Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 6834 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 6834 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Fiesole il 04/01/1982
avverso la sentenza del 27/02/2024 della Corte di appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Firenze confermava la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze del 5 marzo 2020, che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 372 alla pena ritenuta di giustizia.
All’imputato era stato contestato di aver deposto il falso, udito come testimone il 7 settembre 2017 nel processo penale a carico di NOME COGNOMEche era imputato per essersi rifiutato, in quanto alla guida di un’autovettura, di sottoporsi ad accertamento del tasso alcolemico e della assunzione di sostanz
stupefacenti), dichiarando di aver passato parte della serata del 14 febbraio 2014 con il predetto, di aver guidato in quella occasione l’auto nella disponibilità di quest’ultimo, che l’autovettura era rimasta senza benzina e di aver parcheggiato tra due alberi e di essere andato dal distributore di benzina e di non aver reperito al ritorno il COGNOME e di aver trovato sul posto la polizia municipale che gli aveva detto che vi era stato un incidente e che la persona coinvolta era stata portata via.
Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori dell’imputato, avv. NOME COGNOME e avv. NOME COGNOME denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 179, 180, 182 cod. proc. pen.
Al secondo difensore del ricorrente non è stato notificato l’avviso per l’udienza davanti alla Corte di appello, a causa di un errore della cancelleria che ha inviato l’avviso ad un avvocato omonimo del Foro di Firenze, in luogo di quello corretto del Foro di Prato, così impedendo la partecipazione del difensore al giudizio.
Tale particolare situazione non può essere risolta facendo applicazione dei principi di legittimità che qualificano la nullità come di ordine generale a regime intermedio (che deve essere eccepita a opera dell’altro difensore) e che individuano il termine ultimo di deducibilità, in quanto l’errore non era rilevabile dall’altro difensore e il meccanismo di sanatoria della nullità non può sacrificare eccessivamente il diritto di difesa, con automatismi e presunzioni assolute, dovendosi offrire alla difesa la possibilità di dimostrare di non aver rinunciato a far valere il vizio o di aver posto in atto pratiche dilatorie.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 372 cod. pen.
Le circostanze indicate nella imputazione di aver passato parte della serata con il COGNOME e di aver guidato l’auto nella sua disponibilità non sono state accertate dai giudici, come si evince dalla impugnata sentenza che pone a fondamento della condanna altre circostanze indicate nella imputazione.
Quanto in particolare alle altre circostanze indicate nella imputazione, va rilevato che quella del luogo di parcheggio dell’auto non è incompatibile con quanto indicato dalla polizia municipale e comunque era ben possibile che l’imputato avesse un ricordo non del tutto nitido del posizionamento (così escludendo il dolo); quella del ritorno sul luogo dell’incidente non può essere esclusa per il solo fatto di non essere stato escusso dalla polizia giudiziaria e di non aver dato spiegazioni, preferendo tornarsene a casa (ben poteva il ricorrente avere timore di essere sottoposto ad alcool test, per aver assunto sostanze alcooliche durante la sera e ciò spiegherebbe anche i ricorsi non nitidi).
La motivazione è quindi viziata e carente.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 131-bis cod. pen.
La Corte di appello non esaminava la possibilità di applicare la suddetta causa proscioglitiva, tenuto conto della novella introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2022, che ha ampliato la cornice edittale per la sua applicazione e che vi erano gli estremi per ritenere la particolare tenuità dell’offesa (al momento del fatto si trovava in un grave turbamento psicologico, è soggetto incensurato) e la non abitualità del comportamento.
Disposta la trattazione orale del procedimento, su richiesta dell’avv. NOME COGNOME del 29 novembre 2024, il medesimo difensore il 13 gennaio 2025 depositava in Cancelleria atto di rinuncia alla trattazione orale per un contemperamento impegno professionale, facendo richiesta di trattazione in camera di consiglio o, in via alternativa, della nomina di un difensore di ufficio all scopo di insistere sull’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.
Preliminarmente va rammentato che la rinuncia alla richiesta di discussione orale non determina il mutamento del rito in quello cartolare, sicché la parte non rinunciante ha diritto di concludere oralmente in udienza (Sez. 6, n. 22248 del 18/05/2021, Rv. 281520; Sez. 2, n. 42410 del 17/06/2021, Rv. 282207).
Non avendo il difensore chiesto il rinvio dell’udienza per legittimo impedimento, costituito dall’impegno professionale in altro procedimento (che in ogni caso presupponeva la necessaria rappresentazione delle relative condizioni legittimanti, cfr. Sez. U, n. 4909 del 18/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262912), l’udienza è stata celebrata, dovendosi inoltre ritenere inammissibile la richiesta avanzata dal difensore di essere sostituito da un altro difensore ai sensi dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen.
E’ appena il caso di rammentare che nel giudizio di cassazione non è prevista la sostituzione con un difensore d’ufficio del difensore che sia impossibilitato a comparire all’udienza fissata per la discussione del ricorso (tra tante, Sez. 4, n. 22797 del 17/04/2018, Rv. 272996). Infatti, la richiesta alla Corte di nomina di un difensore di ufficio è prevista soltanto nel giudizio di merito, che non può legittimamente celebrarsi senza il difensore, ai sensi dell’art. 97 cod. proc. pepa differenza del giudizio di cassazione, in cui i difensori possono intervenire per
discutere i motivi di impugnazione, senza che però tale intervento sia condizione necessaria per la valida decisione del ricorso.
