Falsa Revisione Auto: la Cassazione Conferma la Condanna Anche per il Solo Possesso del Tagliando
L’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. VII Penale, n. 14226 del 2024, affronta un caso di falsa revisione auto, ribadendo principi importanti sulla configurabilità del reato e sui limiti della non punibilità per particolare tenuità del fatto. La pronuncia chiarisce che il semplice possesso del tagliando adesivo contraffatto, attestante una revisione mai avvenuta, è sufficiente per integrare il delitto di falsità materiale in certificato amministrativo. Approfondiamo la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.
I Fatti di Causa
Un automobilista veniva condannato in primo grado e in appello per il reato previsto dagli articoli 477 e 482 del Codice Penale. L’accusa era quella di aver utilizzato un’etichetta adesiva falsa, applicata sulla carta di circolazione, per attestare falsamente l’avvenuta revisione del proprio veicolo. La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza del maggio 2023, confermava la condanna, spingendo l’imputato a proporre ricorso per cassazione.
I Motivi del Ricorso e la Difesa dell’Imputato
La difesa dell’imputato ha articolato il ricorso in Cassazione su tre distinti motivi:
1. Violazione di legge: Si sosteneva che il semplice possesso del tagliando falso non fosse sufficiente a integrare il reato contestato, ritenendo la condotta non penalmente rilevante.
2. Violazione del principio di responsabilità personale: L’imputato lamentava la violazione dell’art. 27 della Costituzione, suggerendo che la falsificazione potesse essere attribuita ad altri, dato che il veicolo era stato utilizzato anche da terzi.
3. Mancata applicazione della non punibilità: Si contestava il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), considerata l’asserita lieve entità del reato.
La Decisione della Cassazione sulla Falsa Revisione Auto
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutti i motivi proposti con argomentazioni nette e in linea con il proprio orientamento consolidato.
Il Valore Giuridico del Tagliando di Revisione
La Corte ha qualificato il primo motivo come manifestamente infondato. Ha ribadito che il tagliando adesivo che attesta la revisione, normalmente applicato sulla carta di circolazione, è a tutti gli effetti un certificato amministrativo. La sua falsificazione, pertanto, integra pienamente il delitto di falsità materiale commesso dal privato, ai sensi del combinato disposto degli artt. 477 e 482 c.p. La giurisprudenza è pacifica nel considerare la formazione di una falsa attestazione di revisione un reato, anche quando tale indicazione mendace è apposta direttamente sulla carta di circolazione.
Responsabilità Penale e Onere della Prova
Anche il secondo motivo è stato giudicato generico e inammissibile. La Cassazione ha sottolineato che il ricorso tentava una rivalutazione delle prove, attività non consentita in sede di legittimità. La Corte territoriale aveva correttamente escluso che terzi, utilizzatori occasionali del veicolo, potessero avere interesse a compiere la falsificazione. In sostanza, spettava all’imputato fornire prove concrete per scardinare la ricostruzione logica dei giudici di merito, cosa che non è avvenuta.
I Limiti della Particolare Tenuità del Fatto
Infine, la Corte ha respinto il terzo motivo. Ha ricordato che la valutazione sulla particolare tenuità del fatto richiede un’analisi complessa che tiene conto delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza e dell’entità del pericolo, ai sensi dell’art. 133 c.p. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente escluso l’applicabilità dell’istituto non solo per il pericolo intrinseco creato dalla condotta (circolare con un veicolo potenzialmente non sicuro), ma soprattutto per i precedenti penali specifici dell’imputato. Tali precedenti, relativi a reati della stessa indole, hanno fatto emergere un’abitualità nel comportamento illecito, ostativa al riconoscimento del beneficio.
Le Motivazioni
La ratio decidendi della Suprema Corte si fonda su tre pilastri giuridici. In primo luogo, la qualificazione del tagliando di revisione come certificato amministrativo la cui falsificazione ha rilevanza penale autonoma, in quanto attesta una qualità essenziale per la sicurezza della circolazione stradale. In secondo luogo, il principio secondo cui, in assenza di prove contrarie, la responsabilità della falsificazione ricade sul proprietario e utilizzatore principale del veicolo, essendo illogico attribuirla a un utilizzatore momentaneo. Infine, il principio per cui l’abitualità del comportamento, desunta da precedenti penali specifici, è un elemento decisivo per escludere la particolare tenuità del fatto. La condotta non è più un episodio isolato e di minima offensività, ma si inserisce in un modello comportamentale che il sistema giuridico non può tollerare o considerare lieve.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per tutti gli automobilisti. Conferma che la circolazione con una falsa revisione auto è un reato grave, perseguito penalmente. La decisione chiarisce che la responsabilità non può essere facilmente scaricata su terzi senza prove concrete e che un passato criminale, anche per reati simili, preclude l’accesso a benefici come la non punibilità per particolare tenuità del fatto. La sentenza rafforza la necessità di garantire la sicurezza stradale attraverso la repressione di condotte che, sebbene possano apparire come semplici ‘scorciatoie’, mettono a repentaglio la sicurezza collettiva e integrano fattispecie di reato con conseguenze serie.
