Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5365 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5365 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BITONTO il 14/09/1958
avverso la sentenza del 16/01/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.La Corte di appello di Bari, con la sentenza indicata in epigrafe, in riforma della pronuncia del Tribunale della stessa sede – che aveva ritenuto l’imputato non punibile ex art. 131 bis cod.pen.- ha dichiarato NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 95 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 per avere presentato istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel procedimento penale n. 57/14 R.G.N.R. corredata da dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante falsamente la sussistenza delle condizioni di reddito previste ai fini del beneficio. In particolare, dichiarando falsamente che il reddito complessivo del suo nucleo familiare era pari a euro 10.800,00 per il 2016, mentre dagli accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza il reddito complessivo del nucleo familiare era pari a euro 24.442,16.
NOME COGNOME ricorre per cassazione censurando la sentenza, con il primo motivo, per vizio di motivazione in merito all’accertamento dell’elemento soggettivo del reato. Secondo la difesa, il ricorrente aveva correttamente indicato i propri redditi e non quelli dei figli conviventi, incorrendo evidentemente in una condotta imprudente o negligente. Con il secondo motivo deduce violazione di legge per mancato riconoscimento della causa di non punibilità, invece riconosciuta dal primo giudice.
I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità.
Va premesso che le censure consistenti nella mera riproposizione nel ricorso per cassazione di doglianze già sottoposte al giudice di appello e adeguatamente esaminate e correttamente legittimamente respinte non superano il vaglio di ammissibilità. È pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità per violazione dell’art. 591 comma 1, lett. c) cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 44882 del 18/7/2014, COGNOME, Rv. 260608 – 01; Sez. 5, n. 28011 del 15/2/2013, COGNOME, Rv. 255568 – 01; Sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, COGNOME, Rv. 253849 – 0; Sez. 2, n. 29108 del 15/7/2011, COGNOME, non mass.).
Il giudice di appello ha riconosciuto la prova dell’elemento psicologico del reato rimarcando che la dichiarazione presentata dall’imputato erano redditi da
lavoro dipendente percepiti dai due figli dell’imputato con lui conviventi, come dichiarato dallo stesso imputato.
È stato, dunque, documentalmente accertato che il ricorrente ha falsamente attestato la propria condizione economica nell’istanza di ammissione ai fini della fruizione del relativo beneficio, che altrimenti non avrebbe conseguito.
4. Il secondo motivo di ricorso è pure inammissibile.
L’impugnazione deve enunciare, tra gli altri, “i motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”. L’art. 591, co. 1, lett. c) cod. proc. pen., commina la sanzione dell’inammissibilità dell’impugnazione quando venga violato, tra gli altri, il disposto dell’art. 581 cod. proc. pen. L’indicazione di motivi generici nel ricorso, in violazione dell’art. 581 lett. c) cod. proc. pen., costituisce, di per sé, motivo di inammissibilità del ricorso per cassazione; lo stesso è inammissibile per genericità dei motivi se manca ogni indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato (ex multis Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007 – dep. 10/09/2007, COGNOME, Rv. 236945); parimenti se sia fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849).
Nel caso di specie, non risulta indicato in alcun modo sotto quale profilo sia stata violata la disciplina di cui all’art. 131 bis C.p.; causa di non punibilità che peraltro, ha costituito ragione del motivo d’appello proposto dalla Procura della Repubblica accolto dalla sentenza impugnata per l’assenza dei requisiti di lievità del fatto.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso l’8/01/2025