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Falsa dichiarazione redditi: dolo e convivenza

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per falsa dichiarazione redditi ai fini dell’ammissione al gratuito patrocinio. La Corte ha stabilito che l’intenzione di commettere il reato (dolo) può essere desunta dalla semplice convivenza con i familiari che percepiscono altri redditi, rendendo irrilevanti le condizioni di salute dell’imputato come scusante per la mancata conoscenza del reddito complessivo del nucleo familiare.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Dichiarazione Redditi per Gratuito Patrocinio: La Convivenza Familiare Prova il Dolo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso di falsa dichiarazione redditi presentata per ottenere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, noto come gratuito patrocinio. La pronuncia chiarisce un aspetto fondamentale relativo all’elemento soggettivo del reato: la convivenza con familiari che percepiscono redditi è sufficiente a dimostrare la consapevolezza e la volontà di dichiarare il falso.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dalla condanna, confermata in primo e secondo grado, di un cittadino per il reato previsto dall’art. 95 del D.P.R. 115/2002. Tale norma punisce chi presenta dichiarazioni false o omette informazioni rilevanti sui propri redditi per accedere al beneficio del gratuito patrocinio.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un vizio di motivazione e una violazione di legge. In particolare, la sua difesa si basava sulla presunta impossibilità di conoscere i redditi degli altri componenti del nucleo familiare a causa delle sue precarie condizioni di salute, negando quindi l’esistenza del dolo, ovvero l’intenzione di commettere il reato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che i motivi proposti non fossero altro che una “pedissequa reiterazione” delle argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Un ricorso, per essere ammissibile, deve contenere una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre le stesse difese.

Le Motivazioni: la prova del dolo nella falsa dichiarazione redditi

Il cuore della decisione risiede nella motivazione con cui la Cassazione ha confermato la correttezza del ragionamento dei giudici di merito. Secondo la Corte, l’intenzione di commettere il reato è stata “ragionevolmente desunta” da un fatto oggettivo: la convivenza dell’imputato con gli altri membri della sua famiglia.

La Corte ha stabilito che la coabitazione implica una naturale e conseguente consapevolezza delle erogazioni economiche percepite dagli altri familiari, come ad esempio le indennità di invalidità. Pertanto, la giustificazione basata sulle proprie condizioni di salute è stata giudicata irrilevante rispetto alla possibilità di conoscere il reddito complessivo del nucleo familiare. Vivere insieme significa condividere, se non la gestione, almeno la conoscenza delle principali fonti di sostentamento della famiglia. Di conseguenza, l’omessa dichiarazione di tali redditi non può che essere considerata intenzionale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio di grande importanza pratica. Chiunque richieda il gratuito patrocinio ha l’obbligo di informarsi accuratamente e di dichiarare tutti i redditi dei componenti del proprio nucleo familiare convivente. Non è possibile invocare l’ignoranza o la negligenza come scusante, soprattutto quando i fatti (come la convivenza) rendono inverosimile tale mancanza di conoscenza.

La decisione sottolinea inoltre le severe conseguenze di un ricorso inammissibile: oltre alla conferma della condanna, l’imputato è stato obbligato al pagamento delle spese processuali e di una cospicua sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché si limitava a ripetere gli stessi argomenti già presentati e respinti nel giudizio d’appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata, risultando quindi non specifico.

Come ha fatto la Corte a stabilire l’intenzione (dolo) dell’imputato di fare una falsa dichiarazione redditi?
La Corte ha dedotto l’intenzione fraudolenta da un dato di fatto: la convivenza dell’imputato con i suoi familiari. Questa circostanza è stata ritenuta sufficiente per presumere la sua consapevolezza dei redditi percepiti dagli altri membri del nucleo familiare, come le indennità di invalidità.

Quali sono le conseguenze immediate della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Oltre a rendere definitiva la condanna, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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