Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23187 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23187 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a SCICLI il 20/08/1972
avverso la sentenza del 10/09/2024 della Corte d’appello di Catania Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio, previa riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 316-ter, comma 2, cod. pen., con trasmissione degli atti al Prefetto di Ragusa.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, emessa in data 10 giugno 2024, la Corte di Appello di Catania, ha confermato la sentenza del Tribunale di Ragusa che aveva
condannato NOME COGNOME alla pena (non sospesa) di quattro mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 483 cod. pen.
Il Tribunale aveva ritenuto che l’imputato, avendo presentato una dichiarazione sostitutiva di certificazione reddituale attestante un reddito inferiore a quello previsto per ottenere i benefici di cui all’art. 9, comma 1-bis, del D.P.R. n. 115 del 2002 ( che stabilisce la possibilità di esenzione dal pagamento del contributo unificato nelle controversie individuali di lavoro), avesse violato gli art 46 e 76 del D.P.R. 445/2000 in relazione all’art. 483 cod.pen.
La Corte di appello, premesso che il limite vigente all’epoca dei fatti era pari ad euro 34.086,12, anche considerati i figli a carico dell’imputato comportanti per ciascuno di essi un innalzamento dei limiti reddituali, ha ritenuto integrata la fattispecie ascritta rilevando che l’imputato aveva percepito un reddito superiore, escludendo la configurabilità di un falso innocuo.
L’imputato ha proposto ricorso denunciando violazione di legge, in relazione all’art. 9 comma 1-bis D.P.R. 115/2002, e agli artt. 46 e 76 D.P.R. 445/20ù0. Deduce, in particolare: che la Corte di appello avrebbe erroneamente individuato il limite di reddito che consentiva l’esenzione, al di sotto di quello corrett ritenendo, proprio sulla base di tale presupposto, erroneamente integrata la fattispecie penale; che ricorrerebbe un falso innocuo in quanto l’imputato avrebbe avuto comunque diritto a beneficiare dell’esonero dal pagamento del contributo unificato.
3.11 Sostituto Procuratore COGNOME9> generale ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza con trasmissione degli atti al Prefetto di Ragusa perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato pur dovendo, comunque, annullarsi la sentenza perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
1.È incontestato che l’imputato nella dichiarazione sostitutiva oggetto di contestazione abbia indicato un reddito di euro 31.441,72 inferiore a quello reale percepito di euro 34.978,00; è altresì incontestabile che, all’epoca della presentazione della dichiarazione ( 2018) il limite di reddito per usufruire, nelle cause di lavoro e previdenziali, del beneficio dell’esenzione dal contributo unificato, fosse pari ad euro 34.481, 46, come correttamente calcolato dalla sentenza di primo grado e prospettato anche dal Procuratore generale nella sua requisitoria, non essendo applicabile al caso di specie l’aumento di euro 1.032,91 per ciascuno
dei familiari conviventi, essendo lo stesso previsto per i soli procedimenti penali dall’art. 92 d.P.R. n. 115 del 2002.
Il reddito effettivo pari a euro 34.978,00, indicato in sentenza e non contestato nel ricorso, era, in ogni caso, non solo più alto di quello autodichiarato ma anche superiore al limite previsto per l’esenzione.
2. Deve, tuttavia, rilevarsi che, secondo l’insegnamento di questa Corte, un fatto astrattamente riconducibile al delitto di cui all’art. 483 cod. pen. è assorbit in quello di cui all’art. 316-ter del medesimo codice quando la dichiarazione falsa è finalizzata ad ottenere un’indebita erogazione pubblica in quanto « la falsa dichiarazione rilevante ai sensi dell’art. 483 cod.pen. ovvero l’uso di un atto falso costituiscono modalità tipiche di consumazione del delitto di cui all’art. 316 ter cod.pen. » con la conseguenza di ritenere che « i delitti di cui all’art. 483 cod.pen. e all’art. 489 cod.pen. rimangono assorbiti ai sensi dell’art. 84 cod.pen. nel delitto previsto dall’art. 316 ter cod.pen., che concorre invece con gli altri delitti di fal eventualmente commessi al fine di ottenere le indebite erogazioni» (Sez. U, n. 16568 del 19/04/2007, Carchivi, Rv. 235962 – 01, in motivazione). Anche successivamente, intervenendo su analoga questione, le stesse Sezioni Unite hanno affermato che integra il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato la falsa attestazione circa le condizioni reddituali per l’esenzione dal pagamento del ticket per prestazioni sanitarie e ospedaliere che determini al provvedimento di esenzione sulla base della corretta rappresentaz:ie dell’esistenza dell’attestazione stessa (Sez. U, n. 7537 del 16/12/2010, COGNOME, Rv. 249104 – 01). Nella giurisprudenza successiva si è affermato, inoltre, che integra il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, ex art. 316-ter cod. pen.,la condotta del datore di lavoro che, esponendo falsamente di aver corrisposto somme a titolo di indennità per maternità, ottenga dall’I.N.P.S. il conguaglio di tali somme con quelle da lui dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali, così percependo indebitamente dallo stesso istituto, in forma di risparmio di spesa, le corrispondenti erogazioni (Sez. 6, n. 7963 del 26/11/2019, dep. 2020, Rv. 278455 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con riferimento a fattispecie analoga a quella in esame – concernente la falsa attestazione delle condizioni reddituali al fine di ottenere la riduzione del contributo unificato previsto per le controversie di lavoro in un giudizio – è stato affermato che «si configura il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato di cui all’art. 316-ter cod. pen. e non quello di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico ex art. 483 cod. pen., anche quando la falsa ‘attestazione sulle condizioni reddituali è volta ad ottenere l’esenzione dal pagamento del contributo unificato, poiché detta esenzione consente, parimenti, al soggetto dichiarante di beneficiare, in conseguenza della propria condotta, di un indebito
vantaggio economico in danno della collettività»
(Sez.
5, n. 40872
del 08/10/2024, Rv. 287230 – 01).
L’assorbimento opera anche quando il fatto dia luogo solo ad una violazione amministrativa in ragione dell’entità dell’erogazione (cui è assimilato il risparmio
di spesa) (Sez. 2, n. 17300 del 24/01/2013, Rv. 255195 – 01 e Sez. 5, n. 35105
del 14/05/2010, Rv. 248393 – 01).
Nella fattispecie concreta, il vantaggio economico è certamente inferiore alla soglia di punibilità del delitto di cui all’art. 316-ter cod. pen., individ
nell’ammontare di euro 3.999,96, in forza di quanto previsto dal comma 3 dell’art.
13 D.P.R. 115/2002 che stabilisce un dimezzamento del contributo per le controversie individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego (
individuato, a sua volta, nell’importo massimo in euro 1.686,00).
2. La sentenza impugnata previa riqualificazione della condotta in applicazione dell’art. 521, comma 1, cod. proc. pen., consentita non essendo a tal fine
richiesta rivalutazione delle prove (cfr. Sez. 2, n. 15585 del 23/02/2021, Rv.
281118 – 01), deve dunque essere annullata senza rinvio perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Qualificato il fatto ai sensi dell’art. 316-ter cod. pen., annulla senza rinvio sentenza impugnata perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato. Dispone la trasmissione degli atti al Prefetto di Ragusa per quanto di competenza. Così deciso il 14/04/2025.