e art. 73, comma 5 d.P.R. 309 del 1990), 4) l’istanza di rinvio era stata inviata alla Corte di appello di Ancona quattordici giorni prima della data dell’udienza.
Il ricorrente contesta, quindi, il rilievo attribuito dalla Corte territoriale a dato della priorità cronologica della comunicazione dell’impegno avanti a quell’organo rispetto a quello davanti al Giudice dell’udienza preliminare di Forlì perché, in entrambi i casi, si trattava di prime udienze, di cui il difensore non poteva che prendere atto, richiedendo, poi, in uno dei due, il rinvio.
Il secondo appunto alla decisione avversata riguarda la ritenuta, pari rilevanza degli impegni, mentre, nell’operare la scelta e dato che in entrambi i processi era prevista la discussione, il difensore aveva dato priorità alla maggiore gravità dei reati oggetto del procedimento dinanzi al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Forlì.
2.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di penale responsabilità.
Il ricorrente trascrive sia un’ampia porzione dell’atto di appello, sia la motivazione della Corte di appello, osservando, poi, che la prova era stata tratta dal ricorso per sequestro conservativo prodotto all’Agenzia delle Entrate dal contribuente per giustificare l’accantonamento della somma di 1 milione di euro nel capitolo “fondo rischi” del bilancio, mentre tale atto non documenta affatto il “credito verso garanti” per un milione di euro cui si riferirebbe il falso addebitato
al ricorrente. A questa osservazione critica sia il Tribunale che la Corte di appello non avevano dato riscontro.
All’udienza del 12 aprile 2014 originariamente fissata il procedimento è stato rinviato ad oggi in accoglimento di istanza di rinvio per concomitante impegno professionale del difensore dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, nel suo complesso, infondato e va, pertanto respinto.
Il primo motivo di ricorso – che concerne la pretesa nullità della sentenza impugnata a cagione del mancato accoglimento dell’istanza di rinvio formulata dalla difesa dell’imputato per l’udienza del 29 settembre 2023 – è infondato.
Trattandosi di questione processuale, questa Corte è giudice dei presupposti della decisione, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito per giustificarla; con la conseguenza che il Giudice di legittimità, in presenza di una censura di carattere processuale, può e deve prescindere dalla motivazione addotta dal giudice a quo e, anche accedendo agli atti, deve valutare la correttezza in diritto della decisione adottata, quand’anche non correttamente giustificata o giustificata solo a posteriori (Sez. 5, n. 19970 del 15/03/2019, COGNOME, Rv. 275636; Sez. 5, n. 17979 del 05/03/2013, COGNOME e altri, Rv. 255515; in termini, Sez. 5, n. 15124 del 19/03/2002, COGNOME NOME ed altri, Rv. 221322). Per addivenire a questo risultato, alla Corte di cassazione è riconosciuto il ruolo di Giudice «anche del fatto», che, per risolvere la questione in rito, può e deve accedere all’esame dei relativi atti processuali, viceversa precluso quando si tratti di vizio di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092; Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F e altri, Rv. 273525; Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304).
Tanto premesso, il compito rimesso oggi al Collegio è quello di verificare se il rigetto dell’istanza di rinvio, a prescindere dalla motivazione adoperata dalla Corte di merito per giustificare la propria decisione, fosse corretto. Nell’ottica di tale vaglio, un riferimento di sicuro rilievo – un vero e proprio decalogo – è quello offerto dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 4909 del 18/12/2014 (dep. 2015, Torchio, Rv. 262912). Secondo l’autorevole precedente, infatti, l’impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire, ai sensi dell’art. 420-ter, comma quinto, cod. proc. pen., a condizione che il
difensore: a) prospetti l’impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni; b) indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo; c) rappresenti l’assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato; d) rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 102 cod. proc. pen., sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio.
Ebbene, l’istanza di rinvio presentata alla Corte di appello in vista dell’udienza del 29 settembre 2023, riguardata con riferimento ai parametri sopra indicati, presenta un duplice limite.
Il primo è quello di non avere chiarito perché, nel diverso procedimento presso il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Forlì, il professionista non potesse avvalersi di un sostituto processuale al fine di garantire la sua presenza dinanzi alla Corte di appello di Ancona, presenza prospettata come essenziale in ragione del grado di tecnicismo che caratterizza questo procedimento.
Il secondo limite è quello di avere affermato di ritenere prevalente l’impegno presso la diversa autorità giudiziaria solo in ragione della maggiore gravità della pena edittale prevista per i reati contestati al soggetto ivi imputato, senza tuttavia tenere in considerazione anche la diversità di fasi processuali, da una parte un’udienza preliminare, dall’altra un’udienza in cui si discuteva della conferma del verdetto di condanna.
