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Falsa testimonianza: inammissibile ricorso civile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una parte civile contro l’assoluzione di due imputati dal reato di falsa testimonianza. La Corte ha ritenuto che il ricorso si basasse su contestazioni di fatto, non ammissibili in sede di legittimità, confermando la logicità delle decisioni dei giudici di merito basate sul principio della ‘doppia conforme’.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Testimonianza: Quando il Ricorso della Parte Civile è Inammissibile in Cassazione

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei limiti del ricorso per Cassazione, specialmente quando proposto dalla parte civile avverso una doppia sentenza di assoluzione. Il caso riguarda un’accusa di falsa testimonianza e la decisione della Suprema Corte di dichiarare inammissibile l’impugnazione, ribadendo principi fondamentali del nostro ordinamento processuale.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale trae origine da un precedente procedimento penale in cui un soggetto era stato accusato, tra le altre cose, di concorso in furto di gioielli. Le accuse si fondavano principalmente sulle dichiarazioni di due persone, padre e figlio. Tuttavia, in quel primo giudizio, il soggetto fu assolto.

Successivamente, la persona assolta si è costituita parte civile in un nuovo procedimento, questa volta a carico dei suoi due accusatori, imputati del reato di falsa testimonianza per le dichiarazioni rese nel primo processo. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno però assolto i due imputati. Contro la sentenza di secondo grado, la parte civile ha proposto ricorso per Cassazione.

La Decisione della Cassazione e la Falsa Testimonianza

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La Suprema Corte non può riesaminare i fatti o valutare nuovamente le prove, ma deve limitarsi a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

Nel caso specifico, i giudici hanno stabilito che i motivi del ricorso erano costituiti da “mere doglianze in punto di fatto”, ovvero tentativi di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, attività preclusa in questa sede. La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello “completa e logicamente ineccepibile”, evidenziando come da essa emergesse chiaramente l’insussistenza dei vizi denunciati.

Le Motivazioni

La decisione della Cassazione si poggia su due pilastri argomentativi fondamentali: il concetto di “doppia conforme” e l’analisi della coerenza logica della motivazione dei giudici di merito.

La Corte ha sottolineato come la sentenza d’appello avesse confermato, in modo non illogico, l’assoluzione già disposta in primo grado. La motivazione della Corte territoriale, richiamando implicitamente quella del Tribunale (c.d. “doppia conforme”), era solida e ben argomentata. In particolare, l’assoluzione dal reato di falsa testimonianza si basava su più punti:

1. Irrilevanza dell’assoluzione precedente: L’assoluzione della parte civile nel primo processo non provava automaticamente la colpevolezza dei suoi accusatori per falsa testimonianza.
2. Mancanza di riscontri: Le testimonianze dei due imputati nel processo originario non avevano trovato sufficienti conferme, anche a causa del mancato ritrovamento dei beni sottratti.
3. Contraddittorietà diffuse: Le sentenze di merito avevano evidenziato contraddizioni non solo nelle dichiarazioni degli imputati, ma anche in quelle della stessa parte civile. Questa incertezza generale rendeva impossibile stabilire con certezza la falsità delle testimonianze.
4. Incoerenze: Erano emerse incoerenze specifiche nelle dichiarazioni di tutte le parti coinvolte, tali da non permettere una chiara ricostruzione dei fatti e, di conseguenza, di dimostrare la menzogna degli imputati.

Questa motivazione, secondo la Cassazione, è apparsa non illogica e, pertanto, non sindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio cruciale: per impugnare con successo una sentenza di assoluzione in Cassazione, non è sufficiente proporre una propria ricostruzione dei fatti, contrapponendola a quella dei giudici di merito. È necessario, invece, individuare vizi specifici nella motivazione, come una sua manifesta illogicità o una palese contraddizione. In presenza di una “doppia conforme” assolutoria, con motivazioni coerenti e logiche, le possibilità di successo di un ricorso basato su contestazioni fattuali sono praticamente nulle. La parte civile che si ritenga danneggiata da una testimonianza deve quindi concentrare i propri sforzi nel dimostrare, già nei gradi di merito, le prove della falsità in modo inequivocabile.

Perché il ricorso della parte civile è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si basava su contestazioni relative alla ricostruzione dei fatti e alla valutazione delle prove (‘doglianze in punto di fatto’), materie che non possono essere riesaminate dalla Corte di Cassazione, il cui compito è solo verificare la corretta applicazione della legge.

Cosa significa ‘doppia conforme’ in questo contesto?
Significa che sia il Tribunale (primo grado) sia la Corte d’Appello (secondo grado) sono giunti alla stessa conclusione, assolvendo gli imputati. Questa doppia decisione concorde rafforza la solidità della motivazione, rendendo più difficile per la Cassazione annullarla, a meno di evidenti vizi logici o giuridici.

Quali elementi hanno portato all’assoluzione degli imputati per falsa testimonianza?
L’assoluzione nei gradi di merito è derivata dall’impossibilità di provare con certezza la falsità delle loro testimonianze. I giudici hanno rilevato la mancanza di riscontri sufficienti alle loro accuse, la presenza di contraddizioni nelle loro dichiarazioni e anche incoerenze nelle dichiarazioni della stessa parte civile, elementi che hanno impedito di raggiungere la prova della colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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