Falsa Testimonianza: la Cassazione Dichiara Inammissibile il Ricorso
Recentemente, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di falsa testimonianza, offrendo importanti chiarimenti sui limiti dell’impugnazione in sede di legittimità e sull’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 384 del codice penale. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, condannandolo al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della cassa delle ammende. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto ribaditi dalla Suprema Corte.
I Fatti del Processo
Il ricorrente era stato condannato in Corte d’Appello per il reato di falsa testimonianza. Avverso tale sentenza, proponeva ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due principali argomenti:
1. La violazione di diverse norme processuali, sostenendo che la sua testimonianza era stata influenzata dalla potenziale colpevolezza di un altro soggetto, la cui denuncia era stata acquisita agli atti. Secondo il ricorrente, ciò avrebbe dovuto portare a un’analisi diversa del suo ruolo.
2. La mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 384 c.p., che esclude la punibilità per chi ha commesso il fatto per la necessità di salvare sé stesso da un grave e inevitabile danno alla libertà o all’onore. L’imputato sosteneva che dire la verità lo avrebbe esposto al rischio di essere a sua volta incriminato per un reato di truffa ai danni di un ente previdenziale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenuto i motivi del ricorso del tutto infondati e, di conseguenza, lo ha dichiarato inammissibile. Secondo gli Ermellini, le argomentazioni del ricorrente non rappresentavano vizi di legittimità – unici motivi per cui si può ricorrere in Cassazione – ma semplici “doglianze in punto di fatto”. In altre parole, l’imputato cercava di ottenere una nuova valutazione dei fatti, cosa preclusa in sede di legittimità, specialmente a fronte di una motivazione della Corte d’Appello ritenuta completa, logica e priva di vizi.
Le motivazioni sulla falsa testimonianza e i limiti del ricorso
La Corte ha smontato punto per punto le tesi difensive.
Genericità e Assertività delle Censure
In primo luogo, i giudici hanno qualificato come “meramente assertiva” la censura relativa alla violazione delle norme processuali. Il ricorrente non ha fornito alcun elemento concreto per dimostrare che il soggetto la cui denuncia era stata acquisita fosse a sua volta indagato o imputato per un reato. La conclusione che gli ispettori di un ente previdenziale avessero denunciato l’azienda e i suoi lavoratori per truffa è stata definita “del tutto ipotetica”. Di conseguenza, non vi era alcun fondamento per sostenere che la testimonianza fosse viziata.
L’Inapplicabilità della Causa di Non Punibilità
Ancora più netta è stata la posizione della Corte riguardo all’art. 384 c.p. La sentenza impugnata aveva già spiegato, in modo logico, che al momento della testimonianza non sussisteva alcuna “necessità di salvamento”. Il ricorrente non era riuscito a specificare in che modo dire la verità lo avrebbe potuto esporre a un procedimento penale. L’allegazione di un ipotetico reato ai danni dell’ente previdenziale, che sarebbe stato commesso anche dal ricorrente stesso, è stata giudicata priva di riscontri e, anche in questo caso, “meramente assertiva”.
Le Motivazioni
La motivazione principale dietro la decisione della Suprema Corte risiede nella natura stessa del giudizio di legittimità. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un organo che vigila sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione delle sentenze. Nel caso di specie, il ricorrente ha tentato di rimettere in discussione la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, senza però evidenziare reali errori di diritto o vizi logici manifesti nella sentenza d’appello. Le sue argomentazioni sono state ritenute generiche, ipotetiche e non supportate da elementi concreti, caratteristiche che portano inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per contestare una condanna per falsa testimonianza in Cassazione, non è sufficiente presentare una versione alternativa dei fatti. È necessario dimostrare specifiche violazioni di legge o palesi illogicità nella motivazione della sentenza impugnata. Inoltre, per invocare la causa di non punibilità legata alla necessità di salvarsi da un danno, non basta un timore vago o ipotetico, ma occorre provare l’esistenza di un pericolo concreto e attuale, cosa che nel caso di specie non è avvenuta. La decisione si traduce, per il ricorrente, nella conferma definitiva della condanna e nell’onere di sostenere le spese processuali e una sanzione pecuniaria di tremila euro.
Quando un ricorso in Cassazione per falsa testimonianza viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando si fonda su mere lamentele riguardanti la ricostruzione dei fatti (doglianze in punto di fatto) anziché su reali errori di diritto, e quando la motivazione della sentenza impugnata risulta completa, logica e priva di vizi.
Perché la Corte ha respinto l’applicazione della causa di non punibilità per ‘necessità di salvarsi’?
La Corte l’ha respinta perché la tesi del ricorrente era considerata ipotetica e non supportata da prove concrete. L’imputato non ha dimostrato che dire la verità lo avrebbe esposto a un pericolo grave e inevitabile di un procedimento penale a suo carico.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, stabilita dalla Corte, in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23369 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23369 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CONTI TAGUALI NOME COGNOME nato a TORTORICI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/05/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso avverso la condanna per il delitto di falsa testimonianza non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto ed incentrati sulla denuncia del vizio di motivazione che la lettura del provvedimento impugnato rivela essere completa e logicamente ineccepibile e dalla quale si evince l’insussistenza dei vizi dedotti. In particolare, relativamente alla dedotta violazione degli artt. 63, 64, 191, 197 e 371 cod. proc. pen., la censura risulta meramente assertiva non avendo il ricorrente indicato nessun concreto elemento dal quale poter evincere un’ipotesi di reato a carico del soggetto (COGNOME NOME) la cui denuncia è stata, ex art. 512 cod. proc. pen., acquisita al dibattimento: risulta infatti del tutto ipotetica la conclusione del ricorrente secondo cui gli ispettori dell’RAGIONE_SOCIALE avrebbero sostanzialmente denunciato “la ditta RAGIONE_SOCIALE e i lavoratori per truffa ai danni dell’ente pubblico di previdenza”. Per quanto attiene alla censura per la mancata applicazione della causa di non punibilità ex art. 384 cod. pen. la sentenza impugnata, in modo non illogico, ha rilevato come al momento di commissione del fatto illecito non era ravvisabile alcuna necessità di salvamento rilevante ai sensi della norma suindicata, né il ricorrente ha indicato sotto quale profilo le dichiarazioni veritiere lo avrebbero potuto porre in tale condizione, atteso che, come già rilevato, meramente assertiva e priva di riscontri è la allegazione in ordine all’ipotetico reato a danno dell’RAGIONE_SOCIALE che sarebbe stato commesso anche dal ricorrente. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Considerato che all’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si ritiene conforme a giustizia liquidare come in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 31 maggio 2024
Il Consigliere r latore
DEPOSITATI:
–1
Il Presidente