Falsa dichiarazione redditi per il Gratuito Patrocinio: La Cassazione Conferma la Condanna
Presentare una falsa dichiarazione redditi per accedere al patrocinio a spese dello Stato è un reato grave, le cui conseguenze possono essere severe. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando inammissibile il ricorso di un cittadino condannato per aver mentito sui propri redditi e su quelli del suo nucleo familiare. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione e le sue implicazioni.
I Fatti del Caso: Una Dichiarazione Infedele
Il caso riguarda un uomo che, per ottenere l’ammissione al gratuito patrocinio, aveva presentato una dichiarazione sostitutiva di certificazione contenente dati falsi. In particolare, per l’anno 2017 aveva dichiarato un reddito pari a zero, mentre il reddito del suo nucleo familiare superava la soglia di legge, attestandosi a oltre 17.000 euro.
Inoltre, per l’anno 2018, aveva indicato un reddito della madre notevolmente inferiore a quello reale (circa 11.700 euro contro oltre 17.300 euro effettivi). Infine, aveva falsamente attestato che i redditi familiari erano rimasti invariati nel 2019, inducendo in errore l’autorità competente sulla reale situazione economica.
Condannato nei primi due gradi di giudizio, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni giuridiche.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
La difesa del ricorrente si basava su tre argomentazioni principali:
1. Erronea applicazione della legge penale: Secondo la difesa, la dichiarazione di un reddito pari a zero era così palesemente inverosimile da dover rendere l’istanza immediatamente inammissibile, impedendo così la configurazione stessa del reato.
2. Mancata applicazione della particolare tenuità del fatto: Si sosteneva che il fatto, per la sua modesta gravità, dovesse essere considerato non punibile ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale.
3. Diniego delle circostanze attenuanti generiche: La difesa lamentava la mancata concessione delle attenuanti generiche, che avrebbero potuto portare a una riduzione della pena.
La Decisione della Corte: il Ricorso è Inammissibile
La Corte di Cassazione ha rigettato tutte le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Le motivazioni della Corte sulla falsa dichiarazione redditi
La Corte ha chiarito un punto fondamentale: il reato previsto dall’art. 95 del d.P.R. 115/2002 punisce la falsità della dichiarazione in sé, a prescindere dall’esito della domanda di ammissione al beneficio. Le falsità e le omissioni riscontrate sono di per sé sufficienti a integrare la fattispecie criminosa. L’argomento secondo cui la domanda avrebbe dovuto essere comunque respinta è stato ritenuto irrilevante ai fini della responsabilità penale. Il legislatore intende sanzionare la condotta di chi tenta di ingannare lo Stato, indipendentemente dal successo del tentativo.
Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto
Anche la richiesta di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata respinta. I giudici hanno sottolineato l’elevato disvalore oggettivo della condotta e l’intensità del dolo dell’imputato. Le menzogne ripetute su più annualità e riguardanti diversi componenti del reddito familiare hanno dimostrato una chiara e persistente volontà di frodare il sistema, rendendo il fatto tutt’altro che “tenue”.
Il Bilanciamento delle Circostanze
Infine, per quanto riguarda le circostanze attenuanti generiche, la Cassazione ha ricordato che il loro bilanciamento è una valutazione discrezionale del giudice di merito. Tale valutazione può essere riesaminata in sede di legittimità solo se palesemente illogica o arbitraria. Nel caso di specie, la decisione dei giudici di merito di non concederle, a fronte dell’assenza di elementi positivi di valutazione a favore dell’imputato, è stata ritenuta correttamente motivata e incensurabile.
Le conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza della Corte di Cassazione rafforza un principio cardine del nostro ordinamento: la lealtà e la correttezza nei rapporti con la pubblica amministrazione sono valori tutelati penalmente. Chiunque presenti una falsa dichiarazione redditi per ottenere benefici non dovuti, come il patrocinio a spese dello Stato, commette un reato e non può sperare di sfuggire alle conseguenze legali invocando la potenziale inammissibilità della propria domanda o la presunta lieve entità del danno. La pronuncia serve da monito: la trasparenza è un dovere, e le scorciatoie basate sulla menzogna portano a sanzioni certe.
