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Falsa testimonianza: ricordo vago non basta a salvarsi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per falsa testimonianza. L’imputato, dopo aver sporto querela per minacce, aveva dichiarato in aula di non ricordare i fatti. La difesa sosteneva che, se avesse voluto favorire gli accusati, avrebbe ritirato la querela. La Corte ha stabilito che la mancata remissione non esclude il dolo, la cui prova risiede nel comportamento processuale positivo e mendace tenuto dall’imputato, volto a sviare il corso della giustizia.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Testimonianza: Dire “Non Ricordo” è una Strategia Vincente?

La testimonianza è un pilastro del processo penale, ma cosa succede quando un testimone, che in precedenza aveva denunciato un fatto, afferma in aula di non ricordare più nulla? Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta proprio un caso di falsa testimonianza, chiarendo come la condotta processuale di un teste possa integrare il reato, anche a fronte di argomentazioni difensive apparentemente logiche.

I Fatti di Causa: Dalla Denuncia alla Reticenza in Aula

Il caso ha origine da una condanna inflitta dalla Corte di Appello a un uomo per il reato di cui all’art. 372 del codice penale. L’imputato, dopo aver sporto querela per minacce contro due individui, era stato chiamato a testimoniare nel processo a loro carico. In quell’occasione, sorprendentemente, aveva reso dichiarazioni false, sostenendo di non avere alcun ricordo dei fatti e di aver sottoscritto i verbali precedenti senza nemmeno leggerli. Questo comportamento gli è costato una condanna a un anno e quattro mesi di reclusione.

L’Argomento Difensivo: La Mancata Remissione della Querela

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando l’illogicità della motivazione della sentenza di condanna. Il punto centrale della sua difesa era tanto semplice quanto astuto: se la sua intenzione fosse stata quella di favorire le persone da lui stesso denunciate, avrebbe potuto semplicemente rimettere la querela. Il fatto di non averlo fatto, secondo la difesa, dimostrava l’assenza di una volontà di agevolare gli imputati e, di conseguenza, rendeva irrazionale la tesi di una falsa testimonianza deliberata.

La Decisione della Cassazione sul Reato di Falsa Testimonianza

La Corte di Cassazione ha respinto tale tesi, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che la motivazione della Corte di Appello non era affatto illogica. Anzi, era ben fondata sulla valutazione del comportamento dichiarativo dell’imputato durante il dibattimento. Egli non si era limitato a un semplice “non ricordo”, ma era arrivato al punto di insinuare di essere stato indotto a sottoscrivere un atto, la querela, di cui non conosceva il contenuto. Questo comportamento, secondo la Corte, è stato correttamente interpretato come una giustificazione pretestuosa, finalizzata a nascondere il dolo.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha chiarito un principio fondamentale. L’argomento difensivo basato sulla mancata remissione della querela non è un elemento decisivo per escludere la colpevolezza. La prova del dolo nel reato di falsa testimonianza è stata compiutamente argomentata attraverso l’analisi del comportamento processuale positivo tenuto dall’imputato in aula. Le sue dichiarazioni non erano semplicemente omissive, ma attivamente mendaci e calcolate per sviare il processo. La Corte ha inoltre ribadito che il bene giuridico protetto dal reato di falsa testimonianza è il corretto svolgimento dell’attività giudiziaria. Soggetto passivo del reato è lo Stato-collettività, non la persona che subisce eventuali danni civilistici. Pertanto, le ragioni personali o i moventi del testimone sono indifferenti ai fini della punibilità; ciò che rileva è la potenziale incidenza delle sue false dichiarazioni sull’esito del processo.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio cardine del nostro ordinamento: la fedeltà della testimonianza è un dovere non negoziabile. Fingere una perdita di memoria o, peggio, insinuare scorrettezze da parte delle forze dell’ordine per ritrattare accuse precedenti, costituisce un grave attacco al funzionamento della giustizia. La decisione della Cassazione sottolinea che la valutazione del dolo non si basa su ciò che un imputato avrebbe potuto fare (come ritirare una querela), ma su ciò che ha effettivamente fatto in aula. Un monito per chiunque sia chiamato a testimoniare: la verità processuale è un bene che la legge tutela con rigore.

Affermare di non ricordare i fatti in un processo costituisce sempre falsa testimonianza?
No, non sempre. Diventa reato quando la dichiarazione di non ricordare è provata essere falsa e deliberatamente finalizzata a ingannare il giudice, specialmente se accompagnata da altre affermazioni mendaci, come sostenere di aver firmato verbali precedenti senza leggerli.

Se un testimone non ritira la sua querela, può essere comunque condannato per falsa testimonianza se poi in aula si mostra reticente?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la mancata remissione della querela non è un elemento sufficiente a escludere il dolo. La colpevolezza si fonda sul comportamento tenuto in aula, se questo è volto a ostacolare la giustizia attraverso dichiarazioni false.

Qual è il bene giuridico tutelato dal reato di falsa testimonianza?
Il bene giuridico protetto è il normale e corretto svolgimento dell’attività giudiziaria. La vittima del reato è lo Stato-collettività, non i singoli individui coinvolti nel processo, le cui ragioni personali o moventi sono irrilevanti ai fini della punibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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