Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 14451 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 14451 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORINO il 23/03/1987
avverso la sentenza del 15/11/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo
l’inammissibilità del ricorso
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RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Torino, con sentenza del 15 novembre 2024, ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Torino aveva condannato NOME COGNOME NOME per il reato di cui all’art. 95 d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per avere falsamente dichiarato nell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, presentata in data 10 ottobre 2017, che il reddito percepito nell’anno 2016 era al di sotto di quello poi accertato dall’Agenzia delle Entrate.
Ha proposto ricorso l’imputato per il tramite del proprio difensore di fiducia, lamentando, con i primi due motivi di ricorso, violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 co. 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. per aver la Cort territoriale erroneamente ritenuto sussistente il coefficiente di imputazione soggettiva, omettendo di considerare le deduzioni difensive. La circostanza che gran parte dei redditi non dichiarati fosse di pertinenza della compagna avrebbe dovuto essere valorizzata quale elemento idoneo a far emergere un ragionevole dubbio circa la mancata conoscenza in capo all’imputato dell’effettiva capacità reddituale del nucleo familiare, con conseguente esclusione di responsabilità a titolo di dolo.
Con il terzo e il quarto motivo di ricorso, la difesa reitera le censure relative a mancata assoluzione ex art. 131 bis cod. pen. e all’esclusione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, co. 1, n.4 cod. pen.
Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo, attinente al vizio di violazione di legge in ordine alla ritenu sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, è manifestamente infondato.
Il ricorrente ha riproposto le stesse questioni già devolute in appello, e da quei giudici puntualmente esaminate e disattese con motivazione del tutto coerente e adeguata. E’ ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., alla
inammissibilità della impugnazione (in tal senso sez. 2, n. 29108 del 15/7/2011, COGNOME non mass.; conf. sez. 5, n. 28011 del 15/2/2013, COGNOME, Rv. 255568-01; sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, COGNOME, Rv. 253849 -01; sez. 2, n. 19951 del 15/5/2008, COGNOME, Rv. 240109 -01). I giudici di merito hanno reso infatti motivazione congrua, non manifestamente illogica e pienamente rispettosa della consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità. Relativamente, invero, alla dedotta mancanza dell’elemento soggettivo, la Corte ha osservato in ordine alla doglianza del ricorrente, reiterata in questa sede, secondo cui la situazione reddituale sarebbe stata” confusionaria” – che, stante la considerevole differenza tra reddito dichiarato nell’istanza e reddito effettivo della convivente euro 1500 rappresentato nella richiesta di ammissione ed euro 18.371,00 regolarmente denunciato dalla convivente con mod. 730 presentato nel luglio 2017) il COGNOME non avrebbe potuto, ragionevolmente, non rendersi conto della percezione, da parte della convivente, di somme sensibilmente maggiori di quelle rappresentate nell’istanza. I giudici di merito hanno dunque escluso la dedotta insussistenza del dolo che, secondo giurisprudenza consolidata, è generico e può anche rivestire la forma del dolo eventuale (Sez. 4 – , n. 37144 del 05/06/2019 Rv. 277129 – 01; Sez. 4, n. 45786 del 04/05/2017, Rv. 271051 – 01).
E’ manifestamente infondato anche il secondo motivo. Il principio secondo cui la condanna può essere pronunciata solo se l’imputato risulti colpevole “oltre ogni ragionevole dubbio”, non può essere utilizzato, nel giudizio di legittimità, per valorizzare e rendere decisiva una ricostruzione alternativa del fatto emersa in sede di merito su segnalazione della difesa, se tale differente prospettazione sia stata oggetto di puntuale e motivata disamina da parte del giudice, il quale abbia individuato gli elementi di conferma dell’ipotesi ricostruttiva accolta posti a base della condanna, in modo da far risultare la non razionalità del dubbio derivante dalla prospettazione alternativa, non potendo detto dubbio fondarsi su un’ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile (Sez.1, n.53512 del 17 luglio 2014, Rv.261600; Sez.4, n.22257 del 25 marzo 2014, Rv.259204; GLYPH ; Sez. 1, n. 5517 del 30 novembre 2023, Rv. 285801 – 01). Nel caso in esame non è neppure chiaramente emersa la dedotta ” erroneità inconsapevole dei dati indicati nell’istanza”, genericamente ancorata ad una situazione” confusionaria”, laddove i giudici di merito rilevano, senza fratture logiche, la rilevante discrasia tra gli importi rappresentati nell’istanza e quelli percepiti.
E’ manifestamente infondato anche il terzo motivo. Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis, cod. pen., giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133,
comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, Sent. n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266590). A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l’indicazione di que ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, per valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge conseguentemente, il bisogno di pena, non potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, Venezia, Rv. 275940). Poiché tale valutazione va compiuta sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno. La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di quei princìpi e ha logicamente e congruamente motivato, con giudizio di merito insindacabile, che l’offesa non è di particolare tenuità, in considerazione della peculiare intensità del dolo, attesa la rilevante discrasia tra l’importo dichiarato e quello accertato per di più con riferimento a due posizioni reddituali, ossia quella dell’odierno ricorrente e quella della compagna. Peraltro, la motivazione sopra sinteticamente riportata risulta del tutto adeguata anche a seguito delle modifiche all’istituto dell’art. 131 bis cod. pen. apportate dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che hanno inciso sull’ampliamento delle ipotesi di applicabilità dell’istituto.
Anche l’ultimo motivo, inerente alla applicazione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, è manifestamente infondato. Al riguardo, va rilevato che di recente le Sezioni Unite di questa Corte hanno statuito che ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 4), cod. pen., il momento da prendere in considerazione per la determinazione dell’entità del danno è quello della consumazione del reato, posto che il danno non può divenire di speciale tenuità in conseguenza di eventi successivi (Sez. U – n. 42124 del 27/06/2024, Nafi, Rv. 287095 – 03). La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del predetto principio, considerando la assoluta irrilevanza della sopravvenuta revoca del beneficio.
Alla luce di quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una ulteriore somma in favore della cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de processuali e della somma di €. 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 25 marzo 2025
Il Consigliere estensore
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Il Presidente