Commetto reato se presento una dichiarazione falsa per il gratuito patrocinio, anche se la mia domanda potrebbe essere comunque respinta per altri motivi?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il reato di cui all’art. 95 d.P.R. 115/2002 si perfeziona con la semplice presentazione della dichiarazione contenente falsità o omissioni, poiché la norma punisce la condotta fraudolenta in sé, a prescindere dall’esito finale della richiesta.
Perché in questo caso non è stata riconosciuta la non punibilità per “particolare tenuità del fatto”?
La non punibilità è stata esclusa a causa dell’elevato disvalore oggettivo della condotta e dell’intensità del dolo. L’imputato aveva fornito dati falsi per più anni e su diverse voci di reddito, dimostrando una volontà persistente di ingannare lo Stato, comportamento ritenuto non compatibile con la tenuità del fatto.
È possibile ottenere le circostanze attenuanti generiche dopo aver commesso una falsa dichiarazione di redditi?
La concessione delle circostanze attenuanti generiche è una valutazione discrezionale del giudice di merito. In questo caso, la Corte ha ritenuto legittima la decisione di non concederle perché non sono emersi elementi positivi a favore dell’imputato che potessero giustificare una riduzione di pena, e la motivazione del giudice di merito era logica e coerente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4508 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4508 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORINO il 30/08/1967
avverso la sentenza del 05/07/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME NOMECOGNOME ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di cui all’art. 95 d.P.R. 115/2002.
Rilevato che il ricorrente ha articolato i seguenti motivi di doglianza: 1. Inosservanza o erronea applicazione degli artt. 79 e 95 d.P.R. 115/2002 Sostiene la difesa che la richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato presentata dal ricorrente, nella quale si dichiarava per l’anno 2017 un reddito pari a zero – avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile; pertanto il fatto non avrebbe potuto assumere rilievo penale. 2. Inosservanza o erronea applicazione dell’art. 131-bis cod.pen. 3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante.
Considerato che il ricorso prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con la previsione normativa: invero, come ampiamente argomentato nella sentenza impugnata, le riscontrate falsità della dichiarazione resa dall’imputato nella istanza di ammissione al beneficio e le omissioni riguardanti le variazioni del reddito sono sole sufficiente ad integrare, sotto il profilo oggettivo, la fattispecie di reato in contestazione, punendo la norma incriminatrice le falsità o le omissioni contenute nella dichiarazione sostitutiva di certificazione, pacificamente accertate nel caso in esame (cfr. quanto riportato a pagina 3 della sentenza in cui si evidenzia che l’imputato indicava, per l’anno 2018, un reddito della madre Guerra di poco superiore a undicimila euro (euro 11.700,00), sebbene l’importo annuale della pensione della donna oltrepassasse i 17 mila euro (euro 17.351,00); dichiarava il falso quando affermava che i redditi del nucleo familiare nel 2019 erano rimasti invariati, facendo credere che fossero al di sotto della soglia di 13.594,23 euro prevista dalla legge; nel 2017 dichiarava di non avere alcun reddito sebbene il nucleo familiare avesse percepito un reddito pari a euro 17.212,00, superiore alla soglia di ammissione).
Considerato che la causa di non punibilità di cui all’art 131-bis cod. pen. è stata validamente esclusa in sentenza alla luce del rilevato disvalore oggettivo della condotta accertata e dell’intensità del dolo riscontrato, elementi apprezzati con argomentare immune da incongruenze logiche e coerente con le risultanze istruttorie, tale da portare la decisione adottata in parte qua al riparo da censure prospettabili in sede di legittimità.
Considerato che il giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena ed anche quella che evidenzi l’assenza di positivi elementi di valutazione (ex multis Sez. 3, n. 26908 del 22/04/2004, COGNOME, Rv. 229298; Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266460). )
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 8 gennaio 2025
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