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Falsa testimonianza: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una condanna per falsa testimonianza. I motivi del ricorrente sono stati giudicati come mere doglianze di fatto e non vizi di legittimità. La Corte ha ritenuto infondata e ipotetica la richiesta di applicare la causa di non punibilità per aver agito per salvarsi da un potenziale danno, confermando la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Testimonianza: la Cassazione Dichiara Inammissibile il Ricorso

Recentemente, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di falsa testimonianza, offrendo importanti chiarimenti sui limiti dell’impugnazione in sede di legittimità e sull’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 384 del codice penale. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, condannandolo al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della cassa delle ammende. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto ribaditi dalla Suprema Corte.

I Fatti del Processo

Il ricorrente era stato condannato in Corte d’Appello per il reato di falsa testimonianza. Avverso tale sentenza, proponeva ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due principali argomenti:
1. La violazione di diverse norme processuali, sostenendo che la sua testimonianza era stata influenzata dalla potenziale colpevolezza di un altro soggetto, la cui denuncia era stata acquisita agli atti. Secondo il ricorrente, ciò avrebbe dovuto portare a un’analisi diversa del suo ruolo.
2. La mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 384 c.p., che esclude la punibilità per chi ha commesso il fatto per la necessità di salvare sé stesso da un grave e inevitabile danno alla libertà o all’onore. L’imputato sosteneva che dire la verità lo avrebbe esposto al rischio di essere a sua volta incriminato per un reato di truffa ai danni di un ente previdenziale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto i motivi del ricorso del tutto infondati e, di conseguenza, lo ha dichiarato inammissibile. Secondo gli Ermellini, le argomentazioni del ricorrente non rappresentavano vizi di legittimità – unici motivi per cui si può ricorrere in Cassazione – ma semplici “doglianze in punto di fatto”. In altre parole, l’imputato cercava di ottenere una nuova valutazione dei fatti, cosa preclusa in sede di legittimità, specialmente a fronte di una motivazione della Corte d’Appello ritenuta completa, logica e priva di vizi.

Le motivazioni sulla falsa testimonianza e i limiti del ricorso

La Corte ha smontato punto per punto le tesi difensive.

Genericità e Assertività delle Censure

In primo luogo, i giudici hanno qualificato come “meramente assertiva” la censura relativa alla violazione delle norme processuali. Il ricorrente non ha fornito alcun elemento concreto per dimostrare che il soggetto la cui denuncia era stata acquisita fosse a sua volta indagato o imputato per un reato. La conclusione che gli ispettori di un ente previdenziale avessero denunciato l’azienda e i suoi lavoratori per truffa è stata definita “del tutto ipotetica”. Di conseguenza, non vi era alcun fondamento per sostenere che la testimonianza fosse viziata.

L’Inapplicabilità della Causa di Non Punibilità

Ancora più netta è stata la posizione della Corte riguardo all’art. 384 c.p. La sentenza impugnata aveva già spiegato, in modo logico, che al momento della testimonianza non sussisteva alcuna “necessità di salvamento”. Il ricorrente non era riuscito a specificare in che modo dire la verità lo avrebbe potuto esporre a un procedimento penale. L’allegazione di un ipotetico reato ai danni dell’ente previdenziale, che sarebbe stato commesso anche dal ricorrente stesso, è stata giudicata priva di riscontri e, anche in questo caso, “meramente assertiva”.

Le Motivazioni

La motivazione principale dietro la decisione della Suprema Corte risiede nella natura stessa del giudizio di legittimità. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un organo che vigila sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione delle sentenze. Nel caso di specie, il ricorrente ha tentato di rimettere in discussione la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, senza però evidenziare reali errori di diritto o vizi logici manifesti nella sentenza d’appello. Le sue argomentazioni sono state ritenute generiche, ipotetiche e non supportate da elementi concreti, caratteristiche che portano inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per contestare una condanna per falsa testimonianza in Cassazione, non è sufficiente presentare una versione alternativa dei fatti. È necessario dimostrare specifiche violazioni di legge o palesi illogicità nella motivazione della sentenza impugnata. Inoltre, per invocare la causa di non punibilità legata alla necessità di salvarsi da un danno, non basta un timore vago o ipotetico, ma occorre provare l’esistenza di un pericolo concreto e attuale, cosa che nel caso di specie non è avvenuta. La decisione si traduce, per il ricorrente, nella conferma definitiva della condanna e nell’onere di sostenere le spese processuali e una sanzione pecuniaria di tremila euro.

Quando un ricorso in Cassazione per falsa testimonianza viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando si fonda su mere lamentele riguardanti la ricostruzione dei fatti (doglianze in punto di fatto) anziché su reali errori di diritto, e quando la motivazione della sentenza impugnata risulta completa, logica e priva di vizi.

Perché la Corte ha respinto l’applicazione della causa di non punibilità per ‘necessità di salvarsi’?
La Corte l’ha respinta perché la tesi del ricorrente era considerata ipotetica e non supportata da prove concrete. L’imputato non ha dimostrato che dire la verità lo avrebbe esposto a un pericolo grave e inevitabile di un procedimento penale a suo carico.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, stabilita dalla Corte, in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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