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Falsa dichiarazione redditi: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per falsa dichiarazione redditi finalizzata all’ottenimento del patrocinio a spese dello Stato. Il ricorso è stato respinto perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già vagliate e disattese dalla Corte d’Appello, senza muovere una critica specifica alla sentenza impugnata. La Corte ha confermato la sussistenza del dolo, data l’enorme sproporzione tra il reddito dichiarato e quello reale.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Dichiarazione Redditi per il Gratuito Patrocinio: La Cassazione Dichiara il Ricorso Inammissibile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 45516/2024, ha ribadito un principio fondamentale in materia processuale: il ricorso in ultima istanza non può essere una mera ripetizione dei motivi già presentati in appello. Il caso in esame riguarda una condanna per falsa dichiarazione redditi finalizzata all’ottenimento del gratuito patrocinio, offrendo spunti cruciali sulla valutazione del dolo e sui requisiti di ammissibilità del ricorso per cassazione.

I Fatti del Caso: La Condanna per Falsità

L’imputato era stato condannato in primo e secondo grado alla pena di un anno e venti giorni di reclusione e 500 euro di multa. Il reato contestato era quello previsto dagli artt. 79 e 95 del D.P.R. 115/2002, per aver falsamente attestato di possedere i requisiti di reddito necessari per accedere al patrocinio a spese dello Stato. In realtà, il suo nucleo familiare aveva percepito redditi superiori ai limiti di legge, con una differenza accertata di circa 20.000 euro.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Di fronte alla Suprema Corte, la difesa dell’imputato ha sollevato due questioni principali:
1. La nullità della sentenza per illogicità della motivazione sulla responsabilità penale.
2. Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e l’eccessiva severità della pena.

La Decisione della Suprema Corte e la Falsa Dichiarazione Redditi

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione si fonda su un vizio procedurale dirimente: la natura meramente riproduttiva dei motivi di ricorso.

La Ripetitività dei Motivi come Causa di Inammissibilità

I giudici hanno osservato che entrambi i motivi presentati erano una semplice riproposizione delle censure già avanzate davanti alla Corte d’Appello. Quest’ultima le aveva già adeguatamente esaminate e respinte con argomentazioni logiche e giuridicamente corrette. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il ricorso per cassazione deve contenere una critica specifica e puntuale delle ragioni esposte nella sentenza impugnata, non limitarsi a ripetere le stesse doglianze. La mancanza di questa analisi critica rende il ricorso generico e, quindi, inammissibile.

La Valutazione dell’Elemento Soggettivo e delle Attenuanti

La Corte ha sottolineato come la sentenza d’appello avesse correttamente motivato su tutti i punti. L’elemento soggettivo del reato, ovvero l’intenzione di commettere l’illecito, era stato ritenuto evidente dalla sproporzione tra il reddito dichiarato e quello effettivo, una differenza tale da rendere impossibile ipotizzare uno stato di buona fede da parte del dichiarante. Analogamente, la decisione di non concedere le attenuanti generiche era stata giustificata sulla base della gravità del comportamento ingannevole, della presenza di precedenti penali (recidiva reiterata) e dell’assenza di elementi favorevoli da valorizzare.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione principale dell’ordinanza risiede nel mancato rispetto dei requisiti di specificità del ricorso per cassazione. La Corte ha ribadito che il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito dove poter ridiscutere i fatti o le valutazioni già compiute dai giudici precedenti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Un ricorso che non si confronta criticamente con la decisione appellata, ma si limita a riproporre vecchie argomentazioni, elude questa funzione e deve essere dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni

La decisione in commento offre due importanti lezioni. La prima, di carattere sostanziale, è che nel reato di falsa dichiarazione redditi per l’accesso al gratuito patrocinio, una notevole discrepanza tra il dichiarato e il vero è un forte indice della sussistenza del dolo. La seconda, di natura processuale, è un monito per i difensori: il ricorso per cassazione richiede un’elaborazione critica e specifica delle ragioni della sentenza impugnata. Limitarsi a ripetere i motivi d’appello è una strategia destinata al fallimento, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando una dichiarazione dei redditi per il gratuito patrocinio è considerata penalmente falsa?
Una dichiarazione è considerata penalmente falsa quando la sproporzione tra il reddito dichiarato e quello accertato è così significativa (nel caso di specie, circa 20.000 euro) da rendere impossibile uno stato di buona fede, dimostrando quindi l’intenzione di ingannare lo Stato.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile se ripropone gli stessi motivi dell’appello?
Perché il ricorso per cassazione deve contenere una critica specifica e argomentata delle motivazioni della sentenza impugnata. Se si limita a ripetere le stesse censure già esaminate e respinte dal giudice d’appello, senza un’analisi critica della sua decisione, il ricorso è considerato generico e quindi inammissibile.

Quali elementi hanno impedito la concessione delle attenuanti generiche in questo caso?
La mancata concessione delle attenuanti generiche è stata motivata dalla Corte sulla base di tre elementi: la gravità del comportamento ingannevole posto in essere dall’imputato, la presenza di precedenti penali (recidiva reiterata) e la totale assenza di elementi favorevoli che potessero essere valorizzati a suo vantaggio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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