Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21310 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21310 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 19/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Trieste nel procedimento a carico di NOME NOMECOGNOME nato il 19/07/1976 a Trieste
avverso la sentenza del 29/03/2024 del Tribunale di Trieste;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME Di NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurat generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
letta la memoria difensiva dell’Avvocata NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe indicata, il Tribunale di Trieste ha asso NOME COGNOME dal delitto di falsa testimonianza, applicandogli la causa di n punibilità di cui all’art. 384 cod. pen., con riferimento alle dichiarazioni rese d al Tribunale penale di Trieste nel procedimento RGNR 5675 del 2017, a carico della moglie: reato commesso, secondo l’ipotesi accusatoria, dichiarando di essere stat aggredito, con un coltello, da persona ignota all’esterno della propria abitazi sebbene fosse stato accertato che le lesioni erano state inferte, nell’appartame dalla coniuge.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Trieste deducendo, come unico motivo di ricorso, l’errata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 38 pen. perché NOME COGNOME in quanto persona offesa del reato di lesioni commesso dalla moglie, era obbligato a testimoniare ragione per la quale non era st avvisato della facoltà di astenersi dal deporre ai sensi dell’art. 199, comma 1, proc. pen.
Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, ai sensi de 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020 per com prorogata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
NOME COGNOME nel corso della testimonianza resa dinnanzi al Tribunale penale di Trieste il 30 ottobre 2020, nel processo in cui era imputata la moglie lesioni personali aggravate ai suoi danni, aveva dichiarato di essere st accoltellato, alle spalle, da ignoti all’esterno della propria abitazione.
La sentenza impugnata ha accertato la falsità di detta testimonianza sull base di numerosi elementi, puntualmente elencati alle pagine 2 e 3 della sentenza (le abbondanti tracce ematiche sui muri dell’appartamento, incompatibili con l versione fornita dal COGNOME, e l’assenza di sangue sulla strada in cui era avven l’aggressione o sul giubbotto indossato dalla persona offesa; i graffi
escoriazioni sul viso dell’uomo rimaste prive di spiegazione; le sentenze di primo e secondo grado di condanna della moglie per lesioni ai danni di COGNOME; la mancanza di un movente nell’azione lesiva di un terzo ignoto e la ritenuta inverosimiglianza della testimonianza di COGNOME), concludendo, in termini apodittici, per l’applicazione, nel caso di specie, della causa di non punibilità di cui all’art. 384, primo comma, cod. pen. in base al principio di diritto sancito dalla sentenza delle Sezioni Unite “COGNOME” secondo cui «non integra il reato di falsa testimonianza la dichiarazione non veritiera resa da persona che non possa essere sentita come testimone o abbia facoltà di astenersi dal testimoniare, ma non ne sia stata avvertita, a nulla rilevando le finalità e i motivi che l’abbiano indotta a dichiarare il falso» (Sez. U, n. 7208 del 29/11/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 238384).
3. L’art. 199 cod. proc. pen., dispensando il testimone da un dovere civico di pubblico interesse, riconosce la facoltà di non rispondere ai prossimi congiunti dell’imputato nella logica del bilanciamento fra l’interesse collettivo all’accertamento dei fatti, con necessità di non disperdere una fonte primaria di notizie, e gli interessi privati implicati dai condizionamenti derivanti dalla relazione di affetto che connota le relazioni familiari.
Per dirimere il conflitto individuale del testimone – tra deporre il falso o nuocere al congiunto – il legislatore ha adottato la regola generale della prevalenza delle relazioni familiari sull’interesse della collettività alla punizione dei reat riconoscendo al componente della famiglia la facoltà – che egli puo’ esercitare sulla base del proprio personale apprezzamento – di astenersi dal rendere la testimonianza.
Tuttavia, la norma processuale, all’art. 199, comma 1, ultima parte, cod. proc. pen., deroga alla considerata regola fissata dalla legge per le persone offese dal reato e per i loro prossimi congiunti, anche quando abbiano presentato denuncia, querela o istanza.
