Falsa Dichiarazione Redditi: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema della falsa dichiarazione redditi presentata per accedere al patrocinio a spese dello Stato, chiarendo i limiti invalicabili del ricorso in sede di legittimità. La decisione sottolinea un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Corte Suprema non è un terzo grado di giudizio sul fatto, ma un giudice della corretta applicazione del diritto. Analizziamo insieme questa pronuncia per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un individuo condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato previsto dall’art. 95 del d.P.R. 115/2002. L’imputato aveva presentato una dichiarazione non veritiera per essere ammesso al gratuito patrocinio, omettendo di indicare la convivenza con la madre, la quale percepiva un proprio reddito. Questa circostanza, se correttamente dichiarata, avrebbe inciso sulla valutazione dei requisiti economici per accedere al beneficio.
Contro la sentenza della Corte d’Appello, che confermava la sua responsabilità penale, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione.
I Motivi del Ricorso e la Falsa Dichiarazione Redditi
La difesa dell’imputato ha basato il proprio ricorso su tre motivi principali:
1. Vizio di motivazione: La sentenza d’appello sarebbe stata, a dire della difesa, illogica e contraddittoria.
2. Erronea applicazione della legge penale: I giudici di merito avrebbero interpretato in modo sbagliato le norme applicate.
3. Travisamento della prova: La difesa lamentava che le prove, in particolare una testimonianza, fossero state travisate, portando a una ricostruzione dei fatti errata.
Sostanzialmente, il ricorrente chiedeva alla Corte di Cassazione di riesaminare l’intero impianto probatorio e di giungere a una diversa conclusione sulla sua colpevolezza per il reato di falsa dichiarazione redditi.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Corte non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, logica e ben motivata, espressa dai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).
Il Ruolo del Giudice di Legittimità
La Corte ha ribadito che il suo compito non è quello di ricostruire nuovamente i fatti o di valutare se le prove potessero essere interpretate diversamente. Il suo ruolo è limitato a verificare se la sentenza impugnata sia immune da vizi logici e da errori di diritto. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua, adeguata e basata su criteri di inferenza corretti, coerenti con le prove raccolte, come la certificazione anagrafica che attestava la convivenza.
La Differenza tra Interpretazione e Travisamento della Prova
Un punto cruciale della decisione riguarda il lamentato vizio di travisamento della prova. La Cassazione ha chiarito che contestare l’interpretazione del contenuto di una testimonianza non costituisce un ‘travisamento della prova’. Quest’ultimo vizio, deducibile in Cassazione, si configura solo quando il giudice di merito fonda il proprio convincimento su una prova che non esiste o che viene riportata in modo palesemente difforme dalla realtà. Discutere il significato o la portata di una prova correttamente acquisita è, invece, un’attività tipica del giudizio di merito, preclusa in sede di legittimità.
Le Motivazioni
La Corte Suprema ha ritenuto che i motivi di ricorso fossero una mera riproposizione di doglianze già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. La sentenza impugnata aveva chiaramente spiegato perché la tesi difensiva non fosse accoglibile, basando l’accertamento della responsabilità su dati oggettivi, come la certificazione anagrafica che provava la convivenza dell’imputato con la madre percettrice di reddito. Di fronte a tale prova, la difesa non aveva fornito alcun riscontro idoneo a comprovare una diversa situazione di fatto. Pertanto, la motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata scevra da aporie logiche e coerente con le risultanze processuali. Il ricorso, tentando di ottenere una nuova e diversa lettura degli elementi di fatto, si poneva al di fuori dell’ambito del giudizio di legittimità, risultando così inammissibile.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre un importante monito: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Per avere successo, un ricorso deve evidenziare specifici vizi di legittimità, come un’evidente illogicità della motivazione o una chiara violazione di legge. Contestare semplicemente la valutazione delle prove operata dal giudice di merito, proponendo una lettura alternativa, è una strategia destinata al fallimento. La decisione conferma inoltre la gravità della falsa dichiarazione redditi per ottenere benefici statali, ribadendo che la responsabilità penale può essere affermata sulla base di prove documentali chiare, come i certificati anagrafici, se non adeguatamente smentite dalla difesa.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate miravano a una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’attività riservata esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non consentita nel giudizio di legittimità della Corte di Cassazione. La motivazione della sentenza impugnata era logica e coerente.
Qual è la differenza tra interpretazione e travisamento della prova secondo la Corte?
Secondo la Corte, lamentare l’interpretazione data a una prova (come una testimonianza) attiene al giudizio di fatto e non è motivo di ricorso in Cassazione. Il travisamento della prova, invece, è un vizio specifico che si verifica solo quando il giudice fonda la sua decisione su una prova inesistente o riportata in modo oggettivamente errato, cosa che non è avvenuta in questo caso.
Quali prove sono state considerate decisive per confermare la condanna?
Le prove decisive sono state la certificazione anagrafica, che dimostrava la convivenza dell’imputato con la madre percettrice di reddito, e la mancanza di qualsiasi riscontro probatorio fornito dalla difesa per comprovare una tesi alternativa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31638 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31638 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALESTRINA il 29/09/1974
avverso la sentenza del 02/12/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME ritenuto responsabile, nelle conformi sentenze di merito, del reato di cui all’art. 95 d.P.R. 115/2002.
Rilevato che, a motivi di ricorso, la difesa si duole dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, lamentando vizio di motivazione, erronea applicazione della legge penale e vizio di travisamento della prova.
Ritenuto che la sentenza impugnata è assistita da conferente apparato argomentativo sotto ogni profilo dedotto dalla difesa.
Considerato che le deduzioni sviluppate nel ricorso, concernendo, in realtà, la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, investono profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza e convergente con quello del Tribunale.
Considerato che i rilievi prospettati dal ricorrente risultano reiterativi di doglianze già adeguatamente vagliate e disattese dalla Corte di merito con motivazione scevra da aporie logiche e coerente con le risultanze probatorie illustrate in motivazione (si veda quanto riportato a pag. 3 della motivazione: il fatto che l’imputato convivesse con la madre, percettrice di reddito, si legge in sentenza, risulta acclarato sulla base della certificazione anagrafica acquisita in atti ed anche sulla base della mancanza di qualsivoglia riscontro idoneo a comprovare la tesi prospettata dalla difesa).
Ritenuto che, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (da ultimo, Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601).
Ritenuto che il lamentato vizio del travisamento della prova non è tale, riguardando la doglianza l’interpretazione del contenuto della testimonianza resa dal verbalizzante.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14 luglio 2025
Il Consigliere estensore
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Il Psiente