Falsa Dichiarazione: Quando la Gravità del Fatto Rende Inammissibile il Ricorso
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e per la concessione delle attenuanti generiche nel caso di falsa dichiarazione. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la condanna e sottolineando come la finalità della dichiarazione e i precedenti penali siano elementi decisivi nella valutazione del giudice.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna per il reato di cui all’art. 495 c.p., confermata in appello, nei confronti di un soggetto che aveva reso una falsa dichiarazione all’Autorità giudiziaria. L’imputato ha presentato ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:
1.  La mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), sostenendo la scarsa gravità della condotta.
2.  Il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.) e un vizio di motivazione nella determinazione della pena (art. 133 c.p.).
La Corte di Appello aveva già rigettato tali richieste, motivando la propria decisione sulla base della gravità intrinseca del reato e della biografia penale negativa dell’imputato.
L’Analisi della Corte di Cassazione e la Falsa Dichiarazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha ritenuto entrambi i motivi di ricorso manifestamente infondati, procedendo a una dichiarazione di inammissibilità. Vediamo nel dettaglio le argomentazioni della Corte.
Il Rigetto del Motivo sulla Particolare Tenuità del Fatto
Il primo motivo, relativo all’art. 131-bis c.p., è stato giudicato infondato perché la Corte territoriale aveva correttamente valutato la gravità del pericolo prodotto dalla falsa dichiarazione. Il fatto che la dichiarazione mendace fosse destinata all’Autorità giudiziaria con lo scopo specifico di ottenere la sostituzione di una misura cautelare è stato considerato un elemento determinante. Secondo i giudici di legittimità, tale finalità conferisce al reato una gravità tale da escludere a priori la ‘particolare tenuità’ richiesta dalla norma. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta congrua e logica, e non sindacabile in sede di Cassazione.
Il Rigetto del Motivo sulle Attenuanti Generiche
Anche il secondo motivo è stato considerato manifestamente infondato e privo di specificità. La Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse fornito un’adeguata motivazione sul perché non fossero state concesse le attenuanti generiche. I giudici di merito avevano dato peso preponderante alla biografia penale negativa dell’imputato, un elemento previsto dall’art. 133 c.p. tra i criteri di valutazione della gravità del reato. La decisione di negare le attenuanti, basata su questo specifico aspetto, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e, se motivata in modo logico come in questo caso, non può essere censurata tramite semplici affermazioni assertive nel ricorso.
Le Motivazioni
La decisione della Corte di Cassazione si fonda sul principio che il ricorso deve presentare vizi specifici e non può limitarsi a riproporre questioni già adeguatamente valutate nei gradi di merito. La Corte ha ritenuto le motivazioni della sentenza d’appello complete, logiche e coerenti. La gravità della condotta, desunta non solo dal reato in sé ma anche dal contesto e dalla finalità (influenzare una decisione giudiziaria su una misura restrittiva della libertà personale), è stata il fulcro del ragionamento per escludere l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. Analogamente, il richiamo ai precedenti penali dell’imputato è stato considerato un valido e sufficiente motivo per negare le attenuanti generiche, in linea con l’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione sulla gravità di un reato come la falsa dichiarazione non è astratta, ma va contestualizzata. Se la dichiarazione è finalizzata a ingannare l’autorità giudiziaria per ottenere un beneficio, la sua gravità aumenta considerevolmente, precludendo l’accesso a istituti premiali come la particolare tenuità del fatto. Inoltre, la biografia penale di un imputato rimane un fattore cruciale nella valutazione per la concessione delle attenuanti generiche. La conseguenza diretta dell’inammissibilità del ricorso è stata la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nella proposizione di un’impugnazione palesemente infondata.
 
Quando una falsa dichiarazione non può essere considerata di ‘particolare tenuità’?
Secondo l’ordinanza, una falsa dichiarazione non è considerata di particolare tenuità quando la sua finalità è particolarmente grave, come nel caso in cui sia destinata all’Autorità giudiziaria per ottenere la sostituzione di una misura cautelare. La gravità del pericolo creato dal fatto esclude l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.
Perché la Corte di Cassazione può confermare il diniego delle attenuanti generiche?
La Corte conferma il diniego delle attenuanti generiche quando la decisione del giudice di merito è basata su una motivazione congrua e logica, come il richiamo alla biografia penale negativa dell’imputato. Tale valutazione rientra nel potere discrezionale del giudice e non è censurabile se non per vizi logici manifesti.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se l’inammissibilità è evidente e dovuta a colpa del ricorrente, come in questo caso, la Corte lo condanna anche al pagamento di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34420 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 34420  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a ARDORE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/12/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria che ne ha confermato la condanna per il delitto di cui all’art. 495, commi 1 e 2, lett. a cod. pen. in relazione all’art. 76 d.P.R. 445/2000;
considerato che il primo motivo di ricorso – con il quale il ricorrente denuncia la viola di legge e il vizio di motivazione in relazione all’esclusione della causa di non punibilità di cui 131-bis cod. pen.- è manifestamente infondato in quanto la Corte distrettuale ha fondato la propri statuizione anche sulla gravità del pericolo prodotto dal fatto (art. 131-bis, comma 1, e 133, comm 1, n. 2, cod. pen.), tratto in maniera congrua e logica dalla destinazione della falsa dichiara all’Autorità giudiziaria al fine di ottenere la sostituzione di una misura cautelare;
considerato che il secondo motivo di ricorso – con cui si denunciano la violazione degli ar 62-bis e 133 cod. pen. e il vizio di motivazione – è manifestamente infondato e privo di specificità quanto la Corte distrettuale ha dato conto in maniera congrua e logica degli elementi rientranti novero di quelli previsti dall’art. 133 cod. pen. che ha considerato preponderanti nell’esercizi potere discrezionale ad essa riservato (cfr. Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01), richiamando la negati biografia penale dell’imputato, rendendo dunque un’adeguata motivazione che non può essere ritualmente censurata per il tramite degli enunciati assertivi contenuti nel ricorso;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inarnmissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. C cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01) versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/09/2025.