Corna da ultimo affermato dalla Corte costituzionale (sent. n. 200 del 16 dicembre 2024 § 8 e ss.), con una lettura pienamente consapevole delle pressioni cui è sottoposta la persona offesa che denunci o deponga su delitti consumatisi in contesti familiari, l’obbligo previsto dall’ordinamento costituisce una vera e propria «forma di protezione» nei suoi confronti in quanto il legislatore in tal modo: a) previene eventuali intimidazioni che spesso accompagnano i reati maturati in ambito familiare e che sono volte ad indurre il teste a non deporre, coartandone la volontà; b) preserva la genuinità della prova di chi, con riferimento a quel determinato fatto, è titolare dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice e
portatore dell’interesse all’affermazione della responsabilità penale dell’autore del reato.
D’altra parte, è proprio il delitto consumato in un contesto familiare, in violazione di diritti di rango costituzionale (diritto alla vita, diritto alla di personale, diritto all’integrità fisica e morale, diritto alla libert autodeterminazione), a far venire meno il “dilemma” morale, di rilievo individuale, della persona offesa dal reato – con il suo ruolo di testimone privilegiato in ordine alla conoscenza dei fatti – posto a base della facoltà di astensione: rendere una deposizione veritiera, rischiando in tal modo di subire ritorsioni, dirette o indirette, o compromettere il suo rapporto con l’imputato e con l’intero nucleo familiare, oppure rendere una testimonianza inattendibile o falsa per proteggere quel rapporto o per evitare conseguenze pregiudizievoli.
Peraltro, la citata sentenza della Corte costituzionale, concludendo per la non fondatezza delle sollevate questioni di legittimità costituzionale della disposizione dettata dall’art. 199, comma 1, cod. proc. pen., ha rilevato che «la posizione del prossimo congiunto offeso dal reato non si differenzia da quella ordinaria dei testimoni, sicche’ nei confronti dello stesso ben potrà essere applicata la disposizione di cui all’art. 384, primo comma, cod. pen., ove, tenuto conto delle circostanze del caso concreto, sia stato costretto a deporre il falso dalla necessità di salvare se’ medesimo o l’imputato da un grave e inevitabile nocumento alla libertà» (Corte cost., sent. n. 200 del 16 dicembre 2024, § 8.5).
4. La sentenza impugnata, con mere clausole di stile, ha sviluppato una motivazione confliggente con le norme processuali menzionate e con l’interpretazione che di esse è stata offerta dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, ritenendo che la falsa deposizione dell’imputato rientrasse nell’ambito di “copertura” dell’art. 384 cod. pen., senza confrontarsi con la circostanza determinante che l’imputato fosse persona offesa dal reato commesso dalla moglie. Infatti, a prescindere dal fatto che Sonni l’avesse o meno denunciata, lo stesso non aveva né la facoltà di astenersi dal deporre, né il diritto a ricevere l’avviso di cui all’art. 199, comma 2, cod. proc. pen., proprio perché vittima del reato oggetto del processo in corso di svolgimento (Sez. 1, n. 27129 del 10/09/2020, Drogo, Rv. 279583 e Rv. 269722; Sez. 5, n. 13529 del 08/02/2017, C, Rv. 269722): cosicchè, a fronte delle sue dichiarazioni false, non poteva operare l’esimente applicatagli.
In questo quadro fattuale, non assume alcuna pertinenza il richiamo della sentenza impugnata alla pronuncia delle Sezioni Unite “Genovese” che riguarda il diverso caso del testimone-non persone offesa del reato che, pur essendo stato avvertito della facoltà di astenersi, abbia deposto il falso perché costretto dalla
necessità di salvare, sé o un prossimo congiunto, da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore, in quanto nel caso di specie, in base al citato
dato.
art. 199 cod. proc. pen., detto avviso non era dovuto. esserc
5. Alla stregua degli argomenti che precedono, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Trieste,
trattandosi di ricorso per saltum
ex art. 569, comma 4, cod. proc. pen., in una la
fattispecie in cui non si applica, in base al principio del tempus regit actum,
innovativa disciplina prevista dalla legge n. 114 del 2024.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla
Corte di appello di Trieste per il giudizio.
Così deciso il 19 maggio 2025
La Consigliera estensora
Il