Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 15102 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 15102 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE), nato in Marocco il 25/02/1986;
avverso la sentenza emessa in data 27/09/2024 dalla Corte di appello di Milano visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; lette le conclusioni dell’avvocato NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Pubblico Ministero del Tribunale di Monza ha chiesto il rinvio a giudizio di NOME COGNOME per rispondere del reato di cui all’art. 372 cod. pen. commesso in Monza il 14 settembre 2018 e l’imputato, in udienza preliminare, ha chiesto di essere giudicato allo stato degli atti nelle forme del rito abbreviato.
Secondo l’ipotesi di accusa, l’imputato, deponendo quale testimone nel processo penale n. 10326/16 R.G.N.R. pendente innanzi al Tribunale di Monza nei confronti di NOME COGNOME sarebbe stato reticente rispetto alle dichiarazioni rese nella fase delle indagini preliminari alla polizia giudiziaria; in particolare, l’imputato in dibattimento ha dichiarato di non ricordare e di non conoscere alcuna delle circostanze e dei fatti in merito ai quali aveva reso sommarie informazioni testimoniali in data 17 ottobre 2016 presso il Commissariato di P.S. di Milano “INDIRIZZO“; fatto commesso in Monza il 14 settembre 2018 e aggravato dalla recidiva infraquinquennale.
Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Monza, con sentenza emessa in data 17 dicembre 2019 all’esito del giudizio abbreviato, ha dichiarato l’imputato colpevole del reato a lui ascritto e, applicate le attenuanti generiche ritenute equivalenti alla contestata recidiva e la diminuente per il rito, lo ha condannato alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione.
La Corte di appello di Milano, con sentenza emessa in data 13 dicembre 2022, ha confermato la sentenza di primo grado, condannando l’imputato appellante al pagamento delle spese del grado.
La Corte di cassazione, con sentenza n. 8110 del 23 gennaio 2024 emessa dalla Sesta sezione penale, ha annullato la sentenza di secondo grado, in quanto la Corte di appello non ha disposto la traduzione dell’imputato che ne aveva fatto tempestiva richiesta.
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Milano, decidendo in sede di rinvio, ha confermato la sentenza di primo grado, condannando l’imputato appellante al pagamento delle spese processuali.
L’avvocato NOME COGNOME difensore di COGNOME, ricorre avverso questa sentenza e ne chiede l’annullamento.
Il difensore deduce la violazione dell’art. 372 cod. pen., in quanto la Corte di appello avrebbe erroneamente applicato la legge penale con riferimento all’elemento oggettivo del reato contestato, ritenuto sussistente in violazione del principio di necessaria offensività.
Il delitto di falsa testimonianza è, infatti, punibile solo quando la deposizione falsa sia idonea a incidere sull’esito del processo; nel caso di specie, tuttavia, la Corte di appello non avrebbe operato questo accertamento.
La sussistenza del delitto di falsa testimonianza sarebbe, infatti, stata
N
affermata solo sulla base del contrasto tra le dichiarazioni rese nelle indagini preliminari e quelle rese in dibattimento.
La prova del delitto di falsa testimonianza, tuttavia, impone la valutazione di elementi aggiuntivi, che consentano di affermare che quanto precedentemente affermato dal testimone corrisponda al vero e non già al falso.
Il mero contrasto tra dichiarazioni rese in diverse fasi processuali nulla dice sulla verità o falsità di quanto deposto, incidendo al più sull’attendibilità d testimone.
La sentenza impugnata non si sarebbe conformata a questi principi, in quanto non ha precisato se la testimonianza del ricorrente fosse l’unica assunta nel dibattimento, se vi fossero acquisizioni documentali che potessero supplire al contenuto della testimonianza e se l’imputato fosse stato assolto o meno per insufficienza delle prove assunte in dibattimento.
In assenza di questi accertamenti, sarebbe impossibile comprendere l’effettiva efficacia probatoria della testimonianza resa dal ricorrente e la sua concreta portata offensiva.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 3 marzo 2025, il Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
Con conclusioni depositate in data 10 marzo 2025 l’avvocato NOME COGNOME ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il difensore, proponendo un unico motivo di ricorso, ha dedotto l’inosservanza dell’art. 372 cod. pen., in quanto la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto sussistente l’elemento oggettivo del reato contestato, in violazione del principio di necessaria offensività.
3. Il motivo è aspecifico.
L’art. 372 cod. pen. contempla tre forme alternative di realizzazione della condotta incriminata dal legislatore quale falsa testimonianza: due commissive («afferma il falso» e «nega il vero») e una omissiva («tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato»).
La sentenza di primo grado ha rilevato che il ricorrente, nel corso delle indagini preliminari, ha reso dichiarazioni eteroaccusatorie, puntuali e
circostanziate, in ordine ai reati commessi da NOME COGNOME NOMECOGNOME ma, una volta escusso in dibattimento, ha negato ogni circostanza, pur a fronte delle
contestazioni mosse; l’imputato, in particolare, ha affermato di non ricordare nulla, in quanto sarebbe caduto in carcere e avrebbe battuto il capo.
Il giudice di primo grado ha, dunque, ritenuto integrato il reato di cui all’art.
372 cod. pen., in ragione dell’ostinato rifiuto a testimoniare dell’imputato, che ha negato «qualunque ricordo dei fatti denunciati con grande precisione, riferendo
circostanze tanto gravi da non poter essere dimenticate» (pag. 3 della sentenza di primo grado).
La sentenza di primo e secondo grado, dunque, affermano che il reato di cui all’art. 372 cod. pen. è stato commesso in forma omissiva, a mezzo della deliberata
reticenza del ricorrente, non della sue dichiarazioni false.
I principi di diritto invocati dal difensore del ricorrente, dunque, pur corretti, non sono conferenti nel caso di specie, in quanto sono riferiti alle forme
commissive e non già a quella omissiva di realizzazione del delitto di falsa testimonianza.
Le sentenze di merito hanno, peraltro, concordemente rilevato sulla rilevanza (e, dunque, sulla idoneità concretamente offensiva) della condotta omissiva del ricorrente, che ha deliberata , r ifiutato di deporre sulle accuse circostanziate rivolte nei confronti di NOME COGNOME nel corso delle indagini preliminari.
Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
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P.Q.M.
3, ;i IP GLYPH ammende. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle E ?, GLYPH spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
Così deciso in Roma, il 17 marzo 2025.