Falsa Testimonianza: Quando il Ricorso della Parte Civile è Inammissibile in Cassazione
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei limiti del ricorso per Cassazione, specialmente quando proposto dalla parte civile avverso una doppia sentenza di assoluzione. Il caso riguarda un’accusa di falsa testimonianza e la decisione della Suprema Corte di dichiarare inammissibile l’impugnazione, ribadendo principi fondamentali del nostro ordinamento processuale.
I Fatti di Causa
La vicenda processuale trae origine da un precedente procedimento penale in cui un soggetto era stato accusato, tra le altre cose, di concorso in furto di gioielli. Le accuse si fondavano principalmente sulle dichiarazioni di due persone, padre e figlio. Tuttavia, in quel primo giudizio, il soggetto fu assolto.
Successivamente, la persona assolta si è costituita parte civile in un nuovo procedimento, questa volta a carico dei suoi due accusatori, imputati del reato di falsa testimonianza per le dichiarazioni rese nel primo processo. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno però assolto i due imputati. Contro la sentenza di secondo grado, la parte civile ha proposto ricorso per Cassazione.
La Decisione della Cassazione e la Falsa Testimonianza
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La Suprema Corte non può riesaminare i fatti o valutare nuovamente le prove, ma deve limitarsi a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.
Nel caso specifico, i giudici hanno stabilito che i motivi del ricorso erano costituiti da “mere doglianze in punto di fatto”, ovvero tentativi di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, attività preclusa in questa sede. La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello “completa e logicamente ineccepibile”, evidenziando come da essa emergesse chiaramente l’insussistenza dei vizi denunciati.
Le Motivazioni
La decisione della Cassazione si poggia su due pilastri argomentativi fondamentali: il concetto di “doppia conforme” e l’analisi della coerenza logica della motivazione dei giudici di merito.
La Corte ha sottolineato come la sentenza d’appello avesse confermato, in modo non illogico, l’assoluzione già disposta in primo grado. La motivazione della Corte territoriale, richiamando implicitamente quella del Tribunale (c.d. “doppia conforme”), era solida e ben argomentata. In particolare, l’assoluzione dal reato di falsa testimonianza si basava su più punti:
1. Irrilevanza dell’assoluzione precedente: L’assoluzione della parte civile nel primo processo non provava automaticamente la colpevolezza dei suoi accusatori per falsa testimonianza.
2. Mancanza di riscontri: Le testimonianze dei due imputati nel processo originario non avevano trovato sufficienti conferme, anche a causa del mancato ritrovamento dei beni sottratti.
3. Contraddittorietà diffuse: Le sentenze di merito avevano evidenziato contraddizioni non solo nelle dichiarazioni degli imputati, ma anche in quelle della stessa parte civile. Questa incertezza generale rendeva impossibile stabilire con certezza la falsità delle testimonianze.
4. Incoerenze: Erano emerse incoerenze specifiche nelle dichiarazioni di tutte le parti coinvolte, tali da non permettere una chiara ricostruzione dei fatti e, di conseguenza, di dimostrare la menzogna degli imputati.
Questa motivazione, secondo la Cassazione, è apparsa non illogica e, pertanto, non sindacabile in sede di legittimità.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio cruciale: per impugnare con successo una sentenza di assoluzione in Cassazione, non è sufficiente proporre una propria ricostruzione dei fatti, contrapponendola a quella dei giudici di merito. È necessario, invece, individuare vizi specifici nella motivazione, come una sua manifesta illogicità o una palese contraddizione. In presenza di una “doppia conforme” assolutoria, con motivazioni coerenti e logiche, le possibilità di successo di un ricorso basato su contestazioni fattuali sono praticamente nulle. La parte civile che si ritenga danneggiata da una testimonianza deve quindi concentrare i propri sforzi nel dimostrare, già nei gradi di merito, le prove della falsità in modo inequivocabile.
Perché il ricorso della parte civile è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si basava su contestazioni relative alla ricostruzione dei fatti e alla valutazione delle prove (‘doglianze in punto di fatto’), materie che non possono essere riesaminate dalla Corte di Cassazione, il cui compito è solo verificare la corretta applicazione della legge.
Cosa significa ‘doppia conforme’ in questo contesto?
Significa che sia il Tribunale (primo grado) sia la Corte d’Appello (secondo grado) sono giunti alla stessa conclusione, assolvendo gli imputati. Questa doppia decisione concorde rafforza la solidità della motivazione, rendendo più difficile per la Cassazione annullarla, a meno di evidenti vizi logici o giuridici.
Quali elementi hanno portato all’assoluzione degli imputati per falsa testimonianza?
L’assoluzione nei gradi di merito è derivata dall’impossibilità di provare con certezza la falsità delle loro testimonianze. I giudici hanno rilevato la mancanza di riscontri sufficienti alle loro accuse, la presenza di contraddizioni nelle loro dichiarazioni e anche incoerenze nelle dichiarazioni della stessa parte civile, elementi che hanno impedito di raggiungere la prova della colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23367 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23367 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: dalla parte civile COGNOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a TRAPPETO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a ALCAMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/10/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso della parte civile NOME COGNOME; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso avverso l’assoluzione degli imputati dal reato di cui all’art. 372 cod. pen. non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto ed incentrati sulla denuncia del vizio di motivazione che la lettura del provvedimento impugnato rivela essere completa e logicamente ineccepibile e dalla quale si evince l’insussistenza dei dedotti vizi di motivazione. In particolare, la Corte territoriale ha, in modo non illogico, confermato l’assoluzione degli imputati dal delitto di falsa testimonianza già disposta in primo grado, rilevando che gli elementi acquisiti non consentono di dichiararne la penale responsabilità; a sua volta, la sentenza del Tribunale ha ampiamente motivato in ordine: 1) alla irrilevanza ai fini di affermare la colpevolezza degli imputati dell’intervenuta assoluzione della parte civile dal reato (concorso nel furto di gioielli) per il quale egli era stato accusato (e le dichiarazioni accusatorie rese dai due COGNOME in quel dibattimento rappresentano l’incolpazione ex art. 372 cod. pen.) in quanto in quel giudizio si era ritenuto che le testimonianze dei predetti non avevano ottenuto sufficiente riscontro, considerato anche il mancato rinvenimento dell’oro presso l’abitazione del NOME; 2) che COGNOME COGNOME si era limitato a riferire quanto a lui detto dal figlio, COGNOME NOME (che aveva ammesso di avere sottratto i gioielli su istigazione del NOME per saldare un debito per acquisto di stupefacenti); 3) che in ogni caso le sentenze di assoluzione nei confronti del COGNOME, pur evidenziando aspetti di contraddittorietà nelle dichiarazioni dei COGNOME, tali da rendere non chiara la ricostruzione dei fatti, nondimeno non dimostrano di per sé la falsità della testimonianza; 4) che anche le dichiarazioni del NOME – costituitosi parte civile nel giudizio a carico dei predetti – presentano aspetti di incoerenza (ad esempio, con riferimento all’indicazione dei “libri” che l’odierno ricorrente vorrebbe riferito ai libri scolastici che il figlio avreb venduto a COGNOME NOME e che, invece, secondo questi alludevano ai gioielli familiari da sottrarre). Tale motivazione, implicitamente richiamata dalla sentenza impugnata sussistendo una “doppia conforme” (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 – 01), appare non illogica e dunque non risulta sindacabile in sede di legittimità. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Considerato che all’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna della parte civile ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si ritiene conforme a giustizia liquidare come in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 31 maggio 2024
Il Consigliere relatore
Il Presi COGNOME te