Passando all’esame del ricorso, il primo motivo, con cui la difesa intende far valere la nullità derivante dall’omessa notifica al secondo difensore dell’avviso per l’udienza in appello, va ritenuto manifestamente infondato.
E’ principio pacifico che il termine ultimo di deducibilità della nullità a regime intermedio, derivante dall’omessa notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale di appello ad uno dei due difensori dell’imputato, è quello della deliberazione della sentenza nello stesso grado, anche in caso di assenza in udienza sia dell’imputato che dell’altro difensore, ritualmente avvisati (Fattispecie relativa a giudizio abbreviato in grado di appello) (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME, Rv. 249651).
Come hanno spiegato le Sezioni Unite in tale arresto, i due difensori costituiscono un unico soggetto processuale e cioè il “difensore” di cui al Titolo VII del Libro I del codice di procedura penale, che si contrappone in tale unità agli altri e segnatamente al pubblico ministero. Pertanto, allorché l’avviso sia stato dato ad uno dei difensori, questi, anche se non compaia in udienza (sostituito o meno, a seconda dei procedimenti, da un difensore di ufficio) formalmente è come se fosse presente: in conseguenza non si potrà parlare di “assenza” della difesa (la sola che darebbe luogo a nullità insanabile ex artt. 178, comma 1, lett. c) e 179 cod. proc. pen.) per il mancato avviso all’altro difensore, ma deve ritenersi sussistente una nullità di ordine generale a cosiddetto regime intermedio di cui all’art. 180 cod. proc. pen.
Hanno aggiunto le Sezioni Unite che l’onere del difensore regolarmente avvisato di “accertare” la sussistenza di nullità verificatesi prima del giudizio non muta a seconda che egli compaia oppure non compaia in udienza: egli deve tutelare l’intera posizione processuale da lui rappresentata e assistita nel superiore interesse del suo ministero. L’onere imposto alla “parte” di dedurre la nullità di cui si parla entro il termine di decadenza di cui all’art. 180 cod. proc. pen. prima parte non elide il diritto dell’imputato (o dell’indagato) di fruire dell’assistenza di due difensori, salvaguardato appunto dalla possibilità di tempestiva deduzione della nullità, a fronte della quale il giudice non può che disporre il rinvio dell’atto.
Quanto alla deducibilità del vizio, sempre le Sezioni Unite hanno valorizzato il dovere di comunicazione e di consultazione tra i difensori, che trova fondamento non solo in testi nazionali ma anche in pronunce della CEDU (cfr. par. 8 della sentenza in esame).
Il secondo motivo declina censure aspecifiche e di merito.
Come ha chiarito la Corte di appello, la penale responsabilità dell’imputato si fondava essenzialmente sulla circostanza che la versione dei fatti fornita in sede di testimonianza risultava in via assorbente sconfessata dal fatto che nessun agente di polizia, presente sul posto del sinistro, aveva preso contatto con il ricorrente e che l’autovettura era stata trovata in una posizione incompatibile con il racconto del predetto.
Queste circostanze di fatto erano ritenute incontrovertibili in quanto affermate dalla polizia giudiziaria operante nei verbali tecnici e non smentite da alcun elemento oggettivo.
La Corte di appello ha anche esaminato le ipotesi difensive addotte come “possibili” per giustificare la rilevata discrasia circa la posizione dell’auto (l’auto sarebbe mossa da sola o sarebbe stata spostata dal Grossi), ritenendole incompatibili con lo stesso racconto del ricorrente (la prima era infatti contrastante con la descrizione del parcheggio fornita dal ricorrente; la seconda parimenti strideva con la tesi del ricorrente del parcheggio di emergenza per mancanza di carburante).
Parimenti illogica era ritenuta la tesi del ritorno sul luogo dell’incidente, non solo perché, come già detto, non trovava riscontro nei verbali della polizia (nessuno degli operanti, nonostante l’ora – le 4 del mattino – e la zona deserta, lo aveva visto o identificato sul posto), ma risultava anche inverosimile, là dove voleva sostenere di non aver avvicinato nessuno degli operanti trovati sul posto per chiarire che non si fosse trattato di incidente, ma di un semplice parcheggio obbligato per mancanza di carburante, e di essersi allontanato, tornandosene a casa, non preoccupandosi della sorte dell’amico in stato di ebbrezza (e che era a pochi metri di distanza, provando solo a chiamarlo telefonicamente).
A fronte di tali argomentazioni, che non risultano censurabili in questa sede in quanto prive di illogicità manifeste e coerenti con i principi di diritto in tema di ipotesi alternativa di ricostruzione dei fatti, secondo cui il dubbio «ragionevole» è solo quello che trova conforto nella logica, sicché, in caso di prospettazioni alternative, occorre comunque individuare gli elementi di conferma dell’ipotesi ricostruttiva accolta, non potendo il dubbio fondarsi su un’ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile (tra tante, Sez. 3, n. 5602 del 21/01/2021, Rv. 281647), il ricorrente ha opposto argomenti di merito (ulteriori ipotesi alternative), neppure sottoposti al giudice dell’appello e pertanto incompatibili con il giudizio di legittimità.
L’ultimo motivo sull’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. è aspecifico, posto che la Corte di appello ha ritenuto il fatto di obiettiva gravità (così,
/
giustificare una pena superiore al minimo edittale) (Sez. 5, n. 24780 d 08/03/2017, Rv. 270033).
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibil
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 c proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presenta senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativ tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 9/(4/0 -17/2à125.