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Falsa testimonianza: quando è reato e limiti

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per falsa testimonianza a carico di una donna che aveva mentito durante un processo per frode assicurativa. La Corte ha stabilito che il principio di non autoincriminazione non si applica al reato di falsa testimonianza che si sta commettendo, ma solo a fatti pregressi. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile, rendendo definitiva la condanna.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Testimonianza: Non ci si può nascondere dietro il diritto al silenzio

La falsa testimonianza è un reato grave che mina le fondamenta del sistema giudiziario. Ma cosa succede se un testimone, mentendo, finisce per auto-accusarsi di un crimine? Può invocare il diritto a non incriminarsi? Con la sentenza n. 3654 del 2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale: il principio nemo tenetur se detegere (nessuno è tenuto ad accusare sé stesso) non offre scudo a chi commette il reato di falsa testimonianza proprio mentre depone.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria trae origine da un processo per frode assicurativa. Un uomo aveva denunciato un sinistro stradale per ottenere un risarcimento, sostenendo di essere il passeggero di un motociclo, mentre in realtà ne era il conducente. Durante quel processo, una donna è stata chiamata a testimoniare e ha confermato la versione fraudolenta, affermando falsamente che sul motociclo viaggiavano due persone e che alla guida vi era un uomo più anziano, padre del vero conducente.

In seguito, la donna è stata a sua volta processata e condannata sia in primo grado che in appello per il reato di falsa testimonianza, previsto dall’art. 372 del codice penale. La sua deposizione era risultata palesemente in contrasto con le prove raccolte, tra cui una sua precedente dichiarazione scritta all’assicurazione in cui menzionava un solo ragazzo a bordo del veicolo.

I Motivi del Ricorso e la questione della testimonianza

La difesa dell’imputata ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi, ma il più rilevante riguardava la presunta inutilizzabilità della sua testimonianza. Secondo la tesi difensiva, nel momento in cui la donna ha reso dichiarazioni che la esponevano a un’accusa penale, avrebbe dovuto essere sentita come indagata e non come testimone, con tutte le garanzie del caso, compreso il diritto al silenzio. Si sosteneva, in pratica, che la sua testimonianza fosse auto-indiziante e quindi non utilizzabile contro di lei.

Oltre a ciò, venivano contestate presunte violazioni procedurali, come l’omessa notifica di alcuni avvisi di udienza e l’acquisizione di verbali di un altro procedimento senza un corretto inserimento nella lista testi.

Le motivazioni della Corte sulla falsa testimonianza

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni della difesa con motivazioni nette e precise. Il punto cruciale della decisione riguarda la distinzione fondamentale tra l’incriminazione per un reato passato e la commissione di un reato nel presente.

I Giudici Supremi hanno chiarito che il principio nemo tenetur se detegere e le garanzie previste dall’art. 63 del codice di procedura penale sono pensate per proteggere chi, sentito come testimone, riveli circostanze che potrebbero far emergere una sua responsabilità per fatti pregressi. Non si applicano, invece, alla situazione in cui il soggetto, proprio attraverso le sue dichiarazioni false, sta realizzando in quel momento il fatto tipico di un reato come la calunnia o, appunto, la falsa testimonianza.

In altre parole, il diritto a non auto-accusarsi serve a proteggere chi ha commesso un reato, non chi deve ancora commetterlo. Un testimone ha l’obbligo di dire la verità; se sceglie di mentire, non può poi invocare una garanzia processuale per sfuggire alle conseguenze della sua condotta illecita e attuale.

La Corte ha inoltre ritenuto infondati gli altri motivi, specificando che le notifiche al difensore erano state eseguite correttamente e che l’acquisizione di prove da altri procedimenti penali è pienamente legittima ai sensi dell’art. 238 c.p.p., senza che si applichino le rigidità previste per la lista testi.

Le conclusioni

Con questa sentenza, la Cassazione ribadisce un principio cardine del nostro ordinamento: il dovere di un testimone è quello di contribuire all’accertamento della verità. La scelta di mentire sotto giuramento costituisce un reato autonomo e istantaneo. La protezione contro l’autoincriminazione non può essere distorta per creare una sorta di immunità per chi decide deliberatamente di ostacolare la giustizia. La condanna per falsa testimonianza è stata quindi resa definitiva, così come l’obbligo di risarcire il danno alla parte civile, ovvero la compagnia assicurativa danneggiata dalla tentata frode.

Un testimone può mentire in tribunale e poi invocare il principio che nessuno è obbligato ad accusare sé stesso?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che tale principio protegge una persona da accuse per reati commessi in passato, non per il reato di falsa testimonianza che si sta commettendo nel momento stesso in cui si depone il falso.

Le prove raccolte in un altro processo, come i verbali di udienza, possono essere usate in un nuovo procedimento?
Sì. La Corte ha confermato che è legittima l’acquisizione di verbali di prove di un altro procedimento penale ai sensi dell’art. 238 del codice di procedura penale, e tale acquisizione non è subordinata alle regole sul deposito della lista dei testimoni.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la persona ricorrente viene condannata al pagamento delle spese processuali, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende e, se costituita, alla rifusione delle spese legali sostenute dalla parte civile nel giudizio di cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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