Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2697 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2697 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/12/2024
RITENUTO IN FATTO
GLYPH La Corte di appello di Caltanissetta con la sentenza indicata in epigrafe, applicate le circostanze attenuanti generiche, ha rideterminato in anni uno e mesi quattro di reclusione la pena inflitta a NOME COGNOME per il reato di cui all’articolo 3 cod. pen., commesso in Caltanissetta il 6 aprile 2021 quando, sentito nel processo a carico di NOME COGNOME e NOME COGNOME da lui denunciati per minaccia, rendeva false dichiarazioni sostenendo di non ricordare nulla dei fatti e di avere sottoscritto i verbali precedenti senza leggerli.
GLYPH Con i motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell’articolo 173 disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, NOME COGNOME chiede l’annullamento della sentenza impugnata e ne denuncia la manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui ha ritenuto che le dichiarazioni reticenti rese dal COGNOME non fossero riconducibili al mancato ricordo degli eventi, che egli stesso aveva in precedenza denunciato. Erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto irrilevante il tempo trascorso e le vicende personali subite dal COGNOME, quali una carcerazione per altri fatti, limitandosi a deduzioni astratte sulla natura del reato e senza esaminare, nella giusta prospettiva, le deduzioni svolte dalla difesa, secondo cui se intenzione del COGNOME, durante la testimonianza fosse stata quella di favorire le persone da lui stesso denunciate per minaccia, sarebbe stato sufficiente rimettere la querela, cosa che non aveva mai fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso di NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile perché la motivazione della sentenza impugnata non è manifestamente illogica.
La Corte di appello, ai fini della conferma del giudizio di responsabilità, ha valorizzato il comportamento dichiarativo del COGNOME nel dibattimento a carico di NOME e NOME COGNOME sottoposti a processo per il reato di minaccia, a seguito di querela che lo stesso COGNOME aveva proposto.
Il COGNOME, infatti, aveva sostenuto di non ricordare l’episodio e, a fronte dell contestazioni dei precedenti verbali, era giunto al punto di “lasciar intendere di essere stato indotto dai Carabinieri a sottoscrivere un atto, contenente la querela, di cui nulla sapeva”, giustificazione, questa, valorizzata per inferirne il dolo.
La Corte ha esaminato anche il tema che il reato per cui si procedeva nel procedimento a carico dei COGNOME fosse procedibile a querela, escludendo che la procedibilità a querela del reato presupposto fosse rilevante ai fini della punibilità del reato di falsa testimonianza, trattandosi di reato pericolo.
Tale aspetto è oggi proposto come tema del ricorso sostenendo che non era questa la ratio della prospettazione difensiva: il difensore intendeva, infatti, evidenziare che la mancata remissione della querela fosse incompatibile con l’ambigua e irrazionale volontà di punire le persone denunciate e andare incontro ad una condanna penale, pur di garantire loro impunità.
Osserva il Collegio che in tema di ricorso per Cassazione, sussiste la ipotesi di manifesta illogicità della motivazione quando il giudice di merito, nel compiere l’esame degli elementi probatori sottoposti alla sua analisi e nell’esplicitare, in
sentenza, l’iter logico seguito, si esprima attraverso una motivazione incoerente, incompiuta, monca e parziale.
Il mancato esame delle deduzioni difensive, nella prospettiva che la mancata remissione di querela fosse espressione di ambigua e irrazionale volontà di punire le persone denunciate e, contestualmente, andare incontro a una condanna penale pur di garantire loro l’impunità, non costituisce un tassello indispensabile del percorso argomentativo del giudice per inferirne la prova della colpevolezza, anche sul dolo, la cui sussistenza è stata compiutamente argomentata attraverso il comportamento processuale in positivo tenuto dall’imputato.
Va, infine, rammentato che nel delitto di falsa testimonianza il bene giuridico protetto è quello del normale svolgimento dell’attività giudiziaria, sicché soggetto passivo del reato è lo Stato-collettività e non la persona che per effetto di essa subisca eventuali danni risarcibili sul piano civilistico, da qualificare come danneggiato dal reato, ma non come persona offesa (Sez. 6, n. 8967 del 04/12/2006, dep. 2007, COGNOME, Rv. 235915), tanto per evidenziare come si rivelino indifferenti, ai fini della punibilità, le ragioni che costituiscono il move del contegno processuale del teste e rilevi, invece, la potenziale incidenza, sull’esito del processo, delle dichiarazioni rese.
2.Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa, al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 10 dicembre 2024