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Falsa testimonianza: quando il ‘non ricordo’ è reato

Un testimone, che in dibattimento ha affermato di non ricordare fatti precedentemente denunciati in modo circostanziato, è stato condannato per falsa testimonianza. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso, sottolineando che la reticenza deliberata su accuse specifiche è idonea a integrare il reato, in quanto lede il corretto funzionamento della giustizia. La decisione conferma che il ‘non ricordo’ non è uno scudo contro l’accusa di falsa testimonianza quando è palesemente pretestuoso.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Testimonianza: Quando il ‘Non Ricordo’ Diventa Reato

Il reato di falsa testimonianza è un pilastro del corretto funzionamento della giustizia. Ma cosa succede quando un testimone, invece di mentire apertamente, si trincera dietro un comodo ‘non ricordo’? Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre chiarimenti cruciali, confermando che anche la reticenza può essere punita, a patto che sia concretamente idonea a sviare il processo decisionale del giudice.

I Fatti del Processo: Da Testimone a Imputato

Il caso riguarda un uomo chiamato a testimoniare in un processo penale. Durante le indagini preliminari, aveva reso dichiarazioni dettagliate e accusatorie nei confronti di un’altra persona. Tuttavia, una volta in aula, la sua memoria sembrava svanita: dichiarava di non ricordare più nulla delle circostanze su cui era interrogato.

Questo cambio di rotta ha portato all’apertura di un nuovo procedimento a suo carico per il reato di falsa testimonianza, ai sensi dell’art. 372 del codice penale. L’imputato, giudicato con rito abbreviato, è stato condannato in primo grado, decisione poi confermata dalla Corte di Appello di Milano. Dopo un primo annullamento in Cassazione per un vizio procedurale (mancata traduzione dell’imputato), la Corte di Appello, in sede di rinvio, ha nuovamente confermato la condanna. È contro questa seconda decisione d’appello che l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione.

L’Elemento Oggettivo nella Falsa Testimonianza

La difesa ha basato il proprio ricorso su un punto di diritto fondamentale: la violazione del principio di necessaria offensività. Secondo l’avvocato, per configurare il reato di falsa testimonianza, non è sufficiente constatare una mera contraddizione tra quanto dichiarato nelle indagini e quanto affermato in dibattimento. È necessario, invece, dimostrare che la deposizione resa in aula fosse concretamente idonea a influire sull’esito del processo, ovvero a ingannare il giudice.

La tesi difensiva sosteneva che la Corte di Appello avesse dato per scontata la colpevolezza basandosi unicamente sul contrasto tra le dichiarazioni, senza verificare se la reticenza del testimone avesse avuto un impatto reale e dannoso sull’accertamento della verità processuale. Mancava, secondo il ricorso, un’analisi approfondita sulla portata offensiva della testimonianza.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La motivazione si concentra sulla ‘aspecificità’ del motivo presentato. I giudici hanno chiarito che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, le sentenze di merito avevano già compiutamente valutato la rilevanza e l’idoneità offensiva della condotta dell’imputato.

La sentenza di primo grado, confermata in appello, aveva evidenziato come l’imputato avesse deliberatamente rifiutato di deporre su accuse circostanziate che lui stesso aveva mosso in precedenza. Questa condotta omissiva non era una semplice dimenticanza, ma un’azione volontaria finalizzata a non confermare le precedenti accuse. Di conseguenza, tale reticenza era stata ritenuta concretamente idonea a pregiudicare il corretto svolgimento della giustizia nel processo originario.

La Cassazione ha quindi concluso che il ricorso non attaccava efficacemente questa valutazione, ma si limitava a riproporre una questione già risolta, rendendo l’impugnazione inammissibile.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce un principio cruciale in materia di falsa testimonianza: il ‘non ricordo’ non è una scappatoia legale. Quando un testimone ha fornito in precedenza dichiarazioni dettagliate e specifiche, la sua successiva e immotivata amnesia in aula può essere interpretata come una condotta reticente e, quindi, penalmente rilevante. La chiave di volta è la valutazione del giudice di merito sull’idoneità di tale silenzio a incidere sull’esito del processo. Se la testimonianza mancata era essenziale per l’accertamento dei fatti, la reticenza integra il reato. La sentenza serve da monito: il dovere di dire la verità in tribunale include anche il dovere di non nasconderla dietro un silenzio calcolato.

Affermare ‘non ricordo’ in tribunale può costituire reato di falsa testimonianza?
Sì, la reticenza, ovvero il tacere su fatti che si conoscono, è una delle tre condotte previste dal reato di falsa testimonianza. Se un testimone afferma di non ricordare circostanze che aveva precedentemente descritto in dettaglio, e il giudice ritiene che questa sia una scelta deliberata per non deporre, può essere condannato.

Cosa si intende per ‘offensività’ nel reato di falsa testimonianza?
Significa che la deposizione falsa o reticente deve essere concretamente idonea a incidere sull’esito del processo, ovvero a trarre in inganno il giudice. Una bugia o un’omissione su un dettaglio irrilevante o marginale potrebbe non essere considerata penalmente rilevante, perché non lede il bene giuridico protetto, che è la corretta amministrazione della giustizia.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché considerato ‘aspecifico’. La difesa lamentava la mancata valutazione dell’offensività della condotta da parte della Corte d’Appello, ma la Cassazione ha rilevato che tale valutazione era già stata effettuata correttamente nei gradi di merito. Il ricorso, quindi, non ha sollevato una valida critica alla motivazione della sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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