Possedere un tagliando di revisione falso sulla propria carta di circolazione è reato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la formazione e il possesso di una falsa attestazione di avvenuta revisione, anche se realizzata tramite un semplice tagliando adesivo, integra il delitto di falsità materiale in certificato amministrativo previsto dagli artt. 477 e 482 del codice penale.
Posso essere ritenuto responsabile anche se non ho materialmente falsificato io il documento?
Sì. La Corte ha ritenuto che il possesso del tagliando falso da parte dell’imputato fosse sufficiente a integrare il reato. La difesa basata sulla possibilità che altri avessero commesso il fatto è stata respinta come generica, in quanto non supportata da prove concrete e ritenuta illogica dai giudici.
Perché in questo caso non è stata applicata la causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’?
La non punibilità è stata negata per due ragioni principali: l’entità del pericolo causato dalla condotta (circolare con un veicolo non revisionato) e, soprattutto, i precedenti penali dell’imputato per reati della stessa indole. Questi ultimi hanno dimostrato un’abitualità nel comportamento illecito, condizione che impedisce l’applicazione del beneficio previsto dall’art. 131-bis c.p.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14226 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14226 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COLLECCHIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/05/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
che COGNOME NOME ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Bologna in data 4 maggio 2023 che ha confermato la condanna inflittagli per il reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen. (fatto commesso in Noceto in epoca anteriore e prossima al 17 settembre 2016);
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, articolando tre motivi;
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il primo motivo, che denuncia la violazione degli artt. 477 e 482 cod. pen., è generico e manifestamente infondato, atteso che la Corte territoriale, con l’evidenziare come il possesso da parte dell’imputato del tagliando sostitutivo dell’etichetta adesiva attestante l’avvenuta revisione dell’autoveicolo, normalmente applicata sulla carta di circolazione, fosse tale da integrare il reato contestato, trattandosi di documento a tutti gli effetti equivalente all’etichetta medesima (vedasi pag. 2 della sentenza impugnata), si è fedelmente attenuta alla pacifica ermeneusi di questa Corte, secondo cui:<<Integra il delitto di falsità materiale in certificato amministrativo commesso da privato, di cui al combinato disposto degli artt. 477 e 482 cod. pen., la condotta costituita dalla formazione di una falsa attestazione dell'avvenuta revisione di un autoveicolo con esito positivo, anche quando la mendace indicazione è apposta sulla carta di circolazione» (Sez. 5, n. 46499 del 01/07/2014, Rv. 261019);
che il secondo motivo, che lamenta la violazione del principio della responsabilità penale personale di cui all'art. 27 Cost., è generico e non consentito in questa sede, giacché non coglie la ratio decidendi della statuizione sul punto adottata dalla Corte territoriale (ossia che chi aveva avuto un uso momentaneo del veicolo non poteva avere avuto alcun interesse alla falsificazione della certificazione, cfr. pag. 2 della sentenza impugnata) e tenta di rimettere in discussione l'operata ricostruzione della vicenda tramite la rivalutazione delle prove;
che il terzo motivo, che censura il diniego della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen., è manifestamente infondato oltre che generico, posto che, per il diritto vivente, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, comma 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266590), anche se non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, Rv. 283044), come accaduto nel caso di specie (vedasi pag. 2, secondo capoverso della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale ha escluso l'applicabilità dell'istituto ex art. 131-bis cod. pen. all luce non solo dell'entità del pericolo causato dalla condotta dell'imputato, ma anche dei suoi precedenti penali per reati della stessa indole, tanto evidenziando come il Collegio di merito abbia valorizzato anche l'abitualità del comportamento dell'imputato);
-ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 31 gennaio 2024
Il consigliere estensore
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Il Presidente