Non appare, pertinente, invece, il riferimento della Corte di appello alla maggiore risalenza della fissazione del processo dinanzi alla Corte di appello rispetto a quello dinanzi al Giudice dell’udienza preliminare perché, come correttamente obiettato dal ricorrente, il criterio della priorità dell’impegno cronologicamente antecedente ha un senso, come criterio di valutazione dell’istanza di rinvio, laddove il difensore abbia avuto la possibilità di evitare che un successivo incombente fosse fissato in una data in cui già egli sapeva di essere impegNOME altrove (per esempio, prospettando al Giudice procedente, all’atto del rinvio di un procedimento, di essere già impegNOME in una certa data dinanzi ad altra autorità giudiziaria), mentre in questo caso si trattava di prime udienze in entrambi i procedimenti.
Tuttavia, come già precisato, la valutazione di carattere processuale va fatta direttamente da questa Corte che, a prescindere dal vizio argomentativo e tecnico del provvedimento della Corte di appello che aveva negato il rinvio, comunque ritiene che l’istanza non potesse essere accolta per le ragioni sopra indicate e che, quindi, la decisione della Corte distrettuale di non accordare il
rinvio dell’udienza del 29 settembre 2023 fosse corretta negli esiti, donde il ricorso è, in parte qua, infondato.
Il secondo motivo di ricorso – che concerne la conferma del giudizio di penale responsabilità – è inammissibile.
2.1. Il ricorso insiste, infatti, su un’indebita inversione dell’onere della prova, scaturente dalla circostanza che il giudizio di responsabilità sarebbe stato fondato su un atto prodotto dal contribuente all’Agenzia delle Entrate, vale a dire il ricorso per sequestro conservativo consegNOME per giustificare l’accantonamento della somma di 1 milione di euro nel capitolo “fondo rischi” del bilancio; il ricorso, inoltre, contesta che tale atto non documenterebbe affatto il credito verso garanti cui si riferisce l’imputazione.
Ebbene il ricorso è aspecifico, in spregio agli insegnamenti della giurisprudenza di questa Corte (cfr. in particolare, Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268823), secondo cui i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili non solo quando risultino intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugNOME.
A questa conclusione il Collegio è giunto prendendo atto che la Corte di merito, in risposta al motivo di appello di cui si dirà appresso, ha espresso due rationes decidendi, l’una solo accennata (quella concernente, appunto, la questione dell’esistenza o meno del debito di cui alla richiesta di sequestro conservativo); l’altra, più diffusamente sviluppata e fondata su considerazioni generali ma corrette, che prescindono dal collegamento della posta “incriminata” con il debito di cui al ricorso per sequestro conservativo.
Quanto a questo secondo versante, in particolare, la Corte di appello ha affermato che la posta concernente il credito verso garanti – posta oggetto del capo di imputazione- non trovava alcuna giustificazione. In particolare, la Corte territoriale ha osservato che l’iscrizione di un credito verso il garante non aveva ragion d’essere giacché, ad un pagamento del debito da parte del garante in luogo del debitore, corrisponde, in capo a quest’ultimo, un azzeramento della posizione debitoria nei confronti del creditore, ma, nel contempo, l’insorgenza di un debito nei confronti del garante; non si può ipotizzare, invece, il sorgere di un debito del garante nei confronti del debitore principale. L’appostazione scorretta del credito verso garanti aveva comportato – ha aggiunto la Corte di appello una rilevantissima immutazione dell’equilibrio economico della “RAGIONE_SOCIALE“, artifizio che aveva creato un’apparente condizione di solvibilità idonea ad occultare le perdite e ad ingannare i fruitori del bilancio.
A questa ragione di conferma della sentenza di primo grado il ricorrente non ha replicato – violando il dovere di specificità del ricorso per cassazione – né ha fornito giustificazione circa la correttezza dell’appostazione, donde l’impugnativa di legittimità è inammissibile.
2.2. Per completezza, va rilevato che era aspecifico anche il corrispondente motivo di appello, in spregio al principio sancito dalla sentenza Galtelli quanto al dovere di dialogo critico dell’appello rispetto alla sentenza di primo grado. «L’appello, al pari del ricorso per cassazione» così il dictum delle Sezioni Unite – «è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugNOME».
Anche la sentenza di primo grado, infatti, tra le ragioni della condanna, aveva indicato l’anomalia costituita dall’indicazione di un credito del debitore principale verso il garante e anche l’appello non aveva affrontato questo aspetto, lasciando così sfornita di riscontro critico una delle ragioni del giudizio di colpevolezza.
Il difetto di specificità dell’appello va rilevato ora per allora perché l’inammissibilità dell’impugnazione non rilevata dal giudice di secondo grado deve essere dichiarata dalla Cassazione, quali che siano state le determinazioni cui detto giudice sia pervenuto nella precedente fase processuale, atteso che, non essendo le cause di inammissibilità soggette a saNOMEria, esse devono essere rilevate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (Sezioni Unite Galtelli, in motivazione; Sez. 2, n. 40816 del 10/07/2014, COGNOME, Rv. 260359; Sez. 4, n. 16399 del 03/10/1990, Pacetti, Rv. 185996; Sez. 1, n. 3462 del 24/09/1987, COGNOME, Rv. 176912).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29/05/2024.