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Falsa testimonianza: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di tre persone condannate per falsa testimonianza. I motivi del ricorso, basati su una diversa valutazione delle prove, non sono ammessi in sede di legittimità. La Corte ha confermato la decisione, sottolineando la gravità del reato commesso in ambito familiare e i precedenti penali degli imputati, che giustificavano il diniego di attenuanti e pena sospesa.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Testimonianza: perché la Cassazione respinge i ricorsi basati sui fatti

Il reato di falsa testimonianza, previsto dall’art. 372 del Codice Penale, tutela il corretto funzionamento della giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per chiarire un punto fondamentale del processo penale: i limiti del ricorso in sede di legittimità. La Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi di tre imputati, condannati per aver reso testimonianze false in un contesto di reati familiari, ribadendo che non è possibile chiedere ai giudici supremi una nuova valutazione delle prove.

La vicenda processuale

Tre persone venivano condannate dalla Corte d’Appello di Napoli per il reato di falsa testimonianza. Secondo l’accusa, avevano reso dichiarazioni mendaci in modo coordinato e persistente riguardo a reati commessi all’interno del loro nucleo familiare. Gli imputati, non accettando la sentenza di condanna, decidevano di presentare ricorso alla Corte di Cassazione.

I motivi del ricorso e la falsa testimonianza

I motivi principali presentati dagli imputati si concentravano su una presunta errata valutazione delle prove da parte dei giudici di merito. In sostanza, i ricorrenti proponevano una ricostruzione dei fatti alternativa, basata su una diversa interpretazione delle risultanze processuali. Sostenevano, inoltre, che la remissione di querela (ovvero il ritiro della denuncia da parte della persona offesa nel procedimento originario) dovesse essere considerata rilevante. Infine, lamentavano la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e del beneficio della pena sospesa.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili con motivazioni nette e precise. In primo luogo, ha chiarito che il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. La Corte è un giudice di “legittimità”, il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente, non stabilire se una prova sia più o meno credibile. Le “mere doglianze in punto di fatto”, come le definisce la Corte, non sono ammesse.

La Corte ha inoltre specificato che la remissione di querela nel procedimento originario è del tutto irrilevante ai fini del reato di falsa testimonianza. Questo delitto, infatti, offende l’amministrazione della giustizia e non il singolo cittadino; pertanto, è perseguibile d’ufficio e la volontà della persona offesa non può estinguerlo.

Infine, anche le lamentele sulla mancata concessione delle attenuanti e della pena sospesa sono state giudicate generiche e infondate. I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse ampiamente motivato la sua decisione, facendo riferimento a due elementi cruciali:
1. La gravità del fatto: una “pervicace e collettiva falsa testimonianza” su reati commessi in ambito familiare.
2. La personalità degli imputati: il giudizio negativo era aggravato dalla presenza di precedenti penali a loro carico.

Questi elementi, secondo la Cassazione, giustificavano pienamente il diniego dei benefici richiesti.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legge e non su un disaccordo con la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di primo e secondo grado. Tentare di ottenere un riesame delle prove in sede di legittimità è una strategia destinata al fallimento. La decisione impone ai ricorrenti non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, a testimonianza della manifesta infondatezza del loro ricorso.

Posso chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è controllare la corretta applicazione della legge, non può effettuare una nuova valutazione delle prove o dei fatti già esaminati nei gradi precedenti.

La remissione della querela da parte della vittima estingue il reato di falsa testimonianza?
No. Il reato di falsa testimonianza offende l’interesse pubblico al corretto funzionamento della giustizia, non l’interesse del singolo. Pertanto, è un reato procedibile d’ufficio e la volontà della persona offesa è irrilevante per la sua punibilità.

Perché non sono state concesse le attenuanti generiche e la pena sospesa agli imputati?
La Corte ha ritenuto che la decisione fosse giustificata dalla particolare gravità del fatto (una testimonianza falsa, collettiva e ostinata su reati familiari) e dal giudizio negativo sulla personalità degli imputati, i quali avevano già precedenti penali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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