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Falsa testimonianza: non punibile se per evitare condanna

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna al risarcimento per falsa testimonianza. Il caso riguardava un testimone che, già indagato per calunnia per le sue dichiarazioni precedenti, aveva mentito in tribunale. La Corte ha stabilito che la causa di non punibilità prevista dall’art. 384, comma 1, del codice penale si applica anche a chi mente per evitare una condanna per un reato commesso in precedenza (in questo caso, calunnia), in base al principio che nessuno può essere costretto ad autoaccusarsi. L’errore del giudice di merito è stato qualificare il soggetto come testimone assistito, mentre era un testimone puro con l’obbligo di deporre.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Testimonianza: quando non è punibile? La Cassazione chiarisce

La falsa testimonianza rappresenta un grave reato contro l’amministrazione della giustizia, ma esistono situazioni in cui la legge stessa prevede la non punibilità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 14843 del 2025, offre un’analisi dettagliata dell’applicazione dell’art. 384 del codice penale, la norma che esclude la punibilità per chi ha commesso il fatto per la necessità di salvare sé stesso da un grave e inevitabile danno. Approfondiamo questo caso complesso.

I Fatti del Processo

La vicenda ha origine da una denuncia per violazione di domicilio e interferenze illecite nella vita privata. L’autore della denuncia indicò una persona come testimone, la quale confermò la sua versione dei fatti in sede di sommarie informazioni. Successivamente, uno dei denunciati presentò una contro-querela per calunnia sia contro il denunciante originario sia contro il testimone.

Nel corso del dibattimento a carico dei denunciati, il testimone fu chiamato a deporre. A quel punto, egli era già formalmente indagato per il reato di calunnia in relazione alle sue precedenti dichiarazioni. A causa di un errore procedurale, gli venne attribuita la qualifica di ‘indagato in reato connesso’ e fu avvisato della facoltà di non rispondere, tipica del testimone assistito. Nonostante ciò, scelse di testimoniare e confermò la versione dei fatti, che risultò poi essere falsa. Il procedimento principale si concluse con l’assoluzione dei denunciati e la trasmissione degli atti alla Procura per procedere contro il testimone per falsa testimonianza.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Il Tribunale di primo grado assolse l’imputato dal reato di falsa testimonianza, applicando la causa di non punibilità prevista dall’art. 384, comma 2, c.p., ritenendo che non fosse obbligato a deporre su fatti concernenti la propria responsabilità penale.

La Corte di Appello, invece, riformò parzialmente la sentenza. Pur confermando l’assoluzione penale (in assenza di appello del Pubblico Ministero), dichiarò la responsabilità dell’imputato ai soli fini civili, condannandolo al risarcimento dei danni. Secondo la Corte d’Appello, avendo il testimone scelto liberamente di deporre pur essendo stato avvisato della facoltà di astenersi, era comunque tenuto all’obbligo di dire la verità. La sua menzogna, quindi, non poteva essere scusata.

La Falsa Testimonianza e le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza d’appello, accogliendo il ricorso dell’imputato. Il ragionamento della Suprema Corte si fonda sull’identificazione di un errore procedurale di fondo.

Il ricorrente non avrebbe dovuto essere trattato come un testimone assistito (con facoltà di non rispondere), ma come un testimone ‘puro’, con il pieno obbligo di deporre. La pendenza di un’indagine per calunnia per dichiarazioni rese in precedenza non crea, secondo la giurisprudenza consolidata, un’incompatibilità a testimoniare. Il soggetto era chiamato a riferire su un fatto storico (la presunta violazione di domicilio) diverso dal reato per cui era indagato (la calunnia).

Una volta stabilito che il soggetto aveva l’obbligo di testimoniare, la Corte si è concentrata sull’applicabilità della causa di non punibilità. La decisione d’appello è stata ritenuta errata perché ha escluso l’applicazione dell’art. 384 c.p. sulla base di un presupposto sbagliato (la facoltà di non rispondere).

La Cassazione ha chiarito che la situazione rientrava pienamente nell’ambito del primo comma dell’art. 384 c.p. Il testimone, obbligato a deporre, si trovava di fronte a un’alternativa ineludibile: o dire la verità, ammettendo di fatto la propria responsabilità per il reato di calunnia (autoaccusandosi), oppure mentire per salvarsi dalla condanna. Questa situazione integra la ‘necessità di salvare sé stesso da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore’, che costituisce il fondamento della causa di non punibilità. Il principio del nemo tenetur se detegere (nessuno è tenuto ad accusare sé stesso) prevale, in questo specifico contesto, sull’obbligo di dire la verità.

Di conseguenza, la falsa testimonianza commessa per sottrarsi a una condanna per il reato di calunnia precedentemente consumato non è punibile.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, revocando le statuizioni civili. La sentenza ribadisce un principio fondamentale: non è punibile per falsa testimonianza il testimone che ribadisce dichiarazioni calunniose per sottrarsi al pericolo di essere incriminato per il reato di calunnia già commesso. La punibilità per il reato di calunnia rimane, ovviamente, ferma, ma la successiva testimonianza mendace è coperta dalla causa di non punibilità, poiché costringere il teste a dire il vero equivarrebbe a imporgli un’autoincriminazione. La decisione evidenzia l’importanza del corretto inquadramento processuale del dichiarante per la giusta applicazione delle norme sostanziali.

Un testimone, già indagato per calunnia a causa di sue precedenti dichiarazioni, deve essere considerato un testimone ‘puro’ o un ‘testimone assistito’?
Secondo la Corte di Cassazione, deve essere considerato un testimone ‘puro’, con l’obbligo di deporre e dire la verità. La qualifica di testimone assistito, con la relativa facoltà di non rispondere, gli è stata attribuita erroneamente, poiché la pendenza di un’indagine per calunnia non crea una situazione di incompatibilità a testimoniare sui fatti originari.

È punibile la falsa testimonianza commessa per evitare una condanna per il reato di calunnia precedentemente commesso?
No, non è punibile. La Corte ha stabilito che tale situazione rientra nella causa di non punibilità prevista dall’art. 384, comma 1, del codice penale. Il testimone si trova nella necessità di salvarsi da un grave e inevitabile danno alla propria libertà o onore, e il principio che vieta l’autoincriminazione prevale sull’obbligo di dire la verità.

L’annullamento della condanna per falsa testimonianza cancella anche il risarcimento del danno?
Sì. Poiché la sentenza impugnata è stata annullata riconoscendo la causa di non punibilità, la Corte ha revocato anche le statuizioni civili. Tuttavia, ciò non pregiudica la possibilità per la parte danneggiata di agire autonomamente in sede civile per ottenere il risarcimento, poiché la non punibilità penale non esclude necessariamente l’esistenza di un illecito civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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