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Falsa dichiarazione redditi: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un individuo per falsa dichiarazione redditi nell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio. L’imputato aveva omesso i cospicui redditi della convivente, sostenendo di non esserne a conoscenza. La Corte ha respinto il ricorso, ritenendo implausibile l’ignoranza data la notevole differenza tra il dichiarato e il reale, e ha escluso sia la particolare tenuità del fatto che l’attenuante del danno lieve, consolidando un orientamento di rigore sulla materia.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa dichiarazione redditi: la Cassazione decide sul Gratuito Patrocinio

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta il tema della falsa dichiarazione redditi presentata per ottenere il patrocinio a spese dello Stato. La decisione chiarisce i limiti della scusabilità per ignoranza dei redditi del convivente e i criteri per valutare la gravità del reato, confermando un orientamento rigoroso a tutela delle risorse pubbliche destinate alla difesa dei non abbienti.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per il reato previsto dall’art. 95 del d.P.R. 115/2002. L’imputato, nel presentare istanza per l’ammissione al gratuito patrocinio, aveva dichiarato un reddito familiare per l’anno di riferimento di molto inferiore a quello effettivo. La discrepanza era dovuta principalmente all’omissione dei redditi percepiti dalla sua convivente, che erano significativamente superiori a quanto indicato.

La difesa dell’imputato aveva sostenuto che la situazione reddituale del nucleo familiare era “confusionaria” e che il suo assistito non era a conoscenza dell’effettiva capacità economica della partner, chiedendo quindi l’assoluzione per mancanza dell’elemento soggettivo del reato (il dolo).

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione: La Corte d’Appello avrebbe errato nel ritenere sussistente l’intenzione di commettere il reato, non considerando che la presunta ignoranza sui redditi della compagna avrebbe dovuto far sorgere un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza.
2. Mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p.: La difesa sosteneva che il fatto, per le sue caratteristiche, dovesse essere considerato di particolare tenuità e quindi non punibile.
3. Mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62, n. 4 c.p.): Si richiedeva una riduzione di pena in considerazione della presunta lieve entità del danno causato.

L’analisi della falsa dichiarazione redditi secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni difensive. I giudici hanno sottolineato che il ricorso si limitava a riproporre le stesse questioni già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi elementi critici specifici contro la motivazione della sentenza impugnata.

Sull’Elemento Soggettivo del Reato

La Corte ha evidenziato la notevole differenza tra il reddito dichiarato nell’istanza (circa 1.500 euro) e quello effettivo della convivente (oltre 18.000 euro). Secondo i giudici, è irragionevole sostenere di non essersi resi conto di una percezione di somme così sensibilmente maggiori. Per questo reato, hanno ribadito, è sufficiente il dolo generico, che può assumere anche la forma del “dolo eventuale”, ovvero l’accettazione del rischio che la propria dichiarazione non sia veritiera.

Sulla Particolare Tenuità del Fatto

Anche il motivo relativo all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stato respinto. La Cassazione ha ritenuto logica e congrua la valutazione dei giudici di merito, i quali avevano escluso la tenuità in considerazione della “peculiare intensità del dolo”, desumibile proprio dalla rilevante discrasia tra l’importo dichiarato e quello accertato, che coinvolgeva ben due posizioni reddituali (quella del ricorrente e quella della compagna).

Sull’Attenuante del Danno Lieve

Infine, la Corte ha rigettato la richiesta di applicazione dell’attenuante del danno di speciale tenuità. Citando una recente sentenza delle Sezioni Unite (n. 42124/2024), ha chiarito un punto fondamentale: l’entità del danno deve essere valutata al momento della consumazione del reato. Pertanto, la successiva revoca del beneficio, seppur avvenuta, è un evento irrilevante ai fini del riconoscimento dell’attenuante, poiché non incide sul danno così come si è configurato al momento della falsa dichiarazione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione di inammissibilità principalmente sulla base della non specificità dei motivi del ricorso, che si limitavano a reiterare argomenti già ampiamente discussi e confutati nei gradi di merito. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata congrua, logica e rispettosa della giurisprudenza consolidata. In particolare, è stato ritenuto del tutto inverosimile che l’imputato potesse ignorare un reddito della convivente di oltre dieci volte superiore a quello dichiarato. Tale macroscopica differenza, secondo la Corte, è sufficiente a fondare la sussistenza del dolo, anche solo nella sua forma eventuale. La decisione di non applicare l’art. 131 bis c.p. è stata confermata in quanto la significativa intensità del dolo e il coinvolgimento di più fonti di reddito escludono la particolare tenuità dell’offesa. Infine, richiamando un principio stabilito dalle Sezioni Unite, è stata ribadita l’irrilevanza di eventi successivi alla consumazione del reato, come la revoca del beneficio, ai fini della valutazione dell’attenuante del danno.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza il principio secondo cui chi richiede un beneficio statale, come il patrocinio a spese dello Stato, ha un preciso dovere di diligenza e veridicità nelle proprie dichiarazioni. La scusa dell’ignoranza o della “confusione” sulla situazione reddituale del proprio nucleo familiare non è ammissibile, specialmente di fronte a discrepanze economiche così evidenti. La pronuncia chiarisce inoltre che la gravità del reato di falsa dichiarazione redditi si valuta al momento della sua commissione, e le conseguenze successive, come la perdita del beneficio, non possono attenuare la responsabilità penale. Si tratta di un monito importante per garantire che le risorse destinate alla giustizia siano utilizzate correttamente e solo da chi ne ha effettivamente diritto.

Quando una falsa dichiarazione dei redditi per il gratuito patrocinio non è considerata di lieve entità?
Secondo la sentenza, l’offesa non è di particolare tenuità quando emerge una peculiare intensità del dolo, come nel caso di una rilevante discrasia tra l’importo dichiarato e quello accertato, soprattutto se riguarda più posizioni reddituali all’interno del nucleo familiare.

L’ignoranza dei redditi del convivente può escludere la colpevolezza per la falsa dichiarazione?
No. La Corte ha stabilito che, di fronte a una considerevole differenza tra il reddito dichiarato e quello effettivo del convivente, non è ragionevole sostenere di non essersene resi conto. Tale circostanza è sufficiente a dimostrare almeno il dolo eventuale, ovvero l’accettazione del rischio di dichiarare il falso.

La revoca del beneficio del gratuito patrocinio può essere considerata un’attenuante?
No. La sentenza chiarisce, richiamando le Sezioni Unite, che l’entità del danno ai fini del riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62, n. 4 c.p.) va valutata al momento della consumazione del reato. La successiva revoca del beneficio è un evento irrilevante per questa valutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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